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Invece di pensare a cosa ci ha tolto il Covid-19, proviamo a mettere in fila quello che ci lascia e ci insegna. Abbiamo l’inedita possibilità di rispondere con autenticità a quello che finora era un test da spiaggia: cosa riportiamo in salvo di buono da mettere in valigia? Cosa trasportiamo nei giorni che verranno? Dov’è l’essenziale da recuperare quando tutto sarà finito?

Un sito raccoglie e diffonde le buone pratiche in uso nelle comunità africane per contenere il diffondersi del virus. Sono soluzioni creative, spesso piccole e a basso costo, ma che possono davvero porre un argine significativo. "Una resilienza che nasce dal basso", spiega l'ideatore, Federico Monica, perché in un Paese dove il distanziamento sociale è di difficile applicazione, "proposte semplici come il lavarsi le mani non sono più una banalità, ma possono fare la differenza". Ad oggi gli esempi di buone pratiche raccolte dal portale sono oltre 30.

Da sempre l'emissione di titoli di Stato targati Ue non piace ad alcuni Paesi del NordEuropa. Viene rifiutata per principio l'idea di diventare garanti della restituzione del denaro utilizzato da quegli “spendaccioni “ del SudEuropa. Si condivide l’emergenza, il dolore, il sostegno al lavoro. Non il debito futuro. Ognuno si tenga il suo

Le decine di persone sdraiate sull’asfalto del parcheggio di Las Vegas fino a due giorni fa erano ospiti della struttura della Caritas cittadina. Poi uno di loro è risultato positivo al Coronavirus e per evitare il diffondersi del contagio la struttura è stata chiusa. Mentre le centinaia di hotel della città sono vuoti e chiusi, 177 senzatetto dormono su un posto macchina. Al loro fianco i volontari della Caritas e il vescovo, mons. George Leo Thomas.

Sedici casi e due morti, una città, Mnin (Damasco) in quarantena: la Siria cerca di arginare il Coronavirus. Emanate severe restrizioni fino al coprifuoco che per questo week end (oggi e domani) è stato esteso da mezzogiorno alle 6 del mattino. L'allarme dell'Oms: "il sistema sanitario siriano è attivo al 50% a causa della guerra. Mancano dispositivi di protezione e ventilatori polmonari. Le sanzioni ostacolano il lavoro". L'impegno del nunzio apostolico, il card. Zenari e della Fondazione Avsi, in prima linea con il progetto "Ospedali Aperti"

La Chiesa della Bolivia non sarebbe la stessa senza il contributo di tanti missionari, laici, sacerdoti e appunto vescovi bergamaschi. Era il 1962, quando papa Giovanni XXIII chiese alla sua diocesi natale di aiutare la Chiesa boliviana. Partì un gemellaggio resistito nel tempo, e ancora solido: nel Paese andino attualmente sono presenti oltre trenta missionari, tra sacerdoti e laici, e tre vescovi, che raccontano come si vive al tempo del coronavirus. Con il cuore a Bergamo