Ripartire dalla liturgia, ripartire dalla comunità. Il Convegno delle Chiese del Triveneto

Convegno delle Chiese del Triveneto “Ritrovare forza nell’eucaristia” è il tema di un appuntamento che si svolge in due tempi: il 20 maggio in ciascuna delle 15 Diocesi (con un momento online condiviso) e il 30 settembre, a Verona, a livello unitario. Coinvolti tutti i vescovi

Ripartire dalla liturgia, ripartire dalla comunità. Il Convegno delle Chiese del Triveneto

Un convegno dedicato alla liturgia rivolto alle Chiese del Triveneto. È l’appuntamento che si svolgerà in due tappe tra
maggio (sabato 20, in ciascuna delle 15 Diocesi) e settembre (sabato 30, a livello unitario a Verona) dal titolo “Ritrovare forza dall’eucaristia”. La decisione è nata dopo il primo anno del cammino sinodale durante il quale da un lato è emersa l’importanza dell’esperienza liturgica, dall’altro si è registrata tutta la fatica e le difficoltà relative. Abbiamo chiesto a suor Elena Massimi – presidente dell’Associazione professori di liturgia e “voce” che guiderà la riflessione il 20 maggio – di inquadrare le sfide che stanno alla base di tali questioni. «Per celebrare e vivere la liturgia – evidenzia – è necessario che la comunità parrocchiale condivida, oltre alla preghiera liturgica, la vita di carità, l’annuncio del Vangelo, momenti di fraternità. C’è una dimensione comunitaria al di fuori della liturgia che sostiene la celebrazione liturgica e che da essa è alimentata. Per questa ragione dovremmo ripartire non solo dalla liturgia ma dal ricostruire le nostre comunità».
Da questo punto di vista noi veniamo dal tempo della pandemia che ha colpito proprio le comunità e ha accelerato processi già in atto. Cosa significa questo con riferimento alla liturgia?
«Le comunità ecclesiali manifestavano già diverse fragilità, ad esempio una sempre minor partecipazione alla liturgia, in modo particolare da parte dei giovani. Con la pandemia i legami sono diventati ancor più deboli, la partecipazione alla liturgia domenicale è ulteriormente diminuita: la pandemia ha lasciato le chiese più “vuote”. Era un processo già in atto ma il Covid l’ha accelerato. Si sono palesate le fragilità già presenti, sono emerse le lacune formative e il debole investimento nella pastorale liturgica in questi anni».
In tutto questo quanto pesa la questione da più parti evocata della difficoltà del linguaggio liturgico?
«È una questione molto delicata, affrontata con decisione dal Concilio Vaticano II, ma ancora non risolta. La riforma della liturgia non è sufficiente, come affermava Romano Guardini nel post Concilio, è necessaria una seria iniziazione alla liturgia, una profonda educazione al linguaggio simbolico rituale. Accanto alla cura delle relazioni comunitarie, dovremo lavorare sull’iniziazione alla liturgia, e “imparare” a celebrare celebrando. Quando, ad esempio, si studia un brano al pianoforte di Bach o Mozart, da una parte c’è uno studio teorico della partitura, dall’altra però è necessario suonare, fare pratica, e non per poco tempo. Forse in questi anni è mancato un consapevole “esercizio dell’atto di culto”, proprio per imparare nuovamente a celebrare. Insieme a tutto ciò occorrerebbe affrontare la delicata questione del rapporto della liturgia con la cultura contemporanea».
In che senso?
«Oggi quando si parla di inculturazione non si deve pensare solo alle cosiddette “terre di missione”, ma anche (e soprattutto) alla cultura contemporanea, che vede un profondo cambiamento nel modo di percepire il tempo, lo spazio, il corpo. Pensiamo, ad esempio, quanto è diminuita la nostra capacità di attenzione e come sia difficile sostenere celebrazioni eccessivamente lunghe. Come conciliare il tempo accelerato della vita quotidiana con quello “più lento” della liturgia? Inoltre, la messa in opera dei linguaggi nella liturgia da una parte deve mantenere una differenza (termine tecnico: differenza simbolica) dal loro utilizzo nella vita quotidiana – altrimenti difficilmente i fedeli vengono condotti a una profonda esperienza di Dio – ma dall’altra deve essere “intercettabile” dalla comunità. Pensiamo ai nostri canti liturgici: da una parte devono essere “differenti” da quanto quotidianamente ascoltiamo, dall’altra però nemmeno così lontani dalla sensibilità contemporanea al punto da diventare “incomprensibili”. Il lavoro che ci aspetta è lungo e impegnativo!».
I giovani, forse, più di tutti dicono la difficoltà del linguaggio. Come si può rispondere?
«La liturgia è un agire simbolico rituale, la messa in opera dei diversi linguaggi deve aprire all’esperienza del Mistero, per questo, come accennato, non possono essere utilizzati alla stessa maniera della vita quotidiana. Nella liturgia si cammina, si canta, si legge in modo diverso rispetto alla quotidianità. Fondamentale è però l’iniziazione al modo di gestire i linguaggi da parte della liturgia. Un piccolo esempio rispetto al linguaggio verbale. I ragazzi leggono alcuni testi poetici (Leopardi, Pascoli...) in quinta elementare, poi alle medie e alle superiori, entrando nello stesso testo in modo più profondo. Perché – mi chiedo – nei cammini di iniziazione cristiana non facciamo la medesima cosa con il linguaggio della liturgia, ma utilizziamo un linguaggio altro? Nella liturgia non si entra immediatamente, c’è bisogno di un impegnativo cammino formativo». 
Quanto la liturgia deve anche scaldare il cuore?
«La liturgia coinvolge tutta la persona, i suoi sentimenti, le sue emozioni, e quindi è anche “questione di cuore”, anche se nella liturgia cristiana l’emozione è sempre “regolata”».

Appuntamento a Vigonza per i delegati padovani

15 Diocesi e altrettante sedi per la “fase diocesana” del convegno ecclesiale sulla liturgia promosso dalla Commissione regionale per la liturgia della Conferenza episcopale Triveneto, coinvolgendo gli istituti e le facoltà teologiche del territorio. I delegati padovani – così come gli altri: in tutto sono circa 700 – si ritroveranno, dalle 9.30 alle 12.30 di sabato 20 maggio; appuntamento presso la parrocchia di Vigonza. Dopo un momento di preghiera guidata da ciascun vescovo, tutte le sedi si collegheranno con il centro Card. Urbani di Zelarino. Verranno proposti due interventi: di don Gianandrea Di Donna, responsabile della Commissione regionale per la liturgia, e di suor Elena Massimi, presidente dell’Associazione professori di liturgia. Dopo questo primo step diocesano l’appuntamento sarà per sabato 30 settembre, con la fase regionale.

In comunità

I discepoli di Emmaus narrano del cuore che ardeva loro. Se una celebrazione non mi coinvolge in maniera totale sia intellettualmente ma anche dal punto di vista del cuore sono io che sono altrove oppure è la celebrazione che non funziona? «Possono accadere entrambe le cose – sottolinea suor Elena Massimi – La questione interessante è che tutto ciò avviene comunitariamente, quindi sono fondamentali le relazioni con la comunità. Se sono difficili, la liturgia ne risente. Proprio perché la liturgia forma la comunità, richiede l’impegno di tutti, educa il nostro modo di stare all’interno della comunità».

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