Restauri & comunità. È ritornata al proprio posto la Santa Tecla del Tiepolo

Ci sono voluti otto anni ma ora finalmente la pala di Santa Tecla, opera di Giambattista Tiepolo (di cui lo scorso anno si è celebrato il 250° anniversario della morte), è tornata nel luogo per il quale era stata pensata: l’abside del duomo di Este.

Restauri & comunità. È ritornata al proprio posto la Santa Tecla del Tiepolo

Un evento importante, per l’opera e perché si pone a coronamento dell’intero percorso di restauro conservativo del duomo, ultimato a fine 2018, che ha recuperato integralmente gli esterni e interni del maestoso edificio, opera del veneziano Antonio Gaspari (coordinamento, progettazione e direzione lavori a cura dell’architetto Claudio Seno, realizzazione Edilrestauri di Brendola, impianto elettrico e illuminazione della ditta Alfonso Argeo di Este).

L’enorme pala d’altare, che misura 27 metri quadri, rappresenta santa Tecla che prega l’Eterno Padre per la liberazione di Este dalla peste che nel 1630-31 causò la morte di circa un quarto della popolazione. Fu collocata nell’abside del duomo alla presenza del celebre autore, accompagnato dal figlio Giandomenico, il 24 dicembre 1759. Nel dipinto, Dio Padre attorniato dagli angeli disperde con la sua forza l’ombra della morte e del male, rappresentata nella figura oscura che si allontana verso il basso a sinistra. Sullo sfondo si riconosce Este con alcuni suoi monumenti.

Nella parte bassa del dipinto, la santa patrona compare in umile preghiera con le mani raccolte e gli occhi rivolti al Padre. Vicino alla santa sono presenti alcuni personaggi che rappresentano le sofferenze patite: una bambina piange la madre ormai morta mentre un uomo disperato si tiene la testa tra le mani.

«Ringrazio quanti si sono spesi per questo risultato di grande qualità e valore – afferma don Franco Rimano, parroco del duomo – Sono ancora valide le parole che ho detto quando il dipinto è tornato al suo posto, 261 anni dopo la prima sistemazione: l’emergenza che stiamo vivendo ci aiuta a entrare nel senso di questo dipinto che descrive con immagini drammatiche la sofferenza dei cittadini di Este a causa della peste, ma anche la fiducia nella presenza di Dio che agisce con la sua forza a favore degli uomini e per la loro salvezza. Santa Tecla, patrona di Este, intercede per la vita della nostra città e ci invita a non perdere la fiducia che Dio ci guida e ci sostiene in questa situazione».

La pala, considerata tra i massimi capolavori del Tiepolo a carattere religioso, è unica anche per le sue caratteristiche tecniche, in particolare la forma concava per assecondare la curvatura dell’abside per la quale è stata eseguita. L’intervento di restauro è stato suddiviso in più fasi, la prima delle quali era consistita in un minuzioso lavoro di pulitura curato dal restauratore Franco Del Zotto con la supervisione di Elisabetta Francescutti della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio. L’ultima fase si è svolta dal 2019 a fine 2020, operata dalle restauratrici Valentina Piovan e Francesca Faleschini, e ha previsto interventi sul telaio e il vero e proprio restauro pittorico. Una delle sfide affrontate è stata la ricerca di una soluzione ottimale per un telaio curvo che segue l’andamento del presbiterio. Il lavoro è stato eseguito in accordo con la Soprintendenza e seguito dai funzionari Monica Pregnolato e Luca Majoli.

Il restauro è stato reso possibile grazie al contributo dei parrocchiani, del Comune di Este, e della Fondazione Cariparo che ha finanziato la seconda fase. La parrocchia ringrazia anche il Comune di Sarmede per la collaborazione. La ditta iGuzzini, fornitrice anche dei corpi illuminanti dell’interno del duomo, ha invece sponsorizzato la nuova illuminazione della pala.

Un intervento molto lungo e complesso

Il restauro della pala di Santa Tecla ha dovuto affrontare un minuzioso lavoro di pulitura per far emergere la bellezza dei colori tipici del Tiepolo, e la lunga ricerca di una soluzione ottimale per un nuovo telaio curvo, ora in metallo, che segue l’andamento del presbiterio. Dopo otto anni è ritornata al suo posto la vigilia di Natale 2020, esattamente 261 anni dopo la prima collocazione nel sito del duomo atestino.

Il restauro. Un’opera fragile per le caratteristiche costruttive rare
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Il laborioso restauro appena concluso sulla pala tiepolesca è solo l’ultimo di una lunga serie di interventi che inizia nell’Ottocento. La scelta della metodologia utilizzata si è basata quindi sulla rilettura delle fonti storiografiche e del materiale relativo ai restauri precedenti, oltre che sugli esiti delle indagini scientifiche eseguite.

«La storia conservativa – spiegano le restauratrici, Valentina Piovan e Francesca Faleschini – è puntualmente ricostruita da una ricca documentazione che descrive la tipologia, l’entità e le cause del degrado dell’opera, resa fragile dalle sue stesse caratteristiche costruttive: le notevoli dimensioni e soprattutto la forma concava prima del tavolato ligneo a cui era in origine ancorata, e poi del telaio di intervento».

Già nel 1892 Alessandro Prosdocimi aveva raccomandato riparazioni «meccaniche ed artistiche», individuando nella rifoderatura e in un nuovo telaio interventi imprescindibili. La tela fu però posta su un telaio piano, che fu causa di ulteriori problemi, tanto che nel 1923 venne ritensionata su un nuovo telaio curvo. Fu di nuovo restaurata nel 1932, nel 1971 e nel 2012.

Ispirandosi a una visione nuova del problema, il recente restauro ha liberato il dipinto da tutte le sostanze collanti e dalle tele di rifodero sovrammesse, ripensato il tensionamento e il supporto – un nuovo telaio in metallo – in base a rilievi fotogrammetrici dello spazio concavo sede dell’opera, provveduto a un consolidamento dei tessuti e a una foderatura leggera e flessibile.

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