"Bloccare migranti in attesa di risposta dall'Ue? Prassi dal respiro corto"

Intervista a Carlotta Sami (Unhcr) sul caso della nave Diciotti della Guardia costiera italiana. “La discussione sulla redistribuzione dei richiedenti asilo in Europa va fatta in altri termini, così si mette solo a rischio la vita delle persone”. E chiede lo sbarco immediato dei migranti

"Bloccare migranti in attesa di risposta dall'Ue? Prassi dal respiro corto"

ROMA - Non è la prima volta che accade, ma stavolta quello che coinvolge la nave Diciotti è destinato a diventare un caso. Che non venisse assegnato un place of safety dopo un soccorso in mare era già successo, ma stavolta all’imbarcazione della Guardia costiera è stato consentito l’attracco e non lo sbarco dei 177 minori a bordo, tra cui donne e minori. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha detto chiaramente che nessuno toccherà terra finché non ci sarà un’assunzione di responsabilità europea nell’accoglienza dei migranti. Ma è una prassi legittima? E, davvero non esiste un altro modo per chiedere un’equa redistribuzione dei richiedenti asilo in Ue? Lo abbiamo chiesto a Carlotta Sami, portavoce dell’Unhcr per il Sud Europa.

La nave Diciotti è entrata ieri sera al porto di Catania, ha potuto attraccare ma non sbarcare i 177 migranti a bordo. Tenere le persone bloccate in attesa di una risposta europea sembra stia diventando una prassi per fare pressione e chiedere un’assunzione di responsabilità condivisa. Come giudicate questa pratica?
Sì, quella di tenere le persone bloccate su una nave sta diventando una prassi con cui si ritiene di poter ottenere risultati a livello europeo, ma non ci si rende conto di quanto sia corto il respiro di questa prassi. Si rischia solo di mettere in pericolo altre vite umane, costringendo le navi di salvataggio a fare lunghi percorsi prima sbarcare, o a stare in radar per molti giorni e lasciare uno spettro di mare amplissimo sprovvisto navi per salvataggio. L’altro rischio è quello di creare un’atmosfera non propizia all’assunzione di decisioni di lungo termine, creando tensioni, ripicche, accuse tra gli Stati. Questo sicuramente non è positivo. Parliamo di questo tema ormai da molti anni e ancora non riusciti a creare un meccanismo di sbarco che sia predeterminato e condiviso, a cui faccia seguito un meccanismo di redistribuzione, anch’esso predeterminato e condiviso. Ci sono degli Stati europei che si stanno dimostrando volenterosi in questo senso, abbiamo visto l’impegno della Spagna e della Francia, per esempio. E’ vero che negli anni l’Italia ha accolto di più ma è anche vero che l’Italia ora, come paese del Sud del Mediterraneo, sta ricevendo in assoluto il numero minore di persone: ne stanno ricevendo di più la Spagna e la Grecia. In proporzione ne sta accogliendo di più anche Malta, che negli ultimi giorni ha accolto centinaia di persone e ha i centri di accoglienza al limite.

Come si può superare questa impasse?
La discussione sulla redistribuzione dei richiedenti asilo in Europa va fatta in altri termini. Speriamo che le autorità europee riescano a condurre i paesi membri su un percorso condiviso, previsto peraltro anche dalla revisione del Regolamento Dublino. Il progetto di riforma prevede infatti anche la redistribuzione dei migranti in Ue. Inoltre, noi, insieme ad Oim, abbiamo proposto un piano sbarchi che prevede la collaborazione di tutti i paesi europei insieme ad alcuni paesi del nord Africa. E’ chiaro che non si può chiedere solo ai paesi del Nord africa di aiutare e che l’Europa deve fare la sua parte. In questo contesto resta, inoltre, il nodo della Libia che, lo ribadiamo, per noi non è un paese sicuro. La situazione dei diritti umani resta un’enorme preoccupazione. La nostra presenza insieme a quella dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni e di altre ong, non può essere considerata una garanzia del rispetto diritti umani perché purtroppo il paese è in mano alla violenza.

Alcuni tentativi di accoglienza condivisa sono stati fatti. Come nel caso del programma di relocation, che però si è dimostrato un flop nei numeri.
Noi abbiamo salutato con favore il programma di relocation, era un buon  primo passo ma è andato male perché alcuni paesi hanno iniziato a remare contro. Hanno deciso che le loro frontiere dovevano rimanere chiuse. E’ questa mano pesante che indebolisce la creazione di un vero sistema europeo di accoglienza e asilo, che ad oggi non esiste. La mano pesante può funzionare forse a livello politico ma a livello umanitario non funziona.

A bordo della Diciotti ci sono 177 persone. In che condizioni sono?
Sappiamo che sulla Diciotti ci sono diverse decine di minori non accompagnati e alcune donne, che le persone stanno generalmente bene e che le persone con urgente intervento medico sono state evacuate. Sappiamo anche bene che più del 90 per cento delle persone che arriva in Europa passando per la Libia ha subito abusi e torture, quindi sono da considerarsi persone vulnerabili. Non è sufficiente ricevere un piatto di pasta per superare traumi subiti per anni. I migranti a bordo hanno bisogno di accoglienza appropriata e hanno diritto di fare domanda d’asilo, se lo desiderano. Chiediamo che le persone siano sbarcate il prima possibile e che si metta mano a un piano di sbarchi predeterminato e condiviso. Non si può verificare questa situazione ogni volta che una nave opera un salvataggio in mare. (Eleonora Camilli)

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)