Tempo di Pasqua. Al banchetto delle nozze dell’Agnello

Tempo di Pasqua Nel vespro si canta un inno che risuona di Scrittura e profuma di cibo di salvezza

Tempo di Pasqua. Al banchetto delle nozze dell’Agnello

«Deus providebit!» (“Dio provvederà”, Gn 22,8). Le parole di Abramo al figlio Isacco sono profezia compiuta a Pasqua. Per questo la Chiesa, nel vespro di questo tempo liturgico, canta un inno che risuona di Scrittura e profuma di cibo di salvezza eterna: «Alla cena dell’Agnello». La traduzione italiana ha perduto una parola: l’aggettivo “providi”. L’Agnello è provvido! Un aggettivo importante sul quale ci fa bene sostare e meditare. Col salmista confessiamo una speranza: «Gli occhi di tutti sono rivolti a te in attesa e tu provvedi loro il cibo a suo tempo» (Sal 144,15). Ma il tempo è adesso ed è tempo in cui la Chiesa vive la sua vocazione alla gioia: «Beati gli invitati al banchetto delle nozze dell’Agnello!» (Ap 19,9). Sant’Agostino così spiega questa cena nuziale: «Fu allora invitata la moltitudine di tutte le genti: essa riempì la Chiesa; e non ricevette dalla mensa del suo Signore vili pietanze o vini scadenti, ma gustò la carne e il sangue dello stesso pastore, dello stesso Cristo immolato» (Discorso 372). Pasqua è esperienza da gustare in cui Cristo è sia colui che ci convoca a cenare sia il nutrimento offerto: «Banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti» (Is 25,6). Pane che è «corpo santissimo infuocato» che si consuma, per noi, sull’altare della Croce. Vino che è «cruore roseo» (sangue roseo), sangue vivo che scorre, per noi, dall’albero di vita. Siamo il nuovo Israele e oggi, come fecero i nostri padri, «attraversato il Mar Rosso, cantiamo a Cristo Signore». Un’esperienza che ci ha trasformati e rivestiti: non più nudi e colmi di vergogna come i progenitori ma «avvolti in bianche vesti». Un’esperienza che ci mette ancora in cammino per essere pellegrini in questo tempo, testimoni e segno di contraddizione nel mondo.

don Claudio Campesato

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