La profezia della fraternità. A Villa Immacolata si sono trovati i “Preti in cambio”, i sacerdoti che cambieranno servizio nell'anno

“Preti in cambio” A Villa Immacolata, dal 7 al 10 settembre, una quarantina di sacerdoti che stanno cambiando servizio alla Chiesa di Padova. Giorni significativi tra spiritualità, l'apporto di esperti e relazioni

La profezia della fraternità. A Villa Immacolata si sono trovati i “Preti in cambio”, i sacerdoti che cambieranno servizio nell'anno

«Sento una profonda nostalgia del futuro. Dopo molti anni trascorsi a mantenere lo status quo, in questi giorni a Villa Immacolata, ho compreso che oggi c’è davvero la possibilità di cambiare. Il futuro della Chiesa sarà una realtà bellissima fondata sui giovani». Basta un brandello di conversazione con don Fernando Comi, appena dopo pranzo, a “Preti in cambio”, per farsi un’idea di cosa significhi questa esperienza per i presbiteri che stanno per cambiare il loro servizio alla Chiesa di Padova.

L’iniziativa, fortemente voluta dal vescovo Claudio, si è ripetuta per la quinta edizione tra il 7 e il 10 settembre nella casa di spiritualità diocesana sui Colli, alla presenza di una quarantina di preti, di don Claudio, appunto, e dei suoi vicari. I contenuti hanno tracciato il sentiero: nella condivisione dell’ultima mattinata insieme, nelle parole dei sacerdoti riecheggiano gli apporti di don Andrea Peruffo di Vicenza sulla situazione umana del cambio e della ripartenza; della teologa pastoralista Assunta Steccanella, che ha messo a fuoco alcune linee di pensiero sul ruolo del prete; e del filosofo Lorenzo Biagi, sul rapporto tra il sacerdote e la realtà che viviamo oggi. Ma quello che offre significato è la fraternità fra preti di provenienze, esperienze e generazioni diverse. Sono le relazioni che si riaccendono o si formano per la prima volta a orientare all’ottimismo lo sguardo sul futuro. «Più che alle azioni da mettere in campo, io bado molto allo spirito con il quale si affronta la realtà – riprede don Fernando, il più esperto tra i preti presenti, che ha concluso il suo ministero di parroco a Vigorovea con una settimana di silenzio sul monte Rua e ora si appresta a collaborare a Mortise e Cristo Risorto – È nella profondità della preghiera che ci ritroviamo cristiani e preti nell’essere e non nel fare. Consiglio a tutti i miei confratelli questa esperienza, è così che lo spirito si rinfranca e possiamo guardare avanti».

Alcune concetti generatori hanno illuminato la condivisione: «In questa situazione nella quale stiamo imparando a convivere con la pandemia – riflette don Mariano Dal Ponte, nuovo assistente delle associazioni scout e cappellano della casa circondariale di Padova, dopo la missione in Kenya – è stato importante parlare di leadership condivisa: non siamo noi preti i plenipotenziari della pastorale. E di ecologia integrale, che mette a fuoco anzitutto l’umano e le sue relazioni e la casa comune nella quale si svolgono. Si tratta di una seria provocazione in un tempo in cui emerge una grande domanda di spiritualità, anche in chi non frequenta la liturgia domenicale, ma a fronte dell’accoglienza e dell’ascolto raccontano la loro fame e sete di interiorità».

A “Preti in cambio” si incontrano compagni di ordinazione, compaesani, preti che hanno condiviso esperienze nella stessa comunità, ma soprattutto predecessori e successori. È il caso di don Michele Majoni, che farà il suo ingresso da parroco a Ca’ Onorai e Pozzetto di Cittadella il 25 ottobre e che dopo sei anni consegna il testimone a don Eros Bonetto, prete da luglio, nuovo direttore del patronato del Redentore di Este. «Abbiamo condiviso dieci giorni in patronato per un ricco passaggio di consegne – sorride don Michele, mentre con don Eros rievoca progetti, accordi, iniziative da declinare in versione Covid – Il cambio non mi ha sorpreso, ma la presenza di Eros in parrocchia mi ha fatto comprendere davvero che sto per lasciare questa realtà. Un po’ di malinconia sale, le relazioni ne risentiranno per la distanza e le dinamiche di vita, ma questa è la dinamica di noi preti». «Al Redentore c’è una grande ricchezza di persone e di strutture – aggiunge don Eros – Oltre all’ambito religioso, ci sono quello sportivo e quello sociale, abbiamo gli strumenti per poter rispondere a tanti bisogni, ora dovrò riorganizzare i miei tempi e comprendere bene le priorità del patronato, anche in base alla linea pastorale».

Ad Arsiè, hanno condiviso il loro ministero don Alberto Peron e don Giuseppe Cavallini. A villa Immacolata si sono incontrati rispettivamente come nuovo parroco di Camponogara e Campoverardo e di Cazzago di Pianiga. «Nelle nuove parrocchie porto la nostalgia delle montagne e i legami di fraternità che abbiamo creato nell’unità pastorale – racconta don Alberto, già informalmente accolto nel gruppo Facebook “Sei di Camponogara se…” con 414 mi piace e centinaia di commenti di benvenuto – Ora non saremo in up, ma collaboreremo in spirito di unità: in questi anni ho visto le persone aprirsi alle comunità vicine e amarle come la propria. Uno slogan divenuto realtà. Nell’incontro che ho avuto con il consiglio pastorale ho visto molta voglia di rimettersi in gioco e tanto spirito di collaborazione: sono felice di poter dire “sì” a un Amore che ci precede sempre».

Don Giuseppe invece arriva nel vicariato di Dolo dopo l’esperienza missionaria nell’Amazzonia brasiliana del Roraima. «È stata un’esperienza breve ma intensa, in cui ho compreso come la vita pastorale qui in diocesi, in parrocchia, realtà da dove provengo anche io è il luogo in cui esprimere al meglio il mio ministero. Sono contento di potermi mettere a disposizione di una realtà bella e viva come Cazzago, mi auguro di poter coltivare belle relazioni con le persone che danno vita quotidianamente alla comunità».

Assai originale lo sguardo di don Arun Ekka, da sette anni vicario parrocchiale ad Altichiero e ora amministratore parrocchiale di San Lorenzo da Brindisi. «Questi sono giorni molto preziosi per vivere la meglio la nostra vocazione di preti a servizio della Chiesa di Padova – racconta – Di certo la nostra realtà è molto differente dall’India, da dove provengo. Cento anni fa i missionari arrivarono, così la mia famiglia è cristiana dalla generazione dei miei bisnonni. Ma lì la fede è molto viva, tutti partecipano attivamente alla messa, che dura anche molte ore, senza stancarsi. Sono immersi in altre religioni, così il fatto di mostrare la propria fede è identitario. Qui a Padova invece stiamo perdendo le nuove generazioni, credo che il benessere economico releghi Dio all’ultimo posto, ma noi preti possiamo fare molto da questo punto di vista anche se è complesso: c’è bisogno di una nuova evangelizzazione».

Le giornate di preghiera, condivisione e approfondimento sono corse via veloci – per qualcuno dei presenti anche nella sorpresa di non dover sottostare alla “dittatura” dell’agenda, come a volte il ministero impone – fino a giungere a quello che lo stesso vescovo Claudio ha definito il «vertice» di tutta la settimana: nella mattinata di giovedì 10 settembre, quattro preti diocesani hanno condiviso altrettante riflessioni per i confratelli. Il vicario generale, don Giuliano Zatti, parlando della condizione personale del prete, ha sottolineato che ogni cambio di servizio va gestito in proprio, sul piano personale, ma «quest’anno più che mai, possiamo permetterci di cambiare, di dire un sì convinto a ciò che avviene. Siamo formati, sformati e trasformati, come ci ha detto Assunta Steccanella, possiamo permetterci di assumere la forma a cui siamo chiamati, procedendo di inizio in inizio attraverso nuovi inizi come diceva Gregorio di Nissa».
Con particolare attenzione in questo tempo di cambio, la spiritualità del prete fa la differenza: «Ma che cos’è la nostra spiritualità? È solo il breviario – si è chiesto don Massimo De Franceschi – Temo che viviamo la tentazione di sapere già come si gioca e più passano gli anni e più ci inchiodiamo alle nostre abitudini, le quali servono, ma possono diventare delle armature e farci ammalare di coazione a ripetere. Più che “dire” qualcosa a Dio, credo che dovremmo portargli le nostre domande, le cose irrisolte, chiedergli che cosa Lui vuole che facciamo, ma avendo ben presente le situazioni concrete. Possiamo mettere più amore in quel che preghiamo, avere più fiducia in noi stessi nella preghiera, essere più fraterni tra preti e predicare anche per i nostri confratelli e infine far entrare il mondo nelle celebrazioni senza ripetere».

Don Roberto Ravazzolo ha riflettuto sulla Chiesa come popolo di Dio, di cui il prete fa parte e con cui è in cammino. Infine don Marco Cagol, nuovo parroco di Montà, ha tracciato il rapporto con il territorio: «Sono molti gli aspetti che ci interpellano: il lavoro, le persone che emigrano, l’ambiente, la gestione del potere e la comunicazione. Abbiamo da offrire però la profezia gigantesca della fraternità che si traduce in capacità di farci prossimi, accogliere gli ultimi e vedere le nuove povertà. C’è la dimensione portante della gratuità e del servizio e infine la pratica del discernimento comunitario che ci permette di guardare insieme al bene comune.

Prossimi appuntamenti per il clero padovano

Nel canale Youtube della Chiesa di Padova e nei profili social della Difesa è possibile vedere il video racconto dell'edizione 2020 di "Preti in cambio".

All'orizzonte intanto si presentano altri appuntamenti formativi per tutto il clero: il 12 novembre un incontro sul nuovo messale con una riflessione che verterà su liturgia e carità; il 10 dicembre il ritiro d'avvento con il priore di Bose Luciano Manicardi che si concentrerà sul tema della fragilità, attraversato dalla chiesa e dalla società in questo tempo di incertezza dovuto alla pandemia in atto.

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