Bimbo malato abbandonato a Torino. El Hachem (Bambino Gesù), “ad oggi non può guarire ma può essere curato”

Ha una patologia rarissima ad oggi inguaribile, ma il piccolo Giovannino, per il quale è scattata nel Paese una gara di solidarietà, può essere curato. Proseguendo il trattamento già in corso il bimbo, pur con alcune attenzioni, potrà continuare ad avere una buona qualità di vita. Lo assicura la responsabile di Dermatologia dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma che nel suo reparto segue due casi analoghi. Curare non significa soltanto guarire; a volte le malattie sono inguaribili ma non esistono bambini incurabili, aggiunge la responsabile dei Servizi sociali del nosocomio sottolineando l’importanza dei percorsi di accompagnamento domiciliare

Bimbo malato abbandonato a Torino. El Hachem (Bambino Gesù), “ad oggi non può guarire ma può essere curato”

E’ scattata una vera e propria gara di solidarietà per accogliere il piccolo Giovannino, nato ad agosto al Sant’Anna di Torino e malato di ittiosi Arlecchino, patologia rarissima e al momento inguaribile ma curabile, abbandonato dai genitori in ospedale. Molti neonati non sopravvivono più di qualche settimana; lui ce l’ha fatta ma tra un paio di mesi dovrà lasciare la struttura. Ieri la Piccola Casa della Divina Provvidenza si è resa disponibile ad accoglierlo, come ha spiegato al Sir il padre generale Carmine Arice, ma in poche ore sono arrivate decine di richieste da tutta Italia che dovranno essere vagliate dalla Casa dell’affido del Comune e dal Tribunale dei minori.

Curare non significa solo guarire; quando non si può guarire è sempre possibile prendersi cura, dice al Sir May El Hachem, responsabile di Dermatologia dell’ Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma dove segue due piccoli con la stessa patologia di Giovannino. “Gravissima, ma trattabile”, assicura ricordando che le linee guida europee appena uscite sulla cura dell’ittiosi Arlecchino confermano l’indicazione al trattamento con l’acido retinoico – un derivato della vitamina D – per via orale grazie al quale, negli ultimi anni “la sopravvivenza dei bambini malati è aumentata dell’80%”. La malattia provoca “pelle secca e squamosa che causa deformità dei lineamenti del viso con estroflessione delle palpebre e delle labbra, e accartocciamento delle orecchie, ma soprattutto una contrattura delle dita di mani e piedi perché la pelle avvolge l’organismo come una guaina simile ad una corazza che impedisce i movimenti”. Di qui il ruolo dell’acido retinoico che provocando un’esfoliazione, “corregge i lineamenti del viso e provoca uno sfaldamento di questa corazza”. Se non si riescono a “sbrigliare” le dita, si può procedere con un intervento di mini chirurgia. Persistono una pelle squamosa – che va trattata con creme idratanti su viso e corpo 2/3 volte al giorno – e una particolare suscettibilità alle infezioni.

Si tratta di bambini che devono essere seguiti a vita e sorvegliati nei centri di riferimento per prevenire infezioni o altre complicanze, ma perché si è parlato di malattia incurabile talmente grave da determinare un abbandono? “Talvolta le notizie si gonfiano”, risponde l’esperta riconoscendo tuttavia che “l’aspetto di questi neonati è allarmante” e “se nascono in centri privi di esperienza di malattie rare può accadere che i genitori non vengano sufficientemente supportati e rassicurati”. “So che questo piccolo è stato trattato con l’acido retinoico”, assicura la dottoressa che ha avuto contatti con i medici che lo curano e nel suo reparto sta seguendo con buoni risultati due bambini con la stessa patologia. Insomma una malattia seria, per la quale “non esiste ancora una cura radicale, ma non impossibile da gestire”. Purtroppo, riconosce, “a volte noi medici non riusciamo a rassicurare in modo adeguato i genitori”.

“L’episodio di Torino ha avuto un’eco mediatica molto forte ma non è isolato. Capita anche a noi che bambini in condizioni di salute precarie vengano abbandonati in ospedale dai genitori”, afferma Lucia Celesti, responsabile dei Servizi sociali del Bambino Gesù. La legge italiana prevede che un neonato possa non essere riconosciuto da papà e mamma consentendo un ripensamento entro 10 giorni dalla nascita. Alla base degli abbandoni sono in genere “situazioni patologiche che ne compromettono gravemente l’aspetto esteriore, sindromi genetiche o malformative complesse, oppure cardiopatie congenite”, spiega l’esperta. Più “facile” la strada del neonato non riconosciuto e automaticamente dichiarato adottabile. “Presso il Tribunale dei minori esistono liste di aspiranti genitori, molti dei quali disponibili ad adottare anche bimbi con problemi di salute”. Più complessa la situazione di quelli abbandonati in tempi successivi, ma la cui responsabilità genitoriale è in capo ai genitori “che talvolta si rendono irreperibili”. In questi casi l’ospedale segnala la vicenda al Tribunale dei minori che avvia indagini approfondite e “può arrivare anche alla sospensione della responsabilità genitoriale”. Nel frattempo questi bimbi trovano sistemazione o in casa famiglia o in affidamento presso famiglie. Per Celesti i genitori affidatari, “che accolgono un figlio gravemente malato senza avere la certezza che resterà per sempre con loro, sono ‘i santi moderni’”.

Pur senza giudicare né tantomeno condannare chi non se la sente di affrontare percorsi di vita e di salute così impegnativi, l’assistente sociale ricorda che “il nostro sistema sanitario garantisce cure gratuite e percorsi di sostegno e accompagnamento, anche se non omogeneo in tutte le regioni e sicuramente migliorabile”. A fronte dell’aumento delle malattie croniche, “sono necessari maggiori investimenti sul sociale perché i bimbi con queste patologie hanno bisogno di una rete di sostegno formata da pediatra di base, specialisti di riferimento, rete ospedaliera e servizi sociali”. Una volta a casa, il Cad (Centro di assistenza domiciliare) della Asl di appartenenza attiva il percorso più idoneo: assistenza infermieristica, sociale, psicologica, presidi medici. E sulla corsa alla solidarietà per Giovannino conclude: “E’ un bel segnale che dimostra la grandissima civiltà e capacità di accoglienza del Paese”.

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Fonte: Sir