«Sì, Signore, io credo». Il vescovo Claudio ha incontrato sei giovani di Montegrotto, Mezzavia e Turri in cammino con "Simbolo"

Il vescovo Claudio ha incontrato sei giovani di Montegrotto, Mezzavia e Turri che camminano secondo “Simbolo”, le linee progettuali di pastorale giovanile

«Sì, Signore, io credo». Il vescovo Claudio ha incontrato sei giovani di Montegrotto, Mezzavia e Turri in cammino con "Simbolo"

«Sì, io credo!». Questa sarà la frase, forte, di impatto, coraggiosa, che alcuni giovani pronunceranno alla Veglia dei giovani il prossimo 21 novembre. Sarà la loro professione di fede pubblica, davanti ai coetanei e al vescovo Claudio. Per arrivare a questo traguardo hanno seguito il cammino del “Simbolo”, così come è delineato dalle Linee progettuali di pastorale dei giovani. «Sono state illustrate ai 700 partecipanti alla veglia dello scorso anno e sono il frutto del lavoro del Sinodo dei giovani – spiega don Paolo Zaramella, direttore dell’ufficio diocesano di Pastorale dei Giovani – Da lì c’è stata una lunga fase di gestazione che ha portato a un primo momento di sperimentazione, che ha attraversato anche la tempesta della pandemia, fino ad arrivare alla veglia. Il vescovo sostiene le linee progettuali e il desiderio è che le comunità della nostra Diocesi le assumano per l’accompagnamento e la formazione dei nostri giovani». La meta è il Simbolo, appunto, cioè dire la propria personale professione di fede. E qui ci si arriva dopo un percorso di un po’ di tempo, in cui si ha l’opportunità di riscoprire cosa significa credere in Gesù. Una trentina le parrocchie che avevano manifestato il desiderio di aderire al progetto, poi la pandemia ha bloccato tutto, ma a Montegrotto-Mezzavia-Turri e Sant’Agostino di Albignasego il cammino si è avviato. E proprio nei giorni scorsi il vescovo Claudio ha incontrato in episcopio sei giovani fra i 22 e i 25 anni (tre di Montegrotto, uno di Mezzavia e due di Turri) che sono tuttora in cammino, insieme al loro vicario parrocchiale, don Sebastiano Bertin e tre adulti testimoni che nel progetto hanno un ruolo chiave. «Ho iniziato il percorso perché mi sembrava il momento giusto – racconta Elisa Paggiaro, 24 anni, laureata in scienze sociologiche, lavora nell’ambito delle risorse umane in una cooperativa sociale, animatrice e catechista in parrocchia – pensavo mi servisse per fare chiarezza nella fede e nell’affrontare la vita di tutti i giorni con punti di vista diversi. Dopo gli studi, finita l’università, trovato un lavoro, mi sono detta: ora inizia la vita vera e questo percorso mi permette di mettermi in gioco. Ho capito anche qual è l’obiettivo del vescovo: rendere le persone più consapevoli della propria fede e avvicinarsi a essa non solo per cultura e tradizione. Crede molto in noi e ci dà fiducia perché questo è un percorso di coraggio: nella nostra società e fra i coetanei non è così facile esplicitare il proprio credo! Non si parla facilmente di fede, ma quando lo fai ti metti a nudo, ti fai conoscere senza filtri». Tre gli ingredienti fondamentali e caratterizzanti il percorso: la dimensione personale, cioè l’autoformazione e l’assunzione diretta di responsabilità; il supporto di tre figure: l’accompagnatore spirituale, il testimone adulto, cioè una “spalla” che supporta e condivide la propria esperienza di fede, e il parroco; le esperienze di vita fraterna e vita comunitaria. È un percorso individuale, ma prevede la condivisione nel gruppo. Non si è soli. «Per me è una responsabilità – dice Andrea Incannova, 24 anni, cuoco, da sempre impegnato in parrocchia come animatore, membro del consiglio pastorale – una sfida nel riuscire a capire come la fede si manifesta nel quotidiano e come posso testimoniarla anche nel mio lavoro. Ma è anche rigenerazione, stimolo. Quale linfa mi porterà questo cammino? Mi aspetto di riuscire a vivere la presenza di Dio, darle un nome, parlarne anche con altri, essere buon testimone. Non sono sicuro di riuscirci, ma ci proverò! La professione pubblica? La vedo come uno spogliarsi di tutti i pesi, le paure e le indecisioni, come ha fatto san Francesco. È un mettersi a nudo: non sarà facile, non tanto la professione in sé, quanto poi essere fedeli nella vita, mantenersi nel cammino».

Lettera ai presbiteri perché facciano conoscere “Simbolo”
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In vista della Veglia dei giovani del 21 novembre, l’ufficio di Pastorale dei giovani ha inviato ai presbiteri e al consiglio pastorale diocesano una lettera per dare ulteriore stimolo al “Simbolo” e segnalare giovani della comunità che siano pronti per testimoniare la loro fede. I giovani parteciperanno a un ritiro spirituale di mezza giornata fra settembre e ottobre. Info giovanipadova.it/simbolo/

Accompagnare al Signore tra discese e salite

«Questo è un percorso esigente – afferma don Sebastiano Bertin– ma ne vale la pena. Dobbiamo crederci. La chiave è fare il passo giusto in base alla persona. Non c’è uno schema, si cammina, ma alle volte ci si infanga anche. Nostro compito è accompagnare nelle discese e anche nelle salite per cercare il Signore nella vita».

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