San Salvaro. Comunità riunita per i restauri finiti e per ricordare don Pavanello

San Salvaro. Festa del ringraziamento, a fine giugno, con la presenza del vescovo Claudio

San Salvaro. Comunità riunita per i restauri finiti e per ricordare don Pavanello

Festa del ringraziamento, l'ultima domenica di giugno, a San Salvaro. «Per ringraziare il Signore – sottolinea il parroco, don Adriano Vigolo – di aver potuto realizzare il restauro conservativo del tetto della chiesa e del campanile. E per benedire il busto in bronzo dedicato a don Giuseppe Pavanello». A dare risalto e smalto alla festa è stata la desiderata e significativa presenza del vescovo Claudio Cipolla e poi la partecipazione anche delle autorità civili. «Si è celebrata una messa solenne di ringraziamento nella chiesa di San Salvaro, seguita con un maxi-schermo nel cortile del monastero anche da quanti non hanno potuto entrare. Il vescovo ha pronunciato un’omelia commovente, sottolineando l’importanza della comunità parrocchiale e del necessario apporto di tutti perché sia viva, unita, operosa e feconda di bene. Alla fine il vescovo con tutto il popolo si è spostato al monumento edificato a don Giuseppe Pavanello per benedire il suo busto di bronzo».

Una chiesa con una lunga storia

La storia della chiesa di San Salvaro è legata all’adiacente monastero, che affonda la sua storia agli inizi del secondo millennio. «Questo monastero – spiega don Vigolo – venne fondato attorno all’anno Mille e la sua prima menzione ufficiale la troviamo in un documento che risale al 1084. Il terreno fu donato perché vi si edificasse una schola sacerdotum, una specie di seminario, che fu retto fin dall’inizio dai monaci Agostiniani Portuensi». 

Nel 1407, anno in cui la Repubblica Serenissima di Venezia annette i territori di Padova e Verona che appartenevano rispettivamente ai Carraresi e agli Scaligeri, papa Gregorio XII permette il cambio di gestione del monastero ai monaci Camaldolesi cenobiti di Murano. «Da notare che le sorti del monastero di San Salvaro sono legate sempre anche all’abbazia di Santa Maria delle Carceri” di cui era, diremmo oggi, una filiale». Fino alla fine del 17° secolo, il monastero di San Salvaro visse un periodo di straordinaria floridezza: nel 1569 l’abate di allora decide di restaurare la chiesa, innalzarne il tetto e darle la forma attuale. I monaci facevano lavorare e produrre i campi di cui era dotato il monastero e praticavano anche l’ospitalità per i pellegrini in viaggio verso Santiago de Compostela. Nel 1690, per volontà di papa Alessandro VIII, sia il monastero di San Salvaro che l’abbazia di Carceri vennero soppressi e, nel 1693, furono acquistati dalla famiglia dei conti Carminati, che trasformarono i possedimenti dei due centri monastici in grandi aziende agricole per ben tre secoli. «Arriviamo così al 1995, quando, i conti Carminati, già del ramo Bellini, decidono di mettere in vendita il monastero, che nel frattempo era caduto in disuso. L’allora parroco don Giuseppe Pavanello acquistò il monastero con la compartecipazione del Comune e insieme progettarono il restauro di tutto il complesso che fu inaugurato nell’anno 2000. Attualmente il complesso del monastero restaurato comprende il centro parrocchiale, un centro di spiritualità e il Museo della antiche vie». 

Una festa ben riuscita
La Festa del ringraziamento si è concretizzata, oltre che nella messa della domenica mattina, anche in altri appuntamenti: il teatro popolare al venerdì sera, la lirica al sabato e la “Cena in riva al Fratta” – con fuochi d'artificio a seguire – a conclusione dei tre giorni. «Grazie alla pro loco di San Salvaro e quanti hanno dato il loro contributo».

Don Pavanello
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Nato a Casale di Scodosia il 18 febbraio 1935, don Giuseppe è stato parroco di San Salvaro per 38 anni, dal 1967 al 2005. Ha offerto pienamente la vita alla comunità, curata con dedizione e impegno con amore e zelo pastorale; ma il
bene che don Giuseppe ha profuso è andato ben oltre i confini di San Salvaro: la presenza di migliaia di persone al suo funerale ne è stata la testimonianza più evidente. Il busto inaugurato il 26 giugno è un’opera in bronzo dello scultore Franco Trevisan di Montagnana, in memoria del suo compianto fratello Gianemilio, il quale era profondamente legato a don Giuseppe.

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