Coronavirus e povertà. Gori: “Servono misure eccezionali, ma a tempo”

Cresce l’interesse verso la proposta sviluppata da Cristiano Gori insieme a Asvis e Forum Disuguaglianze e Diversità. “Complesso individuare il target”, ma le misure saranno una “base” per il welfare di domani. “Bisogna prepararsi ai prossimi mesi. Il problema non è solo il lockdown, ma il nuovo mondo del lavoro”

Coronavirus e povertà. Gori: “Servono misure eccezionali, ma a tempo”

L’obiettivo non è disegnare le migliori misure possibili, ma evitare che tutta una fascia di lavoro autonomo cada verso la povertà, perché senza protezioni e che il lavoro sommerso nelle aree più deboli del paese vada verso la povertà estrema, tumulti sociali o che si faccia aiutare dalla criminalità organizzata”. In Italia, l’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19 sta diventando, settimana dopo settimana, anche un’emergenza sociale ed è per questo che oggi “l’obiettivo numero uno è raggiungere tutta la popolazione che ha bisogno e occorre farlo in tempi rapidi”. A ribadirlo con forza a Redattore Sociale è Cristiano Gori, docente di politica sociale all'Università di Trento e coordinatore del gruppo di lavoro che insieme a Asvis, l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, e al Forum Disuguaglianze e Diversità in questi giorni ha sviluppato una proposta di misure che possano tendere una rete per salvare quanti, a causa del blocco delle attività produttive, stanno cadendo verso la povertà a tutta velocità

Si tratta di un “piano complessivo a tutela dei redditi nei primi mesi della crisi”, spiega un documento congiunto aggiornato in questi giorni. “Un pacchetto di poche misure semplici e facili da attuare, che raggiunga rapidamente tutte le persone e risponda in modo differente alle specifiche esigenze di ognuna”, con un occhio di riguardo, tuttavia, a quanti sono rimasti fuori dal Decreto Cura Italia. Non a caso, infatti, ad accompagnare la proposta è l’hashtag #nessunorestindietro.
“C’è un problema di crescita delle disuguaglianze che è trasversale - spiega Gori -. Per questo, è fondamentale che lo Stato offra un messaggio di coesione sociale”. La proposta è semplice e “si basa sulle prestazioni introdotte con il Decreto Cura Italia e su quelle di cui già dispone il nostro welfare state - spiega il documento sviluppato da Asvis, Forum e Gori -, modificandole come necessario ma senza stravolgerle”. Le tutele già in essere, come l’indennità di disoccupazione per i dipendenti stabili e parasubordinati (Naspi e Dis-Coll) e le varie forme di Cassa Integrazione previste a seguito del Covid-19 resterebbero invariate, mentre si chiede di dare vita a due nuovi strumenti: il Sostegno di emergenza per il lavoro autonomo (Sea) e il Reddito di cittadinanza per l’emergenza (Rem). “Poche misure - spiega il documento - per facilitare la realizzazione del piano e per non disorientare i cittadini”.

La proposta, in circolazione già da qualche settimana, ha raccolto l’interesse del mondo della politica e delle istituzioni. “C’è un notevolissimo interesse da parte di tutti gli attori - spiega Gori -. Da due settimane siamo ormai impegnati in confronti serrati con tutti gli attori politici e istituzionali”, con un “confronto aperto” anche con Palazzo Chigi e tutti i ministeri competenti. La proposta, inoltre, sta suscitando notevole interesse anche a livello politico, con l’endorsement del Partito democratico sulle pagine dell’Huffington Post.

Le misure che Gori, Asvis e Forum Disuguaglianze e Diversità chiedono di introdurre sono da ritenersi “eccezionali”, ovvero si tratta di “misure a tempo”, chiarisce Gori. Il Sea andrebbe a sostituire il bonus di 600 euro una tantum per gli autonomi. “È indirizzato a ogni forma di lavoro autonomo, ossia le tipologie di occupazione che non possono avvalersi di indennità di disoccupazione e cassa integrazione - spiega il testo -. Il suo valore non è più in somma fissa indistinta, bensì varia in base alle diverse situazioni”. L’obiettivo, infatti, è “supportare in modo più intenso chi è stato maggiormente colpito” dalla perdita di guadagno. Il Rem, invece, utilizza i dispositivi del Reddito di cittadinanza e lo sostituisce per i nuovi richiedenti per il periodo in cui sarà in vigore. “Il suo obiettivo consiste nel costruire subito una diga contro l’impoverimento - spiega il documento -, raggiungendo rapidamente la popolazione in condizione di necessità non toccata da altre prestazioni di welfare”.
Tuttavia, il Rem non è da confondere con un allargamento dell’attuale Reddito di cittadinanza. Le modalità previste per accedere al Rem, infatti, sono meno puntigliose, ma non per questo sono da ritenersi un’ingresso facilitato per poi continuare a beneficiare del Reddito di cittadinanza ordinario. Rispetto al Reddito di cittadinanza, il Rem prevede “la drastica semplificazione della documentazione necessaria per richiedere della misura - spiega il documento -; la velocizzazione delle procedure per la sua l’erogazione; l’allentamento dei vincoli di accesso sul patrimonio mobiliare e immobiliare; l’allentamento delle sanzioni legate al lavoro irregolare; l’ampliamento della possibilità di fare domanda per le persone di cittadinanza non italiana”.

È l’emergenza a dettare i tempi e occorre intervenire al più presto laddove possano crearsi situazioni di disagio. “Ovviamente bisogna accettare che queste misure siano imperfette - aggiunge Gori -. Se vai verso misure nelle quali si riducono enormemente gli adempimenti per presentare la domanda, molti meccanismi saranno legati ad autocertificazioni con verifiche successive a campione. Non puoi fare altro”. Le difficoltà nel procedere con “modalità standard”, infatti, riguardano sia la necessità di agire in tempi rapidi, ma anche l’attuale inedita chiusura di molti servizi che in altri tempi avrebbero potuto smaltire le domande. Infine, c’è la necessità di rispondere ad un crollo dei redditi pressoché impossibile da documentare con gli attuali strumenti come Isee e dichiarazioni dei redditi, perché troppo recenti. Tuttavia, in questi giorni si sta ragionando su altri possibili strumenti che possano facilitare l’individuazione del target. Per Gori, inoltre, occorre una campagna straordinaria di comunicazione che sia chiara su un punto fondamentale: “Bisogna dire da subito che si tratta di misure con una scadenza precisa - specifica Gori -. È fondamentale evitare l’aspettativa che queste diventino misure strutturali”. Nel documento che sintetizza la proposta inviata al governo, infatti, si parla di durata “uniformata a quella delle prestazioni straordinarie per il lavoro dipendente introdotte in seguito al diffondersi della pandemia, cioè la cassa integrazione Covid-19: in prima approssimazione, dunque, sino al 31 agosto”. Meno complessa, invece, la questione dell’erogazione del sostegno. “È la parte più facile - sottolinea Gori -. Sono tutti contributi monetari e possono arrivare con le modalità già utilizzate e che sono già in fase di accelerazione. La cosa complicata è individuare in tempi brevi il target”.

Ma cosa lasceranno queste due misure, il Sea e il Rem, a emergenza conclusa? Secondo Gori, Asvis e Forum Disuguaglianze e Diversità, questo intervento straordinario sarà la “base” per il welfare di domani. “Perché diciamo che questa è una misura che costruisce il futuro? In primo luogo perché se adesso non metti in sicurezza il reddito delle famiglie per qualche mese, non riesci a pensare al dopo - spiega Gori -. Da un punto di vista di disegno delle politiche, invece, l’idea è che dal giorno dopo l’introduzione di queste misure si inizia a pensare alla fase successiva”. Occorre, quindi, frenare la caduta senza controllo di tante famiglie al di sotto della soglia della povertà e dopo aver realizzato questa sorta di sbarramento, dedicarsi ad un futuro con misure ripensate alla luce della recente emergenza. “Il nostro schema facilita la costruzione di una fase successiva - spiega Gori -, perché suddivide la popolazione in base a quelli che sono i principali blocchi sociali e le principali aree di welfare sulle quali bisognerà intervenire in seguito. Dentro il lavoro autonomo ci sono situazioni molto eterogenee. Queste hanno in comune solo una cosa: non hanno un sussidio di disoccupazione. Così, intanto dai una risposta, isoli questo blocco sociale e poi, mentre dai quel pacchetto di breve termine, pensi alla risposta successiva”.

Stesso ragionamento vale per il Reddito di emergenza e quello di cittadinanza. Occorre intervenire subito per contrastare situazioni di povertà estrema, ma poi bisognerà rivedere la misura strutturale. “In autunno bisognerà pensare a migliorare il Reddito di cittadinanza - spiega Gori -, da una parte perché permangono tutte le sue criticità, dall’altra perché andiamo in un contesto in cui, almeno per un po’, di offerta di lavoro ce ne sarà ancora meno”, mettendo in discussione, quindi, tutta la questione dell’inclusione lavorativa su cui l’attuale Rdc è stato creato. Infine, occorre fare attenzione al rischio di finire ancora una volta con una risposta all’emergenza che si perda tra tanti rivoli di piccole misure ottenute da gruppi di pressione che spingono verso interessi particolari. “Se imbocchi la strada delle micromisure - mette in guardia Gori -, mettere in piedi delle risposte coerenti di lungo periodo sarà molto complicato. Costruire uno schema coerente per blocchi sociali con un certo profilo e differenziati tra loro per risposta di welfare, invece, è la cosa migliore che si possa fare adesso per preparare il lavoro sul dopo”. È la fase “due” dell’emergenza sociale, infatti, a preoccupare maggiormente. “Da un punto di vista sociale, il peggio non è adesso - conclude Gori -, ma quando si arriverà alla riapertura delle attività produttive e progressivamente in tanti si accorgeranno di non avere più un lavoro. Bisogna prepararsi a questo nei prossimi mesi. Il problema non è solo il lockdown, ma il nuovo mondo del lavoro”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)