Afghanistan, “una persona su due non ha accesso ai medicinali, l’86,5% si indebita per pagare le cure”

Il report di Emergency sull’accesso alle cure in Afghanistan. Le donne restano la categoria più vulnerabile. Povertà e crisi economica, episodi di conflitto e violenza, inadeguatezza del sistema sanitario, mancanza di trasporti: tutto ciò impedisce agli afghani di curarsi

Afghanistan, “una persona su due non ha accesso ai medicinali, l’86,5% si indebita per pagare le cure”

Un afgano su due non può acquistare i medicinali necessari per curarsi e 1 su 5 ha perso un parente o un amico che non è riuscito ad accedere alle cure di cui aveva bisogno; 5 su 10 hanno dovuto risparmiare su cibo e abbigliamento per poter pagare delle prestazioni sanitarie e 9 su 10 si sono dovuti indebitare chiedendo del denaro in prestito. Le donne rappresentano una delle fasce più vulnerabili, in particolare nella gestione della gravidanza. Questo racconta il report “Accesso alle cure in Afghanistan: la voce degli afgani in 10 province” di Emergency, che ha scattato una fotografia della situazione sanitaria nel Paese dopo il cambio di governo ad agosto 2021. La ricerca è stata effettuata in 20 delle sue strutture nelle 10 province in cui opera, attraverso la somministrazione di questionari e interviste a oltre 1.800 persone tra pazienti e staff sanitario di Emergency e degli ospedali pubblici

In Afghanistan, dove si stima che nel 2023 ci saranno 28.3 milioni di persone bisognose di aiuti umanitari, l’accesso alle cure per la popolazione è un percorso fatto di ostacoli e numerose barriere la cui origine risale a prima dell’agosto 2021 – afferma Emergency -. Curarsi è troppo costoso. Non ci sono ambulanze in caso di emergenza. Le strutture sono inadeguate, sprovviste di personale specializzato, macchinari, elettricità e acqua, soprattutto nelle zone rurali. Questa è l’eredità di 40 anni di guerra e di politiche inefficaci che hanno reso l’Afghanistan dipendente dagli aiuti internazionali e la sua popolazione estremamente vulnerabile”. 
“Dopo il ritiro delle forze internazionali e del cambio di governo dell’agosto 2021 le riserve dell’Afghanistan all’estero sono state congelate, le nuove autorità interdette dalla comunità internazionale e le delegazioni diplomatiche occidentali evacuate – dichiara Stefano Sozza, direttore del programma di Emergency in Afghanistan –. Attraverso questo report abbiamo deciso di dare voce agli afgani affinché il Paese torni a essere in cima alle priorità dell’agenda della comunità internazionale”.

L’organizzazione evidenzia come in un Paese che dipendeva da aiuti internazionali per il 75% della sua spesa pubblica, la condizione della popolazione è peggiorata a causa dell’aumento della povertà e della carenza di servizi essenziali. L’Ufficio per gli Affari Umanitari delle Nazioni Unite ha stimato che 17.6 milioni di afgani avranno necessità sanitarie gravi o estreme. A causa del conflitto, negli ultimi 20 anni l’accesso alle aree rurali, dove vive il 70% della popolazione afgana, è stato estremamente limitato, impedendo di raccogliere dati e informazioni sui bisogni di salute in modo strutturato. 
Per questa ragione, nel giugno 2022, Emergency e Crimedim hanno intrapreso uno studio per analizzare le principali barriere all’accesso alla salute nel Paese e come queste sono cambiate da agosto 2021. I dati sono stati raccolti negli ospedali e nelle cliniche di Emergency con questionari a pazienti e accompagnatori, e interviste allo staff di Emergency e ai direttori dei principali ospedali di Kabul e degli ospedali provinciali.  

Tra i risultati più importanti emersi sull’accesso alle cure nell’ultimo anno la barriera economica. Il 70% degli afgani intervistati ha rimandato le cure a causa dei costi e il 51% ha risparmiato su altri beni essenziali per potersele permettere. L'86,5% degli intervistati ha dovuto chiedere denaro in prestito e se un afgano su due non ha potuto acquistare i medicinali necessari a curarsi, uno su cinque ha affermato di aver perso un parente o un amico per il mancato accesso alle cure. Come spiega Hanif, field officer di Emergency a Kabul, “se ti rechi in farmacia con una prescrizione, ad esempio per un comune antibiotico del costo di 100 afgani, il farmacista ti chiederà di pagare 300 afgani: 100 andranno al dottore e 200 alla farmacia”. 

Continua Emergency: “Oltre l’80% degli intervistati risiede in zone rurali difficilmente collegate ai principali centri abitati e solo il 2% ha utilizzato ambulanze perché in numero insufficiente o scarsamente equipaggiate. Gli afgani si sentono generalmente più sicuri e raggiungono più facilmente aree precedentemente bloccate dalla guerra. Maggiore sicurezza ha portato a maggiore mobilità e a un sovraccarico degli ospedali pubblici, sulla carta completamente gratuiti. Il sistema sanitario non è però adeguato a rispondere ai bisogni della popolazione perché strutturalmente sarebbero necessarie più risorse di quelle disponibili. Ad esempio, un rifornimento di farmaci calcolato per un mese dura generalmente 10 giorni, obbligando i pazienti ad acquistare le medicine necessarie nelle farmacie, e il tempo dedicato a ogni paziente è diminuito per il carico eccessivo sulle spalle dei medici”.
“La provincia di Logar ospita circa 700.000 persone. Possiamo contare solo su 2 chirurghi e 1 ortopedico. Ciò significa che un chirurgo effettua 10 operazioni al giorno e non ha riposo”, aggiunge infatti il dottor Sedeq, direttore dell’ospedale provinciale di Logar

Dove si registrano ancora episodi di ostilità, l’insicurezza rimane in cima alle preoccupazioni; chi ha incontrato ostacoli nell’accesso alle cure nell’ultimo anno ha infatti identificato la paura del conflitto come prima barriera e il costo come seconda.
Oltre ai problemi strutturali che colpiscono l’intera popolazione, la mancanza di mezzi di trasporto sicuri ed efficienti, l’assenza di cliniche che offrano cure ostetriche per le future mamme nelle zone rurali e la diminuzione del potere d’acquisto (del 20% inferiore rispetto a quello degli uomini), rende la possibilità di accedere a cure tempestive ed efficaci per le afgane ancora più precaria. Il rapporto evidenzia che la gestione delle condizioni di salute materna è particolarmente preoccupante e spesso porta a decessi prevenibili. Sono stati infatti segnalati casi di donne decedute durante il travaglio mentre cercavano di raggiungere le strutture sanitarie e molte di loro non ricevono alcun tipo di supporto prenatale. 
“A volte capita che le madri portino da noi i bambini quando sono già molto malati, allora chiediamo loro: ‘Perché non lo hai portato qui due giorni fa quando hai iniziato a stare male? Rispondono: ‘È pericoloso e non avevamo mezzi di trasporto – racconta Nadera, infermiera pediatrica nel Centro di maternità di EMERGENCY ad Anabah –. Dallo scorso anno la situazione per le mamme nelle province di Kapisa, Parwan e Panshir è peggiorata drasticamente.” 

Il sistema sanitario soffre di carenze croniche, come l’inadeguatezza delle infrastrutture e la mancanza di strumenti diagnostici, che si sono recentemente aggravate con la “fuga dei cervelli” all’estero. “Abbiamo visto andarsene specialisti, medici, ingegneri del Paese. Questa è una grave perdita per l’Afghanistan – commenta la dottoressa Shakeeba, specializzanda in anestesia nel Centro chirurgico per vittime di guerra di Emergency a Kabul –.  Nella migliore delle ipotesi torneremo a riavere personale così qualificato tra 20, 30 anni. Stiamo perdendo letteralmente una, se non due, generazioni”.  

Emergency lavora da sempre per la formazione dello staff locale con corsi di specializzazione nelle proprie strutture; al momento sono attivi residency program in chirurgia, anestesia e rianimazione, ginecologia e pediatria. In totale l’organizzazione sta formando 36 specializzandi. “Da agosto 2021, con la conclusione delle ostilità, sono cambiati i bisogni sanitari degli afgani. I criteri di ammissione dei centri per vittime di guerra (in particolare nell’ospedale di Lashkar-gah) sono stati aperti anche al trauma civile che risulta essere tra i bisogni principali, insoddisfatti, dei pazienti”, afferma l’organizzazione. Tuttavia, durante il 2022 Emergency ha trattato nel suo Centro chirurgico per vittime di guerra di Kabul più di 13.700 pazienti, per un totale di oltre 2.700 ammissioni e oltre 5.000 operazioni chirurgiche. Queste ultime hanno riguardato per il 99% ferite da arma da fuoco, arma da taglio, da esplosione. Dati che testimoniano come nonostante la conclusione formale del conflitto si possa ancora parlare di “vittime di guerra e violenza”. Oltre 400 di queste sono stati bambini

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)