Coronavirus, "non dimentichiamo i braccianti della Piana di Gioia Tauro"

L'appello di quattro associazioni per le persone che vivono e lavorano nella Piano di Gioia Tauro. "Vivono in gran numero in spazi angusti. Nel caso si presentasse un caso di positività la propagazione potrebbe avvenire in modo rapido e difficilmente controllabile"

Coronavirus, "non dimentichiamo i braccianti della Piana di Gioia Tauro"

Tra le persone che rischiano di essere dimenticate in questa emergenza per l'epidemia da coronavirus ci sono i braccianti, molti dei quali vivono in alloggi o insediamenti di fortuna nelle campagne. Per questo un gruppo di associazioni lancia un appello sulla situazione dei braccianti nella Piana di Gioia Tauro, in Calabria. Mediterranean Hope, programma migranti e rifugiati della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), con le associazioni Medici per i diritti umani (Medu), Sanità di Frontiera e Csc Nuvola Rossa e Co.S.Mi. (comitato solidarietà migranti) esprimono "profonda preoccupazione per i rischi per la salute individuale e collettiva derivanti dalle condizioni di vita all’interno della tendopoli di San Ferdinando e degli altri insediamenti precari presenti nella Piana. Chiediamo pertanto che il problema del contenimento del contagio nei luoghi di vita dei braccianti venga affrontato dalle istituzioni con urgenza e con provvedimenti che possano garantire l’efficacia delle misure di quarantena, nonché meccanismi di early warning immediato".

Il timore delle associazioni è che nel caso si presentasse un caso di positività "la propagazione potrebbe avvenire in modo rapido e difficilmente controllabile". "I braccianti si trovano a convivere in gran numero in spazi angusti, privi di validi sistemi di riscaldamento e di areazione -ricordano le associazioni-, condizioni queste che favoriscono la propagazione di eventi epidemici di qualsiasi natura e ancor più di un virus dall'estrema adattabilità e capacità replicativa" come il Covid-19. "La carenza di acqua corrente ed elettricità riscontrate in alcuni insediamenti informali inoltre, impediscono alla popolazione l’adozione delle misure basilari per la prevenzione contagio, prima tra tutte il lavaggio di mani ed abiti". Inoltre, molti di questi braccianti, essendo irregolari, difficilmente si rivolgono ai servizi sanitari e non hanno diritto al medico di base.

Finora i bracciati sono stati seguiti dalla clinica mobile di Medici per i diritti umani (Medu). "I dati raccolti nel corso di tre mesi di operatività evidenziano come un nutrito numero di accessi dei braccianti riguardi casi di flogosi (infiammazioni) delle vie respiratorie. Nella stagione in corso esse rappresentano il 23% nel caso dei pazienti visitati per la prima volta e una percentuale del 22% nel caso di visite successive alla prima, a dimostrazione di come le condizioni abitative favoriscano il protrarsi dei sintomi e il decorso di problemi legati alle malattie respiratorie" Ed è per questo che in caso di contagio da coronavirus tra i braccianti "sarebbe difficilmente controllabile e impossibile da gestire da parte del servizio sanitario locale, che peraltro presenta delle gravi e ben note carenze strutturali".

Per prevenire il contagio e di favorire l’implementazione di un efficace piano di contenimento del virus nella Tendopoli di San Ferdinando, le associazioni chiedono l’adozione di una serie di misure: aumento del numero di tende in modo da diminuire la concentrazione di persone; aumento del numero di servizi igienici e procedere alla loro pulizia e disinfezione due volte al giorno; allestimento di uno spazio di quarantena dotato di servizi igienici in modo da contenere il contagio; installazione di dispenser all'entrata della tendopoli per la disinfezione delle mani; allestimento di un presidio sanitario all’esterno, in modo che del personale medico-infermieristico possa monitorare la situazione sanitaria, effettuare uno screening e intervenire per tempo, procedendo all’eventuale isolamento e quarantena dei casi sospetti o positivi al virus.

Per gli insediamenti informali invece le associazioni raccomandano di "predisporre soluzioni abitative di emergenza per fornire una dimora alternativa alle persone". "In assenza di soluzioni abitative adeguate, garantire l’accesso all’acqua potabile in tutti gli insediamenti, allestire un dispenser per la disinfezione delle mani, garantendo il rifornimento della soluzione disinfettante, predisporre una tenda di emergenza per la quarantena, con servizi igienici annessi".

"Riteniamo, inoltre, fondamentale permettere il rinnovo dei documenti di soggiorno presso Questure e Commissioni Territoriali calabresi, in modo da impedire qualsiasi spostamento delle persone che devono recarsi in altre città per il rinnovo dei documenti" . Le associazioni inoltre "rimangono a disposizione di eventuali indicazioni da parte delle istituzioni, garantendo la piena collaborazione per affrontare questo momento di emergenza sanitaria".

Dario Paladini

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)