Si chiude l'anno pastorale, anche per la catechesi. Continuiamo a fare strada insieme

Non è stato facile ripartire dopo il Covid, ma – con calma sapiente, mettendosi in ascolto e curando i legami – si è camminato. In parrocchia, vicariato, Diocesi. Uno sguardo all’anno pastorale che si conclude e nel quale, su queste pagine, è stato dedicato spazio a una rilettura – dopo quasi dieci anni – del cammino di iniziazione cristiana

Si chiude l'anno pastorale, anche per la catechesi. Continuiamo a fare strada insieme

Si sente ripetere spesso, negli ultimi tempi, un pensiero di papa Francesco: non stiamo vivendo un’epoca di cambiamenti, ma un cambiamento d’epoca! Penso che non servano tanti commenti; è sotto gli occhi di tutti che la “società cristiana” a cui eravamo abituati (almeno i più adulti tra noi) non c’è più. Forse sotto sotto speriamo ancora che tutto ritorni come prima; ma non succederà. Proprio per rispondere a questo cambiamento epocale, da ormai nove anni la nostra Diocesi ha rinnovato il catechismo, “trasformandolo” in un cammino di iniziazione cristiana (Ic). Da settembre 2021 abbiamo dedicato le pagine di “Speciale catechesi” proprio a ripercorrere questo cammino; ringraziamo La Difesa del popolo che ci ha ospitati, permettendoci di far conoscere un po’ di più il percorso a tutti, e non solo agli addetti ai lavori. Serviva ritornarci su, dopo quasi dieci anni: per conoscere meglio le tappe del cammino, per ricordarci i motivi che ci hanno spinto a iniziarlo, per non idealizzare il passato (operazione sempre facile, ma realisticamente poco utile).

L’anno pastorale che abbiamo iniziato a settembre è stato caratterizzato anche da una fatica in più: dovevamo recuperare i cocci, perché i mesi di lockdown e poi l’incertezza della ripresa avevano sballato tempi e percorsi dei gruppi di iniziazione cristiana, come di tutto il resto della nostra vita. Abbiamo affrontato la fatica di riprendere; la stanchezza fisica e mentale; un nuovo periodo di complicazioni tra gennaio e febbraio, con la nuova ondata di Covid. Tutto questo ci aveva portati, fin da settembre, a puntare su due aspetti: da un lato volevamo riprendere con calma sapiente, senza fretta; dall’altro dare spazio all’ascolto e alla cura dei legami. Abbiamo ridotto gli impegni, almeno come ufficio pastorale; abbiamo cercato di non occupare tutti gli spazi, per lasciare alle parrocchie e ai vicariati un tempo in cui ritrovarsi, incontrarsi di nuovo, chiedersi insieme che cosa è importante e che cosa invece si può serenamente lasciare.

A livello diocesano, guardando a questo anno ci accorgiamo che si sono rinforzate alcune collaborazioni con altri uffici, dalla famiglia alla liturgia, passando per Caritas e missioni; senza saltare ecumenismo, pastorale giovanile e Azione cattolica. Il nostro è uno degli uffici pastorali della curia; siamo coordinati da don Leopoldo Voltan, con cui ci confrontiamo costantemente; anche con il vescovo Claudio c’è stato un confronto sereno e puntuale. Lo dico perché è importante sapere che nessuno di noi si inventa la strada: progettiamo insieme, come Diocesi, verso dove andare. Il Sinodo iniziato il 5 giugno ha proprio questo come obiettivo. Lo slogan di quest’anno era preso dalla storia di Abramo: «E possa tu essere una benedizione» (Gen 12,1-4). Anche se da settembre prenderemo un’altra frase come idea-guida, rimane il desiderio che ciascuno di noi possa essere benedizione per coloro che lo incontrano. È questo il nostro augurio.

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