3 Ottobre. Ong in piazza: “Salvare vite non è un optional”

Le organizzazioni che salvano vite in mare scendono in piazza per manifestare il diritto al soccorso nel Mediterraneo. Sea-Watch, Open Arms, Medici Senza Frontiere e Mediterranea chiedono un confronto con il Governo italiano dopo gli ultimi naufragi

3 Ottobre. Ong in piazza: “Salvare vite non è un optional”

Nel Mediterraneo centrale si continua a morire. Secondo l'ultimo rapporto di Alarm Phone, solo tra il 14 e il 25 settembre avrebbero perso la vita in mare circa duecento persone. Nello stesso periodo, sono emerse le proposte del nuovo Decreto sull’Immigrazione in Italia “che non ha fatto alcun passo avanti verso gli obblighi del soccorso in mare, sottoscrivendo invece la strategia italiana del blocco delle navi della società civile”, si legge in una nota congiunta delle ong che operano in mare. Sea-Watch, Open Arms, Medici Senza Frontiere e Mediterranea scenderanno in piazza in occasione del 3 ottobre, per “chiedere un confronto serio con il Governo italiano”. I partecipanti saranno a Roma in Piazza dei Santi Apostoli, a Milano in Piazza dei Mercanti, nella mattina a Padova, Brescia e Palermo e nel pomeriggio a Trento, Catania, Modena, Pescara e Cesena.   “Sette anni dopo la strage di Lampedusa – si legge nel comunicato -il Mediterraneo resta uno dei più grandi cimiteri al mondo, a nulla vale la presenza, fino nella rada del porto di Tripoli, di mezzi militari italiani ed europei ad evitarlo. A nulla vale il fatto che i voli di ricognizione aerea dell’Agenzia Frontex e di Eunavformed siano in grado di controllare ogni movimento che avviene dalle coste della Libia, di fatto facilitando il respingimento illegale delle persone per procura. A nulla valgono gli imbarazzanti tentativi, nonostante i pareri contrari delle Nazioni Unite, di far passare la Guardia costiera libica come una legittima autorità in grado di soccorrere nel rispetto della vita e della dignità umana. Sappiamo tutti che non soccorre ma cattura e riporta forzatamente nei centri di detenzione in Libia tutti coloro che si mettono in mare per fuggire a schiavitù, torture, violenza e sfruttamento”.  Nello specifico, le organizzazioni umanitarie chiedono: il riconoscimento istituzionale della necessità del soccorso in mare; la fine del blocco delle navi e degli aerei delle organizzazioni della società civile europea; l’immediata assistenza e assegnazione di un porto sicuro entro le 24 ore per tutti i mezzi navali che si trovassero a operare soccorsi in mare, al di là della loro classificazione, e la riattivazione di un meccanismo europeo per la salvaguardia della vita in mare lungo la rotta del Mediterraneo centrale.Chiara Capuani

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)