Cibi sintetici, scontro al calor bianco. La vicenda della carne “coltivata” ripropone i grandi temi dell’informazione e della sicurezza
Ma è davvero carne quella che si ottiene da questo procedimento? Sulla risposta gli schieramenti si sono formati e scontrati
È scontro al calor bianco sulla carne sintetica. L’ultimo scontro, in ordine di tempo, sui temi dell’agroalimentare, della buona tavola italiana, delle tradizioni contrapposte (spesso in modo strumentale) alla modernità (che non sempre, d’altra parte, appare essere nuova e soprattutto immune da rischi e dubbi). Quello dell’alimentazione, si dimostra così ancora una volta un tema dividente, in cui gli schieramenti si fanno netti e intransigenti, mentre la lucidità sembra perdersi nelle polemiche.
L’ultimo tema del contendere, come ormai si sa, è quello del divieto in Italia ai cosiddetti cibi sintetici (la carne, ma non solo). Il nostro Paese, da pochi giorni, si è dotato di una legge che vieta produzione e importazione di alimenti ottenuti con metodi che non siano quelli tradizionali (tanto per intenderci, nel caso della carne, l’allevamento degli animali con le tecniche acquisite da secoli e via via migliorate). Principale imputata, appunto, la carne sintetica o “coltivata”, cioè un derivato da cellule staminali (cioè indifferenziate e quindi capaci di diventare cellule muscolari, ad esempio) prelevate da un animale vivo, o comunque da carne “vera”, e fatte sviluppare in grandi contenitori (bioreattori) che riproducono le condizioni nelle quali queste cellule si troverebbero nel corpo dell’animale. Metodo certamente rivoluzionario dal punto di vista produttivo, non certo da quello biologico (nello specifico se ne fanno le prove da circa dieci anni); metodo soprattutto molto efficiente visto che da una sola cellula possono essere prodotti circa 10mila chili di carne in poco tempo.
Ma è davvero carne quella che si ottiene da questo procedimento? Sulla risposta gli schieramenti si sono formati e scontrati. È carne buona e sana per i sostenitori che aggiungono l’assenza di antibiotici, il danno ambientale più basso, l’assenza di consumo di acqua e suolo per allevare gli animali, la diminuzione del numero di animali uccisi, la possibilità di dare carne anche anche a chi non può permettersela. È, invece, un obbrobrio biologico per i detrattori che mettono sul tavolo dubbi come la possibilità di tumori determinate dalle staminali, l’assenza di studi approfonditi sulla sicurezza nutrizionale, l’elevata produzione di anidride carbonica e l’alto costo energetico del procedimento. Senza dire, per questi ultimi, il rischio per gli allevamenti tradizionali che hanno fatto della qualità, della cura degli animali e dell’ambiente, oltre che delle tradizioni, i loro cavalli di battaglia. Numerosi i componenti dei diversi schieramenti, ma, in Italia almeno, paiono più forti e combattivi quelli contro questi cibi. Ad iniziare da Coldiretti che ricorda come 3 italiani su 4 siano contrari alla carne “in provetta” e alla sua commercializzazione. Un dato che ha accompagnato una grande raccolta di firme (arrivate a oltre due milioni), alla quale hanno aderito decine di sigle associative di tutti gli orientamenti politici, 2mila amministrazioni comunali, le Regioni e numerosi parlamentari.
Un “moto del popolo consumatore” che ha sostenuto il governo nell’adozione (avvenuta pochi giorni fa) di una legge che, appunto, vieta importazione e produzione di questi alimenti. Qualcosa di importante certamente, che però dovrà fare i conti con l’Unione europea e che, fuori dal Parlamento, ha determinato tensioni certamente sopra le righe. Scontri che indicano, tuttavia, quanto alta sia l’attenzione sull’alimentazione, quanto sentita sia la buona tradizione agroalimentare nazionale ma, nel contempo, quanta mancanza di dialogo spesso ci sia anche su questi argomenti.
Di fronte a tutto questo (che tra l’altro ha portato anche ad interpellare il Colle), è forse opportuno ricordare alcuni principi come la libertà di scelta anche nell’alimentazione e quindi la necessità di dare una precisa, completa e comprensibile informazione su ciò che si può acquistare e mettere in tavola. Principi ai quali la scienza può e deve dare supporto. In un paese civile d’altra parte, gli alimenti, comunque e sempre, devono essere sani, controllati, sicuri. Per tutti.