25 aprile. Padova nella Resistenza: Maria Lazzari, una storia da riscoprire

Alla storia della Resistenza padovana non è ancora stata scritta la parola fine. Ad aggiungervi un interessante capitolo ci ha pensato lo storico Patrizio Zanella con il suo ultimo libro in cui ripercorre la vita di Maria Lazzari, una giovane donna la cui storia si è intrecciata a quella della parte migliore della città.

25 aprile. Padova nella Resistenza: Maria Lazzari, una storia da riscoprire

Sono passati 75 anni dal 25 aprile 1945, giorno della liberazione di Milano divenuto simbolo della liberazione nazionale dal giogo nazifascista, ma ancora non tutte le storie sono state raccontate.

Conosciamo i nomi dei grandi generali, degli statisti e magari pure dei santi ma spesso abbiamo dimenticato i nomi di quella moltitudine di persone perbene che, di fronte alla chiamata della loro coscienza, non si tirarono indietro.

È il caso di Maria Lazzari, padovana, esponente di quell'antifascismo diffuso e disarmato che nella città del Santo ebbe uno dei principali riferimenti nel francescano padre Placido Cortese.

Una donna nella resistenza 

Ai più Maria Lazzari ricorderà unicamente un istituto tecnico del Veneziano, che ne porta il nome, a molti purtroppo neppure quella piccola realtà di provincia.

Maria Lazzari nasce il 24 agosto 1903 a Padova. Il padre, Antonio Lazzari, è un tramviere dalle simpatie socialiste prima e comuniste poi, fra i promotori delle prime casse di mutuo soccorso della zona e della Camera del lavoro.

Sarà proprio l'impegno sociale e politico del padre ad avvicinare Maria alla vita civile della città, a cominciare dai festeggiamenti per il successo elettorale delle sinistre nelle elezioni del 1919.

Un impegno, quello della famiglia Lazzari, destinato a non scomparire neppure durante il ventennio fascista, quando all'oppressione della dittatura risposero con la clandestinità trasformando la loro casa in una delle sedi del Soccorso rosso cittadino.

La storia di Maria Lazzari si intreccia con quelle dell'avvocato Umberto Merlin – politico cattolico e attivo antifascista – presso il cui studio lavora e con quelle di altri personaggi di spicco della Padova di quegli anni, non ultimo l'accademico Concetto Marchesi.

Proprio al rettore dell'Università patavina e al suo gruppo Fra-Ma fu aggregata la giovane, occupandosi di ospitare nella sua casa gli ebrei perseguitati della città e di favorirne la fuga all'estero. Attività questa assai rischiosa, che mise la famiglia nel mirino delle forze dell'ordine e culminò con l'arresto e la deportazione nel campo di concentramento di Ravensbruck; durante il successivo trasferimento al campo di Bergen Belsen, Maria trovò la morte.

Il libro 

Per molti anni, decenni, di Maria Lazzari non si conosceva neppure il volto. Non una sua foto era sopravvissuta alla guerra, non un suo ritratto conosciuto alla stampa. Persino quando il comune di Padova decise di dedicarle un albero nel Giardino dei giusti, l'unica testimonianza a disposizione erano le memorie della sorella Parisina Lazzari e alcuni scritti della giovane Maria, compresa una lettera indirizzata alla figlia e lasciata cadere dal treno piombato che la conduceva al campo di concentramento.

C'è voluto l'intervento di uno storico come Patrizio Zanella – giornalista e docente di religione cattolica proprio all'istituto tecnico Maria Lazzari di Dolo – per dare prima un volto e poi una storia alla giovane padovana. Nel suo saggio Maria Lazzari, storia di una deportata antifascista , pubblicato dalle Edizioni Messaggero di Padova, Zanella ripercorre tanto la vita di Maria e della sua famiglia quanto le vicende di una città e di una comunità che di fronte alla sproporzione dei mezzi e alla tracotante arroganza e violenza del regime opposero unicamente la forza delle loro coscienze.

Particolarmente toccante il brano che l'autore dedica all'incontro fra Maria Lazzari e padre Placido Cortese nelle prigioni triestine, dove il frate francescano troverà la morte a seguito di brutali torture.

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