Seminari, il dibattito è aperto. La parola a mons. Giampaolo Dianin, rettore del Seminario di Padova

Il clero di domani. Mons. Giampaolo Dianin, rettore del Seminario di Padova: «Il clima è pesante e le generalizzazioni feriscono. Lavoriamo sulle motivazioni profonde alla base della vocazione, mentre chi ha motivazioni ambigue o fragili si mette più facilmente in discussione». La centralità della formazione permanente del clero e il giusto «spirito critico» che i fedeli devono sempre conservare nei confronti del prete. Attenzione alle fragilità affettive e a gesti fino a ieri segno di una ricca umanità e oggi interpretabili come forme di abuso

Seminari, il dibattito è aperto. La parola a mons. Giampaolo Dianin, rettore del Seminario di Padova

Le dense nubi che si sono accumulate sulla Chiesa a partire dai primi anni Duemila, con l’emergere dei ripetuti scandali legati agli abusi commessi dai membri del clero, hanno generato un «clima pesante» anche per chi si prepara a diventare prete. Il tema dell’abuso, non solo a sfondo sessuale, ma anche di potere e di coscienza, è cruciale nella formazione del clero di domani, come conferma il rettore del Seminario di Padova, mons. Giampaolo Dianin.

«Sui temi affettivi, sul celibato, sull’omosessualità, il confronto c’è ed è costante tra noi rettori del Triveneto – spiega – Non credo che ci siano casi di pedofilia tra i nostri seminaristi, se ce ne fossero il cammino verrebbe subito interrotto. Lavoriamo invece su forme di immaturità affettiva e anche su comportamenti che fino a ieri erano ritenuti espressione di una ricca umanità ma che oggi rischiano di essere interpretati come forme di abuso. Purtroppo oggi anche una mano sulla spalla di un minore può diventare un problema. La vigilanza è molto forte nei seminari minori dove l’attenzione anche alla gestualità diventa importante e mai scontata».

La parola abuso accostata al clero evoca immediatamente la sfera sessuale e l'implicazione di minori. In realtà, come messo più volte in luce da papa Francesco, esistono abusi di potere e di coscienza altrettanto gravi.
«È vero che l’abuso non è solo sessuale ma molto più ampio. Ci sono oggi e ci sono sempre stati giovani candidati al presbiterato con personalità forti che tendono naturalmente a essere leader. Il rischio è che un domani attorno a loro si ritrovino persone che si fidano e si affidano, che trovano un riferimento sicuro e spesso mettono tra parentesi un doveroso e sempre necessario spirito critico. In questi casi è facile manipolare le persone e le coscienze anche perché l’ambito religioso si presta, in gioco ci sono “passioni forti”. Queste personalità di solito “esplodono” dopo qualche anno di ministero. Non è facile per noi educatori trovare un giusto equilibrio tra il rispetto e la valorizzazione dei carismi di ciascuno e l’atteggiamento e stile del servizio alla vita e al cammino delle persone che dovrebbe abitare la vita di un prete. Quando succedono casi che fanno notizia spesso il dito viene puntato sul Seminario come se dovessero uscire dalla formazione iniziale persone complete e mature; sarebbe come dire che se un matrimonio fallisce la colpa è del corso per fidanzati. C’è una formazione iniziale e c’è una formazione permanente altrettanto importante perché interviene negli incroci della vita. C’è un’evoluzione e maturazione delle persone che non è mai terminata».

Come vivono il clima di oggi i ragazzi in cammino verso il presbiterato?
«Il clima oggi è certamente pesante. I fatti di cronaca feriscono molto ma soprattutto fa male la facile generalizzazione che porta a dire: “Tutti i preti sono…”. Questo ci chiede di lavorare tanto sulle motivazioni profonde della propria risposta vocazionale perché non solo è venuto meno quel rispetto che c’era verso il prete ma siamo arrivati a un facile disprezzo, come se dietro questa scelta si nascondessero sempre arcani misteri e problematiche. Va anche detto che questo contesto purifica molto, mette in discussione chi ha motivazioni ambigue, fragili o solo esteriori, provoca a essere veri con gli educatori».

Come avviene il discernimento prima di ammettere un giovane al sacramento dell’ordine?
«Il discernimento è molto accurato. C’è un’equipe educativa, quasi tutti i seminaristi scelgono l’opportunità che viene loro data di un accompagnamento psicologico. Quando vediamo piccole forme di ambiguità non facciamo sconti: queste cose vanno affrontate».

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