"Rifugiato a casa mia". Porte aperte per i rifugiati

Il progetto "Rifugiato a casa mia" ha trovato terreno fertile a Monselice. Sono quattro le famiglie accolte negli anni, undici i giovani migranti.

"Rifugiato a casa mia". Porte aperte per i rifugiati

“Rifugiato a casa mia” è il nome del progetto di accoglienza e di integrazione diffusa, promosso da Caritas nazionale, centrata sulla gratuità e sulla famiglia quale nucleo di relazioni in grado di supportare il processo di inclusione delle persone accolte.

Anche Monselice ha scelto di aprirsi a questo modello di accoglienza, uno dei pochi in grado di coltivare l’integrazione attraverso il rapporto con un piccolo nucleo, permettendo alle persone accolte di acquisire gli strumenti e le competenze necessarie per potersi muovere nel territorio. «La parrocchia di Monselice – spiega Giovanni Belluco del consiglio pastorale parrocchiale – ha seguito l’orientamento dato dalla Chiesa di Padova circa il modo di trovare risposte valide alle necessità dei profughi, concretizzando la proposta delle “microaccoglienze”».

Nel vicariato di Monselice sono stati accolti quattro nuclei famigliari, tre in una casa di Monselice e uno in una casa a Pernumia.

Nella parrocchia del Duomo di Monselice sono stati accolti, dal gennaio 2016 al giugno 2017, una signora del Venezuela rifugiata e senza risorse con due figli: un ragazzo di 10 anni che ha frequentato la scuola Buggiani e una ragazza che ha frequentato un istituto professionale a Conselve. Durante il periodo di accoglienza è stata supportata nella ricerca attiva di un lavoro e nelle pratiche necessarie per acquisire la residenza e i documenti.

«La famiglia si è ben integrata nel contesto sociale – racconta Belluco – ora la signora ha un lavoro, i ragazzi proseguono nella scuola intrapresa e abitano in un loro appartamento in affitto. Il secondo nucleo è formato da una signora etiope, accolta con il figlio di 9 anni, appena ricongiunto, che non vedeva da anni». Ora questa famiglia si è trasferita a Padova.

Quando la necessità si fa sentire, arrivano altre risposte: nel novembre 2016 sono stati accolti undici giovani richiedenti asilo, espulsi dagli ostelli di Battaglia Terme e di Monselice, e accolti in patronato: «Da subito sono stati responsabilizzati e si sono resi disponibili per lavori utili». Accolti poi nell’ex convento di San Giacomo, hanno effettuato altri servizi, come il disboscamento di sterpaglie ed edere. Cinque di loro, nel luglio 2017, si sono spostati nella casa di Monselice che ospitava i nuclei familiari, mentre altri quattro sono andati ad abitare in un piccolo appartamento della parrocchia di San Giacomo. Altri due giovani sono ospiti in un’azienda agricola di Casale di Scodosia dove lavorano.

La comunità è sempre stata informata di tutto. «Con le sue premure e la profonda consapevolezza del bisogno – conclude Belluco – il parroco don Sandro, ha saputo trasmettere ai volontari il messaggio che per dare un valido aiuto non è sufficiente la buona volontà e non si può improvvisare. Ci vuole, anzitutto, un cuore grande e una progettualità».

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