Coronavirus Perù, protestano i lavoratori: chi ha la terra torna a coltivare

Nel paese circa il 72% della popolazione si stima abbia un lavoro informale. e il lockdown mette a rischio la vita di chi non ha un lavoro regolare. Le miniere di rame e argento non si fermano

Coronavirus Perù, protestano i lavoratori: chi ha la terra torna a coltivare

Alla fine il presidente del Perù, Martin Vizcarra, e il sindaco di Lima, Jorge Muñoz Wells, hanno dovuto cedere alle proteste dei lavoratori rimasti bloccati nella capitale al momento del lockdown. Una situazione che era ormai diventata insostenibile per circa un migliaio di persone: da una parte avevano perso il lavoro e i relativi guadagni a causa delle misure di contenimento del coronavirus; dall’altra avevano almeno dei campi da coltivare, che però non potevano raggiungere. E alla fine le autorità hanno organizzato degli autobus per aiutarli a tornare ai propri villaggi.

Il contesto. Si stima che nel paese latinoamericano sia circa il 72% della popolazione ad avere un lavoro informale. Una miriade di mestieri che nella stragrande maggioranza dei casi ha dovuto interrompere ogni attività in seguito al blocco generale. Nel giro di poco settimane molti di questi lavoratori si sono ritrovati senza alcun mezzo per vivere, nonostante il programma governativo “Ayudanos a ayudar” avesse cominciato a distribuire cibo per le strade.
A rischio povertà. “Normalmente le persone guadagnano intorno ai 7 euro al giorno, con lavori manuali o di vendita al dettaglio. Sono quindi famiglie non indigenti e aiutate dalla Stato, ma che senza lavoro cadono in poche settimane sotto la soglia minima di povertà”, spiega Mauro Morbello, responsabile di progetti sociali per Terre des Hommes Italia a Lima e nelle aree contadine. In tutto sono 11 milioni i cittadini che hanno bisogno di un sostegno per comprare cibo. In considerazione della grave situazione, l’esecutivo ha deciso anche di inviare circa 100 euro a famiglia attraverso la Caritas, ma anche questo passo è complicato da fare. “La rete governativa di distribuzione esiste, ma è molto affaticata dalle chiusure delle strade e dalla mancanza di personale. Distribuire soldi o beni di prima necessità comporta un grande sforzo, che nemmeno l’esercito, venuto in aiuto, sta riuscendo a fare”, dice ancora l’operatore della ong.
Attività mineraria. Nonostante questo, le miniere sono ancora aperte. Il Paese è primo esportatore al mondo di rame e secondo di argento e circa l’1% della popolazione è impiegato in questo settore. Anche se il crollo del prezzo di questi materiali sta facendo tremare questo settore.
La sanità. In Perù sono più di 21.600 le persone positive al Covid-19 e 634 i morti (dati Oms al 26 aprile). E il sistema sanitario, che prima della crisi poteva contare su appena 250 respiratori in tutto e un investimento nella sanità pubblica di soli 670 dollari annui a persona, è ormai in ginocchio. Morbello spiega che “nella capitale le poche terapie intensive sono già al collasso per questa epidemia e i presidi sanitari rurali non sono in grado di aiutare la popolazione. Ci sono solo delle infermiere che in alcuni villaggi visitano per le varie malattie endemiche”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)