Coronavirus. A Padova è un flop la protesta #ioApro1501

Alla protesta di #ioApro1501 aveva aderito una ventina di locali tra città e provincia, ma ieri in città solo la pasticceria “Les Sablon” all’Arcella, ha confermato la protesta e a mezzogiorno ha servito una dozzina di clienti. In provincia i carabinieri hanno controllato 121 locali e hanno chiuso la Locanda del Sole di Vo’. Contrarie alla protesta le associazioni di categoria. Intanto è arrivato un nuovo DPCM valido fino al 5 marzo.

Coronavirus. A Padova è un flop la protesta #ioApro1501

Galeotti son stati i social sui quali si è rincorsa la proposta di #ioApro1501, vale a dire la disobbedienza degli imprenditori della ristorazione che, consapevoli del rischio, hanno deciso di servire ai tavoli i clienti per protestare contro le misure anticovid a loro sfavorevoli. 

Una ventina di locali tra città e provincia avevano aderito alla protesta, ma ieri in città solo Luca Scandaletti, titolare della rinomata pasticceria “Les Sablon” all’Arcella, ha confermato la protesta e a mezzogiorno ha servito una dozzina di clienti.

Al mattino si era presentata la Digos per accertarsi delle intenzioni di Scandaletti e per cercare di dissuaderlo, ma il pasticcere non ha voluto fare retromarcia: «Con la protesta ho voluto dare un segnale forte, unire il comparto. Mi assumo la responsabilità e la polizia ha fatto il suo lavoro. Sono consapevole del Covid e dei danni che ha fatto, ma ne va della nostra sopravvivenza» ha dichiarato alla stampa il titolare de Les Sablon. Così,  mentre i clienti si accomodavano al tavolo, sono arrivate le forze dell’ordine e quattro poliziotti sono entrati nel locale e hanno identificato 9 clienti, 3 dei quali sono stati sanzionati perché residenti in altri comuni. Sicura invece la multa per il titolare perché ha violato le norme in vigore per il contenimento del contagio.

In un paio di locali che inizialmente avevano aderito alla protesta la polizia municipale ha trovato solo clienti in attesa dell’asporto, mentre altri esercenti hanno scelto la strada della protesta simbolica con l’esercizio aperto, ma non “funzionante”.

In provincia i carabinieri hanno controllato 121 locali e 110 persone; solo due le sanzioni: la chiusura della Locanda al sole di Vò e multa a una persona che non aveva titolo per stare fuori del proprio comune.

Tra i locali che in città non hanno aderito alla protesta c’è anche l’Anfora, osteria in ghetto, e Alberto Grinzani, il titolare, spiega: «Questa è una protesta che non trovo giusta perché mette a rischio tutti. Inoltre, se ognuno decide di comportarsi come vuole salta tutto e invece serve il senso dello Stato».

Che la situazione sia difficile è comunque chiaro a tutti anche per questo  le associazioni di categoria cercano soluzioni che diano un po’ d’ossigeno.

Una possibilità di lavoro per i pubblici esercizi arriva dal servizio di “mensa per lavoratori”, uno strumento nuovo grazie al quale se tra un datore di lavoro e un ristorante o un bar esiste un contratto scritto che preveda la mensa, i dipendenti dell’impresa possono mangiare a pranzo o a cena. Ovviamente vanno rispettate tutte prescrizioni: il rispetto della distanza interpersonale di un metro, quattro persone allo stesso tavolo, uso della  mascherina, prodotti sanificanti a disposizione.

Per quanto riguarda #ioApro è chiarissima la posizione APPE che non intende né appoggiare, né avallare alcuna iniziativa che consista in violazioni di legge, pur comprendendo benissimo l’esasperazione degli operatori: «Ovviamente ogni esercente è libero di scegliere se e come manifestare il proprio dissenso – ha dichiarato il segretario Filippo Segato – certo è che la rivolta spontanea di “disobbedienza civile” espone ad una sanzione pecuniaria e alla chiusura. Potrebbero inoltre essere sanzionati anche eventuali clienti presenti all’interno del locale. La protesta è sintomo di un malessere, ma se c’è una legge non possiamo ignorarla. In questa situazione dobbiamo chiedere ristori non la riapertura dei locali, però pretendiamo ristori adeguati. Ci sentiamo abbandonati perché nel 2020 sono arrivati ristori tra il 3 e il 5% del fatturato». 

APPE indica anche un possibile reato penale: “Chiunque non osserva un ordine legalmente dato per impedire l’invasione o la diffusione di una malattia infettiva dell’uomo è punito con l’arresto da 3 mesi a 18 mesi e con l’ammenda da euro 500 ad euro 5.000” recita l’articolo 260 del Regio Decreto n. 1265/1934 (Testo unico delle leggi sanitarie). Insomma meglio protestare con cautela.

Anche la CNA condanna #ioApro: «Non credo che questa forma di protesta sia adeguata al momento che stiamo vivendo. Seppure civile e non violenta va fatta senza trasgredire le regole.  Ciò che dobbiamo richiedere con forza è che quanto assegnato sino ad ora dai diversi decreti venga erogato subito, in attesa che entri a pieno regime il piano di vaccinazioni - commenta  Mirco Froncolati Portavoce regionale Ho.re.ca CNA - Capisco il senso di esasperazione, e da imprenditore del settore ne condivido in pieno le motivazioni, ma non credo che questa forma di protesta sia adeguata al momento che stiamo vivendo».   

Nel frattempo è stato firmato e già pubblicato in Gazzetta Ufficiale un nuovo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM), valido a partire da oggi, 16 gennaio, fino al 5 marzo 2021.

Se il Veneto resta in zona arancione per i pubblici esercizi e ristoranti  è confermata la sospensione dell’attività di somministrazione e rimangono consentiti il servizio di vendita per asporto fino alle ore 22 e il servizio a domicilio 24 ore su 24.

Per i bar e il “commercio bevande” la vendita per asporto è consentita fino alle 18.  Prosegue il servizio di “mensa contrattualizzata”.

Rimangono sospese le attività di sala giochi anche all’interno dei pubblici esercizi e di sala da ballo. Restano chiusi i musei e le mostre, così come rimangono sospesi i convegni e congressi “in presenza”. Lo svolgimento di manifestazioni pubbliche è consentito solo in forma statica. Sono altresì vietate le sagre, le fiere ed analoghi eventi. I negozi possono continuare a rimanere aperti, ma le attività commerciali presenti all’interno dei centri commerciali sono chiuse nelle giornate festive e prefestive tranne: farmacie, parafarmacie, alimentari, tabaccherie ed edicole. Rimangono consentite le attività delle strutture ricettive nel rispetto delle previste linee guida.

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