Caso Regeni, chiusura delle indagini: “L’Egitto tiene sotto scacco l’Italia, la verità ha perso”

La procura del Cairo ha deciso di non collaborare con quella di Roma nel processo ai 5 agenti dei servizi segreti egiziani che avrebbero ucciso il ricercatore italiano. I commenti di Brighi e Biancani (esperte di Medio Oriente): “L’Egitto è il vero vincitore di questi anni intercorsi dall’omicidio Regeni"

Caso Regeni, chiusura delle indagini: “L’Egitto tiene sotto scacco l’Italia, la verità ha perso”

L’Egitto è il vero vincitore di questi ultimi cinque anni intercorsi dall’omicidio Regeni. Con lo scontro tra la Procura di Roma e quella del Cairo, il processo per la ricerca della verità su Giulio è nei fatti terminato: lo stato egiziano si è autoscagionato, rifiutando ogni responsabilità e completando così la sua opera di depistaggio e insabbiamento delle indagini. E l’Italia come ha reagito? Non facendo e non dicendo nulla. Nei rapporti tra Italia ed Egitto, è ormai chiaro che è quest’ultimo ad avere il coltello dalla parte del manico”. Non ha dubbi Elisabetta Brighi, professoressa di relazioni internazionali alla University of Westminster di Londra ed esperta di Medioriente: gli sviluppi del caso Regeni sono solo l’ultima dimostrazione del fatto che l’Egitto la fa sempre più da padrone, nello scacchiere internazionale.

Lunedì scorso, infatti, la Procura di Roma ha chiuso l’inchiesta sulla morte di Giulio Regeni, il ricercatore italiano trovato morto al Cairo il 3 febbraio 2016 con il corpo segnato da innumerevoli torture, senza la collaborazione della Procura egiziana. Indagati sono cinque agenti della National Security, il servizio segreto civile egiziano, che sarebbero stati responsabili della sua morte: secondo i magistrati egiziani, invece, gli assassini di Regeni restano “ignoti”. L’Egitto non risponderà quindi alla rogatoria inviata più di un anno fa, con cui l’Italia chiedeva informazioni per verificare le dichiarazioni di due testimoni che avrebbero raccontato di aver visto Regeni mentre veniva rapito da agenti della National Security, condotto in una caserma e poi trasferito in un’altra. E non fornirà neanche gli indirizzi dei cinque agenti, a cui quindi non potranno essere notificati gli atti.

Nel frattempo, c’è anche un altro caso di violazione dei diritti umani che coinvolge l’Italia e l’Egitto: la vicenda di Patrick Zaky. Lo studente dell’università di Bologna, detenuto dal 7 febbraio con l’accusa di terrorismo, resta in carcere e ieri per la prima volta ha potuto incontrare il suo avvocato: si sono parlati in presenza di un ufficiale, e Patrick gli ha raccontato che dorme per terra e che ha chiesto una pomata e una cintura di sostegno per il dolore alla schiena. In carcere oggi ci sono anche Muhammad Bashir, Karim Ennarah e Ghasser Abdel Razak, dirigenti dell’Eipr (Egyptian Initiative for Personal Rights), la stessa organizzazione di cui faceva parte Patrick. Sono stati arrestati pochi giorni fa, tra il 15 e il 19 novembre. Ieri l’attrice statunitense Scarlett Johansson ha mandato un videomessaggio per sostenere la causa della ong egiziana, chiedendo la scarcerazione degli attivisti arrestati e anche di Patrick.

“Dopo tutto questo, da parte del governo italiano molti si aspettano un segnale: il rientro dell’ambasciatore, la sospensione degli accordi economici, l’invio di un’autorità speciale per proseguire le indagini su Regeni – continua Brighi –. Invece niente di tutto ciò: l’Italia è rimasta in silenzio. Questo non è un caso né una svista, è diventata ormai una scelta politica: gli interessi economici, legati al settore bellico, hanno avuto la meglio sulla tutela dei diritti umani. Ma la nostra è una strategia miope: stiamo armando e finanziando un regime che si sta muovendo in Medio Oriente e nel Mediterraneo con una certa ambizione, spargendo i semi di una futura instabilità”.

Leggendo il comunicato divulgato dalla procura del Cairo sulla televisione pubblica egiziana rispetto alla scelta di non proseguire le indagini contro i cinque agenti dei servizi segreti, ci sono poi molte contraddizioni. Il documento prende atto che la procura di Roma intende chiudere le indagini dopo aver individuato negli uomini della sicurezza nazionale i presunti colpevoli dell’omicidio Regeni, ma precisa che i cinque avrebbero agito “indipendentemente dal loro ruolo istituzionale”. E poi afferma che l’assassino dello studente ancora non è stato identificato e che l’indagine egiziana verrà chiusa “temporaneamente”, ma verranno prese tutte le misure necessarie per far luce sulla vicenda, in collaborazione con le autorità italiane.

“Si tratta di un documento che raggiunge un livello di mistificazione incredibile – commenta Francesca Biancani, ricercatrice e insegnante dell’Alma Mater Studiorum ed esperta di Egitto –. Lo scontro netto tra le due procure, che di fatto è stato una frattura insanabile, viene presentato come un esito di un processo congiunto, come se si stesse continuando a collaborare per cercare la verità. Niente di più falso: si tratta dell’ennesima beffa da parte dell’Egitto.
Il nostro governo non pensa di coprirsi di ridicolo, continuando a mantenere buone relazioni con il Cairo in nome di un presunto interesse nazionale? La verità è che sta passando per interesse nazionale quello che invece è un interesse specifico: quello economico, legato agli scambi nel settore energetico e alle gigantesche commesse militari. I nostri politici pensano davvero di tutelare il nostro interesse nazionale, quando veniamo presi così platealmente in giro e quando i diritti umani vengono calpestati in questo modo?”

Alice Facchini

Copyright Difesa del popolo (Tutti i diritti riservati)
Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)