Nuovi linguaggi di fede. Spazi digitali da abitare. Il seminario-laboratorio alla Facoltà teologica del Triveneto

È cominciato il 29 settembre scorso, con la prima lezione aperta, il seminario laboratorio di teologia pastorale “I nuovi linguaggi della fede. Una pastorale inedita dall’esperienza del Covid-19”, proposto dal ciclo di licenza della Facoltà teologica del Triveneto per l’anno accademico 2020/2021.

Nuovi linguaggi di fede. Spazi digitali da abitare. Il seminario-laboratorio alla Facoltà teologica del Triveneto

I coordinatori del seminario sono Assunta Steccanella, docente di Teologia pastorale, e don Lorenzo Voltolin, docente di Comunicazione: «Il corso è nato un anno fa – spiega don Lorenzo Voltolin – prima del Coronavirus. Poi però la pandemia, che ha accelerato alcuni processi come la didattica a distanza e lo smart working, ha anche toccato l’esperienza del mondo ecclesiale. All’interno del corso vedremo come sia possibile vivere un’esperienza spirituale in rete e come sia possibile una pastorale che utilizzi i new media, sapendo però che nel corso della storia si sono sempre usati i linguaggi multimediali, a partire dall’arte che è l’esempio più significativo».

Ma sono innegabili le novità dell’oggi: «Quella digitale è una rivoluzione antropologica – osserva don Voltolin – i nuovi media non lavorano solamente sui concetti, come per esempio fanno i testi scritti, ma con i linguaggi audiovisivi della corporeità. E l’esperienza ecclesiale di pastorale è un’esperienza che si fa con il corpo, con un cervello che elabora poi il contenuto». Strumenti nuovi, da sperimentare: «Da secoli facciamo incontri in presenza, con una tecnica che ormai è perfezionata. Sul virtuale, invece, siamo ai primi passi: il virtuale va utilizzato per quello che può dare, senza chiedergli cose per le quali non è in grado».

L’entusiasmo aiuta, ma non basta perché una pastorale sul web risulti davvero efficace: «È importante non improvvisarsi – fa eco Assunta Steccanella – con la rete tocchiamo qualcosa che non è un semplice mezzo per fare pastorale, ma uno spazio intermedio tra la realtà tout-court come la conosciamo e la pura rappresentazione. Per questo, non possiamo semplicemente replicare quello che facevamo in presenza mettendolo dentro un canale multimediale. Bisogna imparare ad abitare questi spazi in modo adeguato e abbiamo potuto vedere più di una bella esperienza di riflessione sulla Parola e di condivisione in grado di raggiungere molta gente».

L’esempio del beato Carlo Acutis può ispirare, anche oggi: «Carlo Acutis metteva insieme due grandi passioni: l’informatica e l’Eucaristia. E quando le grandi passioni si uniscono nascono sempre delle cose belle. Ha aperto una strada riconciliando mondi diversi tra loro. Chissà cosa ci direbbe sulle messe in streaming durante il lockdown e sulle potenzialità che questi strumenti hanno raggiunto negli ultimi anni».

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