Liturgia. Il senso teologico dà forza alla celebrazione

La formazione parte dalla liturgia per arrivare alla liturgia Per prendere parte al mistero di Dio per via simbolica è necessario realizzare percorsi che aiutino a non ridurre il rito a concetto. Serve fare bene ciò che va fatto

Liturgia. Il senso teologico dà forza alla celebrazione

L’attesa di mangiare la Pasqua con i discepoli muove dal desiderio del Signore di incontrare tutta l’umanità e renderla partecipe – per mezzo di un’anticipazione rituale – della sua morte e risurrezione. Il percorso della lettera apostolica Desiderio desideravi cerca di suggerire alcuni accorgimenti perché il Popolo di Dio sia reso partecipe di questo dono, a fronte del quale non c’è possibilità di un incontro così esplicito con il mistero di Dio. La lettera, dopo aver dichiarato tale intenzione, esprime come la Chiesa possa essere unita dalla liturgia senza farne il veicolo di un’ideologia; anzi, si tratta proprio dell’antidoto a mali che generano una pericolosa “mondanità spirituale”, con due esiti: il ripiegamento nel soggettivismo o la pretesa di salvarsi da soli. È il senso teologico della liturgia che dà forza alla celebrazione. Ogni aspetto del rito va curato, secondo il Papa, ma porre attenzione a questo non basta. Ciò che conta è fare esperienza del dono: è la chiave che il Concilio ha consegnato, chiamandola “partecipazione”. Non basta un concetto compreso una volta per sempre, e non si tratta neanche di una partecipazione puerile o rigida: è il prendere parte al mistero per via simbolica. La risurrezione è avvenuta, i sacramenti vengono celebrati... ma bisogna che il popolo di Dio ne faccia esperienza, ne partecipi. Il papa suggerisce quindi una formazione liturgica su due versanti: la formazione alla liturgia e la formazione dalla liturgia. La prima prevede uno studio e una strutturazione di percorsi che aiutino l’uomo contemporaneo, poco capace di simboli, a non ridurre il rito a concetto, ad andare verso un comprendere per entrare di più nell’esperienza. Per formazione dalla liturgia invece si intende che la buona prassi si crea semplicemente facendo bene ciò che dobbiamo fare, con il nostro corpo, con la creaturalità dei linguaggi del rito, perché nel proprio cammino la Chiesa prenda forma dal desiderio del Signore di partecipare alla sua liberazione.

don Sebastiano Bertin
Vicario Parrocchiale a Montegrotto Terme

Nella fornace dell’amore di Dio

«Presiedere l’Eucaristia è stare immersi nella fornace dell’amore di Dio. Quando ci viene dato di comprendere, o anche solo di intuire, questa realtà, non abbiamo di certo più bisogno di un direttorio che ci imponga un comportamento adeguato. Se di questo abbiamo bisogno è per la durezza del nostro cuore». (N. 57 della lettera apostolica Desiderio desideravi)

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