Accoglienza, “noi sulle montagne russe. Tre decreti in quattro anni”

Il Decreto Lamorgese prevede il ritorno della protezione umanitaria e nuove fattispecie di protezione speciale. Quali saranno le ricadute sul territorio? Nicolini (Asp Bologna): “Per riorganizzarci aspettiamo i decreti attuativi. Ancora tanta incertezza”

Accoglienza, “noi sulle montagne russe. Tre decreti in quattro anni”

Cosa cambia nel diritto dell’immigrazione e protezione internazionale con il decreto Lamorgese? Quali le novità e i possibili scenari che la nuova normativa introduce? “Per noi che ci occupiamo di accoglienza è come stare sulle montagne russe: abbiamo dovuto adattarci a cambiamenti improvvisi”, sintetizza Giuseppe Nicolini di Asp, l’Azienda pubblica di servizi alla persona di Bologna. E questo perché, in pochi anni, si sono susseguite tre diversi decreti in materia di immigrazione: il decreto Minniti del 2017, i decreti Salvini del 2018, il decreto Lamorgese solo poche settimane fa. Cambiamenti repentini che hanno comportato un adeguamento e una riorganizzazione altrettanto repentini da parte degli attori impegnati in questo ambito: dalle istituzioni alle realtà che si occupano d’accoglienza; dagli operatori a, naturalmente, le persone accolte.

Ma che cosa prevede, nello specifico, il decreto in vigore? Quali ricadute avrà sui territori? È per rispondere a questa domanda che Comune e Università hanno organizzato il webinar “Decreto Lamorgese. Quali novità per immigrazione e accoglienza?”. “Innanzitutto viene reintrodotta la norma che prevede il riconoscimento del diritto di asilo per motivi umanitari, oggetto della stretta del governo Salvini che l’aveva eliminata e sostituita con casi molto specifici di protezione speciale”, spiega Alessandro Fiorini dell’associazione Asilo in Europa. La modifica limita la revoca o il rifiuto del permesso di soggiorno quando ciò sia incompatibile con il diritto costituzionale italiano e gli obblighi internazionali. “Lo status di rifugiato e la protezione internazionale – continua Fiorini – sono previsti dalla nostra Costituzione e fanno parte degli obblighi internazionali del nostro paese. Certo, però, non esauriscono tutti i casi in cui c’è bisogno di protezione. Ecco che allora serve un ulteriore ombrello che ricomprenda in sé quelle situazioni che non rientrano in quelle due fattispecie. È il caso, per esempio, dei permessi di soggiorno riconosciuti per motivi umanitari”. Prima del 2018, infatti, il 25 per cento delle domande di richiesta di asilo erano accolte per motivi umanitari, una percentuale decisamente elevata. Quando la norma è stata eliminata e sostituita con la protezione sociale c’è stato un brusco calo: la protezione speciale è stata riconosciuta solo a pochissime domande, con conseguente respingimento delle altre.

Altro punto, la discrezionalità degli organi amministrativi: “Il legislatore del 2018 l’aveva considerata pericolosa – ricorda Fiorini –. Il nuovo decreto, invece, affida alle commissioni territoriali che valutano le domande di asilo nuovi margini interpretativi anche grazie all’introduzione di una fattispecie di protezione speciale che amplia le maglie delle indicazioni precedenti”. Questa, infatti, è stata estesa anche ai casi in cui l’allontanamento della persona straniera avrebbe come risultato una violazione del diritto alla sua vita privata e familiare. E questo rischio è valutato tenendo conto dell’effettività dei vincoli familiari dell’interessato, del suo inserimento sociale, della durata del soggiorno in Italia e dell’esistenza di legami familiari, sociali e culturali con il proprio Paese di origine.

“Vengono ritoccati anche altri permessi, rendendoli più accessibili: il permesso per cure mediche e il permesso per calamità naturale”, sottolinea Fiorini. Il permesso per cure mediche consentirà anche lo svolgimento di attività lavorativa, e non è più richiesta la presenza di “condizioni di salute di particolare gravità”, ma di “gravi condizioni di salute psico-fisiche o derivanti da gravi patologie”, aprendo a una definizione di salute che prende in considerazione anche il benessere mentale e globale della persona. Per quanto riguarda le calamità naturali, invece, il presupposto per la concessione del permesso non è più lo stato di calamità “eccezionale e contingente” del proprio Paese di origine, ma la semplice esistenza di una situazione di “gravità”, quindi anche non transitoria.

Per quanto riguarda il sistema di accoglienza sono istituiti i “Sai”, che sostituiscono gli ex Siproimi introdotti dai Decreti sicurezza. Sai sta per “sistemi di accoglienza e integrazione”, che ruotano attorno agli enti locali e del terzo settore. Il Siproimi, cioè il “sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati”, non poteva accogliere i richiedenti protezione internazionale e i titolari di protezione speciale. Ora il nuovo decreto afferma – riprendendo il principio del sistema unico di accoglienza del decreto legislativo n. 140 del 2015 – che le attività di prima assistenza continueranno a essere svolte nei centri governativi, per poi prevedere il trasferimento in un centro Sai. Il centro si articolerà in due livelli di prestazioni: il primo dedicato ai richiedenti asilo e il secondo a coloro che ne sono già titolari, con servizi aggiuntivi finalizzati all’integrazione.

“Siamo in attesa che vengano pubblicati i decreti attuativi per indicarci con precisione la direzione da prendere e sulla quale investire, perché le incertezze sono ancora molte – conclude Nicolini –. Sappiamo che, anche questa volta, tutto il mondo dell’accoglienza si farà trovare pronto”.

Medea Calzana

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)