“Cholitas”, la scalata delle donne indigene boliviane arriva sul grande schermo

Ad alta quota utilizzano corde, piccozze e ramponi, ma sopra ai pantaloni tecnici indossano la pollera, la larghissima gonna tipica delle donne Aymarà, come gesto di emancipazione. Sono le protagoniste del film, ambientato sulle Ande della Bolivia, che il 27 agosto aprirà la 68° edizione del Trento Film Festival

“Cholitas”, la scalata delle donne indigene boliviane arriva sul grande schermo

Cinque donne, indigene di etnia Aymarà, che in Bolivia scalano un monte indossando i loro abiti tradizionali, come gesto di emancipazione. È la storia raccontata nel film “Cholitas”, che il 27 agosto aprirà la 68° edizione del Trento Film Festival. L’evento, che terminerà il 2 settembre, mette insieme decine di proiezioni, per adulti e bambini, su tutto il territorio di Trento, e fruibili anche in diretta streaming.

Nel film “Cholitas”, i registi Jaime Murciego e Pablo Iraburu raccontano la storia di cinque alpiniste boliviane un po’ speciali. La parola “cholo”, in Sud America, non è un complimento: da secoli viene usata per indicare con un certo razzismo uomini e donne indigeni. Le Cholitas protagoniste del film sono donne tra i 25 e i 55 anni che vivono una vita molto faticosa: mentre i mariti lavorano come guide sulle grandi montagne delle Ande boliviane, loro accompagnando gli alpinisti stranieri come cuoche o portatrici. 

“Per anni, ai 5.100 metri del campo alto dello Huayna Potosí, ho visto gli alpinisti tornare dalla cima felici – racconta Lidia Huayllas, componente del gruppo – Alcuni ci chiedevano: ‘E voi?’. Pensavano che anche noi fossimo salite a seimila metri. Invece no”. La svolta è arrivata 17 dicembre 2015, quando Lidia e altre dieci donne hanno raggiunto per la prima volta i 6.098 metri dello Huayna Potosí, la grande montagna più frequentata della Bolivia. I loro compagni, scettici all’inizio, le hanno aiutate: in testa della spedizione c’era Elio, il marito di Lidia. “Ho imparato a godere del silenzio, di come brillano le stelle di notte. Ma il momento più importante, che giustifica tutta la fatica è l’arrivo in vetta”, aggiunge Teodora Magueño, un’altra componente del gruppo.

Ad alta quota le Cholitas utilizzano corde, piccozze e ramponi. Sopra ai pantaloni tecnici, però, indossano la pollera, la larghissima gonna tipica delle donne Aymarà. In testa, quando non c’è bisogno del casco, portano la tradizionale bombetta. E nessuna di loro ha tagliato le sue lunghe trecce. Negli anni, l’esperienza delle Cholitas “escaladoras”, cioè scalatrici, è cresciuta: sono tornate sullo Huayna Potosí, poi hanno salito l’Acotango (6.052 metri), l’Illimani (6.462 metri) e il Sajama (6.542 metri), il vulcano attivo che è la cima più alta della Bolivia. Nello scorso gennaio, cinque di loro hanno raggiunto la vetta dell’Aconcagua, il “tetto” dell’Argentina e delle Americhe: è proprio questa ultima impresa che viene raccontata nel film.

“Vorrei dire a tutte le donne di andare in montagna, questo sport è bello, sano e divertente – ha dichiarato Ana Lia, un’altra cholita del gruppo –. Le donne devono andare in montagna, anche se possono aver paura. Possono andare molto lontano”. E conclude Lidia: “Siamo state discriminate per anni, perché donne e perché indigene Aymarà. Ora che siamo diventate famose, gli alpinisti che incontriamo in montagna ci salutano e ci fotografano. Spero che la nostra notorietà porti più turismo e più lavoro, il nostro popolo ne ha bisogno. E spero che il nostro successo serva a tutte le boliviane, indie e non. La Bolivia ha bisogno che le donne abbiano un ruolo più importante”.

 Alice Facchini

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)