Parla don Armando Matteo. E la pastorale degli adulti com’è?

Chi conosce bene il tema “giovani” è don Armando Matteo, teologo e segretario per la Sezione dottrinale del Dicastero per la dottrina della fede, autore di numerosi volumi tra cui il recente Riportare i giovani a messa. La trasmissione della fede in una società senza adulti. Il teologo pone l’accento su due aspetti: il venir meno della trasmissione della fede in ambito familiare e l’assenza di una pastorale degli adulti adatta ai nostri giorni.

Parla don Armando Matteo. E la pastorale degli adulti com’è?

«La maggior parte dei giovani non ritiene essenziale per la propria felicità e per il proprio cammino umano riferirsi al cristianesimo e agli insegnamenti del Vangelo, verso cui ha una forma di indifferenza. Credo che per leggere questo fenomeno si debba prendere consapevolezza del cambiamento avvenuto nelle famiglie». Nei nati dopo gli anni Cinquanta, infatti, «prevale un interesse verso i temi della libertà, della giovinezza, del fare esperienze, e sono dunque loro i primi ad aver messo Dio in un angolo – sottolinea don Matteo – E, poiché la trasmissione della fede in ambito familiare passa attraverso il corpo dei genitori più che dalle parole, abbiamo un elemento importante per comprendere perché i giovani oggi siano assenti. Se aggiungiamo il dato che vede la presenza in Italia di circa 11 milioni di giovani tra 15 e 34 anni rispetto a 31 milioni di adulti a cui questi giovani, soprattutto adolescenti, guardano, possiamo comprendere come il fenomeno sia di portata più ampia».

Don Armando Matteo definisce la trasmissione della fede che avviene in famiglia “cristianesimo domestico”, realtà oggi entrata in crisi. «Le prassi di iniziazione al cristianesimo nei bambini e negli adolescenti passa attraverso il “cristianesimo domestico”, per questo dobbiamo chiederci che cosa avviene nel mondo degli adulti, degli insegnanti, degli educatori. Per cui, l’altro aspetto da non trascurare ha a che fare con la pastorale degli adulti, in qualche modo carente; continuiamo a pensare che il modo con cui annunciamo il cristianesimo agli adulti sia quello giusto, senza tenere contodella trasformazione avvenuta, che richiede invece nuove sfide». Il modello oggi utilizzato, evidenzia il teologo, «andava bene per i nostri nonni che vivevano una vita completamente diversa, fatta anche di privazioni, e che trovava nel cristianesimo un ambito di aiuto, di illuminazione, di consolazione, di verità, di rinvio alla vita eterna.

Questo mondo non c’è più, credo ci sia bisogno di un cristianesimo diverso, che ritorni a raccontare Gesù nella logica della gioia, della festa, di quell’incremento positivo che può realizzare nell’umanità. Anche perché nella società odierna ha fatto irruzione il mercato che ha tutt’altri interessi e che non vende solo oggetti ma crea veri e propri adepti».

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