Ancora bloccati i corridoi umanitari dall’Afghanistan: “Persone in pericolo di vita per cavilli burocratici”

L’assurda vicenda che coinvolge 1.200 persone in attesa di partire: nelle ambasciate italiane mancano le macchinette per prendere le impronte digitale e si posticipano le partenze. Miraglia (Arci): “Aspettano da mesi, i visti stanno per scadere non possono tornare in mano ai talebani”

Ancora bloccati i corridoi umanitari dall’Afghanistan: “Persone in pericolo di vita per cavilli burocratici”

“Sono una ragazza come milioni di altre ragazze afghane, ma sono diversa. Meglio dire che non sono come le altre ragazze. Sono una lesbica ritenuta colpevole dagli altri. Ho nascosto questo segreto per anni perché avevo paura. Avevo paura perché il mio crimine è punito con la morte e potrei anche essere lapidata in un istante. Nessuno può capire quanto sia difficile e dolorosa la vita in questa situazione per una ragazza che vive in un Paese che considera le donne senza valore. Ho paura che la mia famiglia sia in pericolo a causa mia”. Z., poco più che ventenne, si trova da gennaio in Iran. E’ una delle 1200 persone afghane, prevalentemente donne, che si trovano da mesi bloccate in Iran e Pakistan, in attesa dell’attivazione dei corridoi umanitari per l’Italia che dovrebbero salvarle. La sua testimonianza è stata raccolta da Arci, che denuncia l’immobilismo del governo nell’attivazione dei voli per far venire in sicurezza i rifugiati. 

“Dopo mesi di ritardi ora a frenare gli arrivi è la mancanza della macchina per prendere le impronte digitali, uno strumento che costa diecimila euro ma che la nostra ambasciata non ha a disposizione - spiega Filippo Miraglia, responsabile immigrazione di Arci -. Abbiamo chiesto al governo di far partire comunque i voli e poi prendere le impronte all’arrivo a Fiumicino, ma niente. Eppure di tutte queste persone possediamo documenti e informazioni, sappiamo chi sono. Erano giornaliste, attiviste e persone a rischio già seguite dalle associazioni Pangea e Nove onlus, non capiamo perché sia così difficile farle arrivare. I loro visti stanno per scadere, non possono essere rimandati indietro in patria, sarebbero in pericolo di vita”. 

Il tira e molla col ministero dell’Interno per i corridoi umanitari va avanti da tempo. “Il 4 novembre scorso l’Arci, con Caritas Italiana, Comunità di Sant’Egidio, Fcei/Tavola Valdese, Inmp, Iom e Unhcr, hanno firmato con il Viminale e con la Farnesina il protocollo per il corridoio umanitario e a distanza di sei mesi non solo non si è ancora concretizzato ma siamo stati richiamati per la firma di un addendum al protocollo che prevedeva che anche i costi dei voli per queste 1.200 persone sarebbero stati a nostro carico, e non più del governo, come previsto dal protocollo -aggiunge Miraglia -. Noi ci siamo impegnati ora deve attivarsi il Governo. E’ assurdo che quando si tratta di fermare i migranti si spendano milioni, come negli accordi con la Guardia costiera libica. Quando, invece, si parla di vie legali e sicure si sollevano mille problemi e mille scuse”. Secondo Miraglia a incidere è anche la scarsa attenzione mediatica della crisi afghana soppiantata dalla guerra in Ucraina. “Manca una volontà politica di portare in salvo queste persone, il governo ha annunciato i corridoi umanitari, poi che non si stiano realizzando per questioni burocratiche non interessa nessuno - conclude il responsabile di Arci  -. Il regime talebano diventa ogni giorno più pericoloso e opprimente, come tutti sanno, e queste donne vanno messe al sicuro con urgenza senza ulteriori ritardi, ne va della loro vita e della nostra credibilità”.

Intanto il deputato Erasmo Palazzotto, insieme alle colleghe e ai colleghi Laura Boldrini, Graziano Delrio, Paola De Micheli, Francesca La Marca e Lia Quartapelle, ha presentato un’interrogazione parlamentare alla ministra dell’interno e al ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale perché si intervenga con urgenza per risolvere questa pericolosa impasse, causata dell’assenza di apparecchiature per il rilevamento delle impronte digitali nelle sedi diplomatiche italiane dei di Iran e Pakistan. Nel testo dell’interrogazione il deputato parla di un “assurdo ritardo burocratico” che “sta costringendo queste donne, alle quali il governo italiano aveva garantito accoglienza, a vivere in clandestinità e con l’angoscia di poter essere rimpatriate in Afghanistan dove sotto il governo dei talebani rischiano seriamente la propria vita trattandosi di attiviste, ragazze omosessuali, sportive, giornaliste, giudici”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)