Sostegno sociale parrocchiale. Carità, le parrocchie hanno risposto con forza

Sostegno sociale parrocchiale. 263 le parrocchie che hanno ricevuto dalla Diocesi un contributo economico, con l’impegno di raddoppiarlo, per aiutare le persone in difficoltà. Consegnati 847.850 euro di fondi dell’8 per mille. Raccolti dalle parrocchie 649.409 euro. E si continua

Sostegno sociale parrocchiale. Carità, le parrocchie hanno risposto con forza

I numeri sono importanti, ma i numeri da soli non bastano. Specialmente quando ci si trova a raccontare l’impegno della Chiesa di Padova nell’anno della pandemia, di come abbia messo a frutto 2 milioni di euro di fondi straordinari dell’8 per mille, di come abbia coinvolto e responsabilizzato le comunità con il Sostegno sociale parrocchiale, di come abbia trasformato la crisi in un momento di crescita.

Eppure, per onore di giustizia, è dai numeri che dobbiamo partire. La Conferenza episcopale italiana ha stanziato nell’aprile dello scorso anno 156 milioni di euro, derivanti da fondi dell’8 per mille, e li ha distribuiti proporzionalmente nelle Diocesi italiane. Di questi, 2 milioni e 72 mila euro sono stati destinati alla Chiesa di Padova, che ha costituito due fondi. Il primo, di 1 milione di euro, è servito a costituire e ad alimentare il Sostegno sociale parrocchiale; il secondo, con i restanti 1 milione e 72 mila euro, per aiutare le comunità parrocchiali e gli enti più in difficoltà dopo l’emergenza Covid.

Ben 263 parrocchie – sulle 459 totali – hanno aderito al Sostegno sociale parrocchiale, ricevendo dalla Diocesi un contributo pari a un euro per abitante, con l’impegno a raddoppiarlo – tramite collette e iniziative varie nella comunità – con cui alimentare prestiti sulla fiducia, pagamento di utenze domestiche, affitti, spese condominiali, spese sanitarie e per generi alimentari. Di queste, 57 parrocchie hanno anche ottenuto contributi per progetti personalizzati di accompagnamento. Per il Sostegno sociale parrocchiale sono stati così erogati 847.850 euro, dei quali 703.511 per i contributi standard e 144.339 per i progetti personalizzati. A questi fondi si aggiungono i 649.409 raccolti dalle parrocchie, ma le collette sono ancora in corso.

La risposta delle parrocchie è stata sorprendente: «La nostra sensazione – ha spiegato il direttore di Caritas Padova, Lorenzo Rampon – è che molte comunità che prima non avevano forme di sostegno al reddito abbiano scelto di impegnarsi, mettere in piedi una commissione e chiedere questi contributi. Le commissioni hanno prima di tutto rilevato, e continuano a rilevare, i bisogni dei territori». E tra questi bisogni si fanno sempre più strada quelli di natura sanitaria: «Già prima del Covid l’impoverimento della popolazione faceva da ostacolo al diritto alla salute, con tante persone che rinunciavano alle visite sanitarie. Ora le difficoltà sono aumentate».

«Ho colto subito che si trattava di una grande opportunità non solo per aiutare, ma anche per crescere come Chiesa e come cristiani – osserva il vescovo Claudio Cipolla – Siamo consapevoli che non si tratta di rispondere solo nell’immediato, ma nel lungo periodo, dove potrebbero manifestarsi disagi ancora più grandi di quelli di cui abbiamo già avuto percezione». E per questo serve educare l’intera comunità, non accontentarsi del lavoro – prezioso – dei volontari: «Tutti quelli che vanno a messa la domenica diventano operatori di carità, tutti noi siamo chiamati ad aiutare chi è in difficoltà». La parola chiave diventa capillarità: «È un guadagno del nostro passato questo poter essere in mezzo alle case, tra la gente. Le nostre parrocchie non devono solo accogliere le persone che hanno bisogno, ma devono anche andarle a cercare. Tutti i cristiani possono rendersi presenti, ascoltando quelle difficoltà che non si sono ancora palesate».

Del milione di euro messo a disposizione nel primo fondo, il rimanente è stato in parte (75 mila euro) destinato al sostegno nella fase di emergenza sanitaria a tre ospedali di Medici con l’Africa Cuamm in Etiopia, Tanzania e Uganda e il rimanente (circa 77 mila euro) sarà destinato ad altri progetti di carità in fase di definizione, sempre relativi alle conseguenze della pandemia.

Con il secondo fondo costituito dalla Diocesi, in totale 1 milione e 72 mila euro, sono state aiutate 141 parrocchie che versavano in grosse difficoltà per le conseguenze sanitarie, economiche e sociali connesse al Covid-19.

L’altra sfida, forse quella più importante, si gioca nelle teste e nei cuori della gente, più che nei loro portafogli: «Accanto all’assistenza c’è una particolare attenzione educativa di cui tenere conto – spiega il vescovo Claudio – ed è l’aspetto della responsabilità. Bisogna favorire una sensibilità e una cultura diversa nei confronti delle persone in difficoltà, che non vanno messe ai margini ma al centro della comunità. Bisogna cambiare il nostro modo di rapportarci nei loro confronti: chiedere che vengano riconosciuti i loro diritti fa parte di questo impegno educativo perché, come ricordava mons. Giovanni Nervo, non vada dato per carità ciò che è dovuto per giustizia. Il nostro patrimonio sono le persone e le loro relazioni. La nostra sfida è quella di creare un cuore più sensibile e un’attenzione più vera nei confronti di tutte le persone in difficoltà, comprese quelle che attraversano i Balcani e il mare e bussano al cuore dell’uomo, della società e delle comunità».

Capillarità

Una rete sempre più estesa nel territorio, sempre più attenta al vicino che soffre. Don Luca Facco, vicario per le relazioni con il territorio, osserva: «Non sappiamo mai chi potrebbe avere bisogno di aiuto, per questo è importante coinvolgere qualsiasi persona. La capillarità ci permette di raggiungere davvero tutti». E chiede un cambio di passo anche nel linguaggio: «La parola poveri ci sta a cuore, anche per il suo significato biblico, ma sarebbe più opportuno parlare di persone in difficoltà. Il rischio è, altrimenti, che le persone si sentano ghettizzate e giudicate: stanno invece vivendo un momento difficile che può capitare a tutti».

Trasparenza: è lo stile con cui muoversi come Chiesa

È importante sostenere e far crescere le comunità nella carità. Ma con la massima trasparenza: «Rendere conto di ciò che facciamo – spiega Vanna Ceretta, economo della Diocesi di Padova – è uno dei passaggi fondamentali a cui ci stiamo educando come Chiesa. Quelli dell’8 per mille sono soldi pubblici, che siamo chiamati a gestire bene. È questo lo stile che vogliamo avere».

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