Fatti

I tavoli delle procure di tutto il Veneto continuano ogni giorno a ricevere i fascicoli dei morti di mesotelioma, malattia provocata dalle inalazioni di amianto. Sono i lavoratori di Breda-Fincantieri di Venezia Marghera; delle Officine meccaniche della Stanga di Padova e Cittadella; dell’Edilit ancora di Padova; della Fervet di Castelfranco; delle Officine ferroviarie di Verona.

Parla Giovanni Guaita, sacerdote ortodosso di Mosca, autore e firmatario di una lettera in cui 300 chierici ortodossi (sacerdoti e diaconi) chiedono la pace e l’interruzione del conflitto in Ucraina. Sul “silenzio” del Patriarcato di Mosca, dice: “Bisogna considerare il fatto che il Patriarca Kirill si trova a capo di una Chiesa che vive in Ucraina, ma anche in Russia e in Bielorussia. Dunque, si trova in una posizione estremamente delicata, difficile e scomoda”. “Ma la Chiesa – aggiunge - non è soltanto il Papa o il Patriarca. La Chiesa è: dove due o più sono uniti nel nome di Gesù Cristo. C’è una opinione pubblica anche all’interno della Chiesa che sta maturando e che sta a mio avviso crescendo”.

Le organizzazioni sono impegnate per offrire sostegno umanitario a bambini, bambine e famiglie in fuga, distribuiscono beni di prima necessità e kit igienici. Presenti anche mediatori culturali per le situazioni più difficili. Attraverso il Valico Fernetti, a Trieste, sono arrivati già in migliaia, il 40% sono bambini 

Il monastero degli Orionini nella città ucraina è diventato un punto di approdo per tante persone che fuggono dalle bombe. Preghiera, accoglienza, aiuti materiali: occorre prodigarsi per ridare un po’ di speranza nella tragedia della guerra. “Di notte non dormo, non per paura delle bombe, ma perché penso a tutto quello che c’è da fare”, confessa don Moreno Catellan. “Ogni mezzora arrivano cinque o sei richieste per accogliere persone da ogni parte del Paese. C’è chi resta e chi invece si organizza per ripartire”

Dall’inferno ucraino, tante sono le voci che gridano al mondo chi sono le donne ucraine. Una di loro è Inna Mamchyn, 38 anni, avvocato che lavora nella Scuola di Bioetica dell'Università Cattolica ucraina e vive nella regione di Lviv (Leopoli), vicino al confine occidentale. Suo marito è un sacerdote cattolico della Chiesa greco cattolica

A tutti i valichi di frontiera con l’Ucraina i cellulari strillano in continuazione. Quelli che chiamano sono spesso amici o conoscenti, o addirittura degli sconosciuti amici di un qualche parente dei profughi. Telefonano per concordare il modo di ritrovarsi una volta i profughi saranno passati dalla parte polacca del confine. Ma i cellulari strillano anche quando cadono i missili in Ucraina dove è stata inventata un’applicazione speciale che avverte dei bombardamenti, quando bisogna scendere nei sotterranei e nascondersi nelle cantine, in attesa della fine dell’attacco

“Tutte le parti devono garantire che il passaggio sia organizzato in modo effettivamente sicuro”. Così Carlotta Sami, portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unchr) commenta al Sir la tregua momentanea concessa dalla Russia in Ucraina per l’apertura di sei corridoi umanitari, indirizzati solo verso la Russia e la Bielorussia. Il governo di Kiev però li rifiuta, considerando la proposta “completamente immorale”.