Parrocchie e sfide inedite. L’ascolto disinteressato delle domande delle persone

L’ascolto disinteressato delle domande delle persone, la dismissione di strategie e proposte preconfezionate, individuazione di compagni di viaggio non giudicanti

Parrocchie e sfide inedite. L’ascolto disinteressato delle domande delle persone

Non nasconde la necessità di ripensare alcuni aspetti che riguardano le comunità parrocchiali, don Leopoldo Voltan,
vicario episcopale per la pastorale e membro della presidenza del Sinodo, e riflette a partire da una parola: spiritualità. «Credo sia importante innanzitutto approfondirla. Spesso avverto che viene intesa come “altro” rispetto alla vita. Purtroppo a volte si sottintende che una cosa è la vita, altra cosa è la spiritualità e sembra non ci siano neppure tante linee di collegamento: se sei troppo dentro il mondo sembra che tu non sia spirituale, e viceversa. Trovo riduttivo questo approccio; mi piace invece pensare alla spiritualità come un dare forma cristiana alla vita quotidiana fatta di affetti, relazioni, famiglia, scuola e lavoro, contesti sociali, fragilità e cittadinanza. Tutti noi registriamo con dispiacere una qualche fatica delle nostre parrocchie, che non sembrano il luogo più adatto per un cammino e una ricerca spirituale, fenomeno che, invece, interessa molti. C’è un’ampia “terra di mezzo” contrassegnata da una domanda di fede e di salvezza: tanti viaggiatori e pellegrini invocano “salvezza”, cioè di essere riammessi continuamente al mistero della vita, di trovare motivi e sostegno per un vivere buono e felice».

Del resto, dei quattordici temi del Sinodo diocesano, il bisogno di spiritualità è risultato tra i più scelti dai gruppi di discernimento, quasi a dire che questa ricerca vitale è senz’altro molto sentita. Nella presentazione del tema si legge
«sarà importante per le comunità cristiane riconoscere che i giovani e gli adulti percepiscono invece una frattura tra il piano antropologico e quello teologico» e che si cerca «una ricomposizione tra vita quotidiana e vita spirituale, in questo contesto culturale e sociale». «Per le parrocchie si apre dunque una sfida inedita e avvincente – continua don Voltan – che passa per l’ascolto disinteressato delle domande delle persone e per la dismissione di strategie e proposte preconfezionate che presuppongono di conoscere già le domande dell’altro (le famose risposte senza domande). Ci vogliono percorsi personali, tempi e modi adatti all’annuncio del Vangelo, spesso uno a uno; ci vogliono anche fratelli che siano compagni di viaggio, guide e maestri, senza presunzione e giudizio. Si tratta anche di connettere insieme spiritualità, liturgia e carità. Se la spiritualità è una voce che spinge a uscire da noi stessi, allora ci apriamo a una relazione d’amore che riceviamo come dono e questo spinge alla decisione di servire umilmente la vita dell’altro». La fatica che le nostre parrocchie stanno facendo «può, senz’altro, rinnovarne il volto e le scelte pastorali. È il desiderio disinteressato e gratuito che ci fa desiderare la felicità degli altri; richiede un bel ripensamento, in cui può essere importante considerare anche il tesoro di altre esperienze, dalla vita consacrata ai movimenti, dai religiosi/e alle associazioni. “Servire la vita dove la vita accade” e stare in questo mondo, imparando da tutti e rilanciando la gioia del Vangelo rimane il tragitto spirituale di ogni parrocchia e credente: trasformare l’acqua, ciò che può essere stanco, stantio, ripetuto, sterile, nel vino della relazione e della festa!».

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