Qual è il rapporto tra Chiesa e Caritas? Sinergia creativa nella diversità

Qual è il rapporto tra Chiesa e Caritas? Attorno a questa domanda si è sviluppato l’intervento di mons. Pierangelo
Sequeri, teologo e musicista, al 42° convegno delle Caritas diocesane, che si è tenuto a fine giugno a Rho. Mons. Sequeri: «Se c’è un guado per percorrere oggi la strada della testimonianza cristiana, solo Caritas può trovarlo. Ma non senza rapporto con la Chiesa»

Qual è il rapporto tra Chiesa e Caritas? Sinergia creativa nella diversità

Uno degli interventi più vivaci e creativi del 42° convegno delle Caritas diocesane – che si è tenuto a Rho (Milano) dal 20 al 23 giugno – è stato quello di un anziano prete, teologo, ormai alla soglia dei 78 anni, conosciuto ai più, specie tra chi frequenta le messe nelle parrocchie, per aver composto canti liturgici come Vocazione, Symbolum ‘77, ‘78, ‘80, Con il mio canto... Stiamo parlando di mons. Pierangelo Sequeri, teologo e musicista. Il suo intervento in linea con il tema del convegno e con le vie indicate da papa Francesco alla Caritas – gli ultimi, il Vangelo e la creatività – si è soffermato a sottolineare la Grazia, la grande opportunità e il grande compito consegnato a noi, per la prima volta, nella storia del cristianesimo, di testimoniare il Vangelo in un contesto in cui la Chiesa è ormai completamente estranea a ogni forma di regia religiosa della cosa pubblica, alla politica. Nella seconda parte del suo intervento, parlando della creatività che è necessario mettere in atto in un contesto di questo tipo, ha preferito presentare l’esperienza di una particolare orchestra sinfonica – Esagramma – che ha avuto l’ardire di rendere possibile l’esperienza di far fare musica a un gruppo costituito da musicisti professionisti e da persone che vivono diverse forme di disabilità. Il duplice scopo era quello di far sperimentare la creatività della musica a chiunque e di dar vita contemporaneamente attraverso la musica e la cooperazione a una comunità aperta e solidale. Il momento musicale, presentato da una trentina di elementi, è stato particolarmente ispirato ed emozionante. Ora però vorrei soffermarmi su alcuni passaggi del suo intervento che hanno a che fare con il rapporto tra Caritas e Chiesa. In verità questo dovrebbe essere un non-tema. Il giorno prima infatti il card. Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana, nel suo saluto di apertura aveva tra l’altro detto: «Voi Caritas siete una parte fondamentale della Chiesa, le attività che svolgete sono sempre legate profondamente alla vita della Chiesa. Voi siete la Chiesa, la carità è la Chiesa».

Quindi Caritas e Chiesa sono lo stesso soggetto. Eppure le stesse parole del card. Zuppi indicano una sorta di tensione. Non sarebbe suonato strano sentire parole analoghe in un convegno di catechisti o di liturgisti? Non sarebbero state affermazioni del tutto superflue e scontate? Il card. Zuppi aveva sentito il bisogno di dire anche «non siete un’agenzia esterna alla quale vengono affidate delle opere», aprendo in qualche modo la strada a mons. Sequeri, quasi a indicare un problema: l’estraneità della Chiesa alla Caritas o l’estraneità della Caritas alla Chiesa. Veniamo alle affermazioni di mons.Sequeri che ha voluto, in modo un po’ provocatorio, fotografare così la situazione attuale: «Noi (Chiesa) possiamo solo contare su di voi (Caritas). Se c’è un guado per percorrere, seriamente ma anche in modo lieve, la strada della testimonianza cristiana, in questa epoca della nostra civiltà e della nostra cultura, se c’è un guado o lo trovate voi o non so chi può trovarlo. Non mi viene in mente quasi nient’altro che abbia questa caratteristica. Allora è un rapporto interessante quello che si apre tra la Chiesa e la Caritas, un compito creativo che va svolto su ritmi e registri diversi: la Chiesa non è la Caritas e la Caritas non è la Chiesa, e tuttavia senza questa sinergia, forse, non si può trovare il guado. Perché questa sinergia è l’opportunità migliore che in questo momento abbiamo, in una società secolarizzata che ci chiede tuttavia di essere fedeli alla nostra testimonianza e in una organizzazione civile e istituzionale delle politiche della convivenza che non assegna più allo stato la regia del bene comune».

Ascoltando queste parole, in particolare in merito alla non sovrapposizione tra Caritas e Chiesa, siamo stati tutti un po’ sorpresi ma ci è pure sembrato ingenuo pensare che mons. Sequeri dicesse una cosa teoricamente scorretta, e abbiamo immaginato che volesse invece fotografare la situazione attuale: pur essendo la Caritas parte della Chiesa forse la Chiesa non ha sufficientemente recepito le conseguenze di tale appartenenza oppure, pur essendo la Caritas parte della Chiesa forse la Caritas non ha saputo vivere la sua appartenenza alla Chiesa in senso missionario. Mi sembra che la tematica meriti di essere seriamente presa in considerazione e auspico che nel percorso sinodale inaugurato dalla nostra Chiesa diocesana emergano elementi che possano far proseguire la riflessione su questo rapporto.

Lorenzo Rampon
Direttore di Caritas Padova

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