8 marzo: la forza delle donne afghane, che superano i tabù in sella a una bici

“I fiori di Kabul” racconta la storia della prima squadra femminile afghana di ciclismo attraverso il personaggio di Maryam e il suo incontro con una donna straniera, che sta attraversando il paese in bicicletta. Così nasce il desiderio di emancipazione e la sua piccola, silenziosa rivoluzione. Autore è Gabriele Clima, edizioni Einaudi

8 marzo: la forza delle donne afghane, che superano i tabù in sella a una bici

In sella a una bici si può fare la rivoluzione: e quando in bici c'è una donna, che pedala in Afghanistan, rivoluzione fa rima con emancipazione. E' la storia che viene raccontata nel romanzo “I fiori di Kabul”, scritto da Gabriele Clima ed edito da Einaudi ragazzi. Un romanzo, appunto, sulla forza delle donne che sfidano i tabù a cavallo di una bicicletta. Protagonista è Maryam, una giovane di Kabul: un giorno a casa sua bussa una donna straniera: chiede ospitalità per una notte, sta attraversando l’Afghanistan in bicicletta. Alle donne, in Afghanistan, è vietato andare in bicicletta; è vietato protestare, fare sport in pubblico, andare in giro senza un uomo. Sarà proprio quest'incontro a suggerire a Maryam che questo non è giusto e che le cose si possono cambiare.

Così, quando sarà abbastanza grande per prendere le sue decisioni, sceglierà proprio una bicicletta come strumento di emancipazione: non per un semplice viaggio, ma per una piccola rivoluzione silenziosa, attraverso uno dei Paesi con la più alta discriminazione di genere del mondo.

Se Maryam è un nome di invenzione, è invece una realtà viva e battagliera ad avere ispirato il suo personaggio: quella della prima squadra femminile afghana di ciclismo, un gruppo di ragazze che quattro volte a settimana mettono il casco sopra il velo e si allenano per sei ore. Ma non sono i risultati sportivi in sé ad aver procurato loro una candidatura al Nobel per la pace, nel 2016. I chilometri macinati sulle bici sono il loro modo di abbattere i pregiudizi. Perché le vere difficoltà da sfidare ogni giorno non sono le buche e le salite, ma il disprezzo e le minacce di chi in Afghanistan considera scandaloso che una donna stia in sella a una bici. Anche la straniera misteriosa del libro in realtà ha un nome e un cognome: si chiama Shannon Galpin ed è un’attivista americana che si batte da anni per i diritti delle donne in Afghanistan, anche tramite lo sport.

Esattamente un anno fa, all’inizio del 2020, aveva destato grande orgoglio nazionale la notizia che la Federazione Ciclistica Italiana avrebbe accolto queste ragazze formidabili per alcuni mesi di allenamento, dopo che le bici della squadra erano state preda di atti di vandalismo. Purtroppo il Covid non ha permesso il loro arrivo nel nostro Paese. Ma l'appuntamento è solo rinviato.

Chiara Ludovisi

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)