Cambiamento climatico in Cambogia, “le comunità rurali sono spinte a emigrare”

Inondazioni, siccità, deforestazione, rifiuti urbani e inquinamento, uso di fertilizzanti chimici e pesticidi: un report di WeWorld, parte del progetto Resiliact, analizza le conseguenze della crisi ambientale sulle fasce più povere della popolazione cambogiana. “Molti scelgono la migrazione come soluzione”

Cambiamento climatico in Cambogia, “le comunità rurali sono spinte a emigrare”

Chem Oeurn e la sua famiglia hanno sempre vissuto sul lago Tonle Sap, in Cambogia, la più grande riserva di acqua dolce del Sud Est asiatico e riserva della biosfera dell’Unesco. A causa del cambiamento climatico negli ultimi anni è diventato estremamente difficile procurarsi del cibo, e così Chem sta cercando alternative alla pesca: ha avviato una piccola produzione agricola, ma quest’anno a causa della siccità prolungata il raccolto è stato molto scarso. Molti suoi parenti sono già emigrati in Tailandia o in altre provincie, ma quest'anno anche spostarsi è stato impossibile a causa del Covid-19.

La sua storia è raccontata nel report pubblicato da WeWorld sul cambiamento climatico in Cambogia, parte del progetto “Resiliact -Resilience-strengtheining of local communities through a transnational Eu Aid Volunteers capacity building action”. Il progetto, finanziato dall’iniziativa Eu Aid Volunteers dell’Unione Europea, ha l’obiettivo di analizzare le conseguenze del cambiamento climatico sulla vita delle comunità rurali in Asia, per renderle più resilienti e chiarire il legame fra sicurezza alimentare, migrazioni e adattamento al clima.

Paradossalmente, la Cambogia è fra i paesi meno responsabili del cambiamento climatico globale, ma è fra quelli più colpiti dalla crisi ambientale attualmente in atto. Per valutare l’impatto di questo disastro sulle comunità più povere, la ricerca realizzata da WeWorld insieme all’Università di Phnom Penh studia il legame fra migrazioni e cambiamento climatico.

“I principali problemi in Cambogia sono relativi a inondazioni, siccità, deforestazione, rifiuti urbani e inquinamento, come l’uso di fertilizzanti chimici e pesticidi – afferma Seak Sophat, vice rettore della facoltà di Sviluppo e coordinatore del master in Scienza del cambiamento climatico dell’università di Phnom Penh – . Nell’ultimo periodo, la frequenza e l’intensità delle inondazioni e della siccità sono aumentate in tutto il paese”. Le analisi storiche sui dati relativi alle temperature e alle precipitazioni in Cambogia hanno rilevato che la temperatura media annuale è cresciuta di 0,8 gradi dal 1950, mentre le piogge sono diminuite dello 0,184 per cento l’anno.

Gli effetti collaterali di queste alterazioni sono già visibili per le comunità cambogiane: il lago dove vive Chem Oeurn dipende fortemente dalle annuali piogge monsoniche e dal fiume Tonle Sap, che si riversa nel lago insieme all’acqua del Mekong. È per questo che il volume del lago varia in modo considerevole durante l’anno. Nel picco della stagione delle piogge, a fine settembre e in ottobre, si espande di dieci volte tanto e inizia la migrazione stagionale del pesce e degli insediamenti umani che dipendono dal lago. Negli ultimi anni, però, il lago e l’ecosistema che lo circondano sono stati sottoposti alle sempre maggiori pressioni di deforestazioni, sviluppo delle infrastrutture e cambiamento climatico che stanno avendo impatti molto negativi sull’ecosistema.

Il team di ricercatori conferma che la Cambogia è fra i paesi più vulnerabili a causa della sua relativamente scarsa capacità di adattamento. “Molti scelgono la migrazione come soluzione – racconta Sokchar Mom, direttore di Legal support for children and women, una ong di Phnom Penh –. Fra i fattori che spingono le persone a spostarsi, i cosiddetti push factors, ci sono la povertà, la mancanza di lavoro, i debiti e, sempre più spesso, proprio il cambiamento climatico: le inondazioni, la siccità e la mancanza di piogge sono fattori molto gravi per loro, e devono cercare delle soluzioni per vivere. Spesso prendono in prestito piccole somme da istituzioni di microcredito o privati: quando cadono nella spirale del debito, cercano un lavoro nella propria zona, ma se il lavoro non c’è una scelta obbligata è emigrare in altre aree o province”. Le destinazioni cambogiane preferite sono  Phnom Penh come polo economico, industriale e commerciale, seguita da Sihanoukville per il suo porto internazionale e sviluppo rapido, e Siem Reap per il turismo.

“Se il cambiamento climatico continuerà ad espandersi, le migrazioni per cercare lavoro aumenteranno – afferma il professor Seak Sophat –. Allo stesso tempo, i migranti a Phnom Penh stanno già affrontando molte difficoltà. I nuovi arrivati hanno problemi di salute a causa dell’inquinamento ambientale, spesso accompagnato da condizioni di vita poverissime, una dieta di scarsa qualità per mancanza di soldi e un aumento del prezzo del cibo. Inoltre, la mancanza della famiglia preclude opportunità e una rete di sicurezza finanziaria”.

Cosa fare, allora, per mitigare gli effetti del cambiamento climatico? I ricercatori suggeriscono che, sebbene le azioni individuali siano valide, c’è bisogno di un approccio sistemico e basato sui diritti umani a favore dei gruppi più emarginati e vulnerabili. Vanno quindi messi in campo interventi strutturali, come la costruzione di un capitale sociale, il rafforzamento della resilienza comunitaria e il sostegno all’apprendimento mutuo fra i lavoratori migranti stessi.

Alice Facchini

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)