Agroalimentare sempre più ricco, ma i problemi non mancano. La filiera del cibo vale centinaia di miliardi, ma continuano le difficoltà interne

Il Made in Italy a tavola vale oggi – dice in una nota Coldiretti – quasi un quarto del Pil nazionale.

Agroalimentare sempre più ricco, ma i problemi non mancano. La filiera del cibo vale centinaia di miliardi, ma continuano le difficoltà interne

Prima ricchezza d’Italia. Così, stando ai coltivatori diretti, è la filiera nazionale del cibo. Un vero tesoro, una preziosità che tutto il mondo ci invidia. Qualcosa di unico che, tuttavia, non è esente da mille problemi. E che deve fare i conti non solo con la concorrenza (più o meno leale), ma anche con gli effetti di un’economia non certo favorevole. A mettere in fila numeri e dati sulla situazione  ci hanno pensato l’edizione 2023 di Tuttofood di Milano, ma anche la semplice cronaca.

Ricchezza, dunque. Che stando ai coltivatori significa un valore di 580 miliardi di euro nel 2022 nonostante le difficoltà legate alla pandemia e alla crisi energetica scatenata dalla guerra in Ucraina. Il Made in Italy a tavola vale oggi – dice in una nota Coldiretti – quasi un quarto del Pil nazionale e, dal campo alla tavola, vede impegnati ben 4 milioni di lavoratori in 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio. “Una rete diffusa lungo tutto il territorio – viene sottolineato -, che quotidianamente rifornisce i consumatori italiani ai quali i prodotti alimentari non sono mai mancati nonostante pandemia e guerra”. E che ha un successo crescente anche  all’estero. Sempre stando ai coltivatori, quest’anno le vendite all’estero avrebbero avuto una crescita +15%. Dovrebbe così essere superato il traguardo dei 60,7 miliardi fatto registrare nel 2022 in termini di esportazioni. I nostri produttori, in altri termini, spopolano in moltissimi mercati, soprattutto europei, come quelli di riso, grano duro e vino e di molte verdure e ortaggi tipici della dieta mediterranea come pomodori, melanzane, carciofi, cicoria fresca, indivie, sedano e finocchi. Grandi successi, dunque. Che devono però essere attentamente valutati almeno tenendo conto di altri due elementi.

Da una parte, infatti, sta il dilagare dei “falsi” prodotti alimentari italiani il cui giro d’affari avrebbe ormai raggiunto i 120 miliardi. Un’enormità – da valutare attentamente -, che ha di fatto un solo effetto: erodere quote di mercato ai veri prodotti agroalimentari italiani. E che quindi fa, in qualche modo, danno ai produttori nostrani. Una condizione che sarebbe anche “spinta della strana ‘alleanza’ tra Russia e Usa che – dice ancora Coldiretti -, divise dalla guerra in Ucraina, si classificano rispettivamente come il Paese dove le produzioni tricolore taroccate sono cresciute e di più nell’ultimo anno e quello in cui registrano i più elevati fatturati”.

Dall’altra, ancora una volta, c’è la situazione critica dei mercati alimentari italiani. Le difficoltà economiche delle famiglie avrebbero contribuito al crollo del 4,5% della produzione dell’industria alimentare nazionale in marzo. Situazione più che preoccupante, anche perché la diminuzione della produzione potrebbe alla lunga riflettersi anche sulla capacità di esportare. Ma non si tratta solo di questo. Le difficoltà di spesa, l’aumento dei costi di produzione e le tensioni sui mercati delle materie prime stanno continuando a provocare agitazioni per molti prodotti, primo tra tutti la pasta. Tanto che il governo è stato costretto a convocare un “tavolo” per cercare di calmierare i prezzi e mettendo d’accordo tutti. L’esecutivo, dopo la prima riunione della Commissione di allerta rapida per il monitoraggio dei prezzi, ha spiegato che “sta mettendo in campo tutte le misure possibili per evitare possibili speculazioni, soprattutto per i prodotti di largo consumo”. Pasta prima di tutto, appunto, i cui prezzi a marzo sono aumentati del 17,5% e ad aprile del 16,5%. E quella della pasta è davvero una situazione delicata, specchio di altre che potrebbero generarsi. Anche se, è stato detto sulla base di ultime rilevazioni, i prezzi di frumento duro e semola oltre che dell’energia stanno scendendo. Con le parti bloccate sulle rispettive posizioni: gli agricoltori che vogliono difendere il buon grano italiano, gli industriali che lamentano costi insostenibili e i consumatori che chiedono prezzi più bassi.

In definitiva, è vero che la filiera agroalimentare italiana è sempre più ricca e importante, ma è anche vero che questa ricchezza probabilmente non riguarda tutti.

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Fonte: Sir