Corridoi umanitari: arrivati a Fiumicino altri 77 profughi siriani dal Libano

Sono atterrati tra ieri e oggi a Roma 77 profughi siriani, tra cui una trentina di bambini, grazie ai corridoi umanitari promossi dalla Comunità di Sant'Egidio, dalle Chiese evangeliche e Tavola valdese. Dal 2016 ad oggi ne sono arrivati 2.600 in Europa. Sulla sfondo la vicenda Sea-Watch 3 e il dramma dei migranti centroamericani

Corridoi umanitari: arrivati a Fiumicino altri 77 profughi siriani dal Libano

Sono entrati cantando in italiano “Viva viva Italia, viva viva pace”. Due ragazzini con disabilità in sedia a ruote, i  bambini piccoli che reggevano lo striscione “Benvenuti in Italia”, scritto anche in arabo. Dietro i loro genitori. Stavolta sono 77 i  profughi siriani, tra cui una trentina di bambini, giunti  dal Libano all’aeroporto di Fiumicino tramite i corridoi umanitari promossi dalla Comunità di Sant’Egidio, Fcei (Federazione Chiese evangeliche italiane) e Tavola Valdese, in accordo con i Ministeri degli interni e degli esteri. Da febbraio 2016 ad oggi circa 2.100 profughi sono già arrivati in Italia con questa modalità, di cui oltre 1.600 dal Libano e altri 500 dall’Etiopia. 500 sono andati invece in Francia, Belgio e Andorra. Le persone vengono accolte da associazioni, gruppi di famiglie, parrocchie e comunità in diverse regioni italiane. Per gli adulti è previsto l’apprendimento della lingua italiana e l’inserimento lavorativo. I bambini vanno a scuola. Le famiglie arrivate tra ieri e oggi andranno a Cittadella (Padova), Milano, Roma, Rimini, Gonzaga (Mantova), Bari. A fronte del clima di festa per questo nuovo arrivo,  aleggia un sottofondo di tristezza per il destino drammatico di tante altre persone migranti: la foto scioccante del papà e della bimba morti annegati nel Rio Grande, nel tentativo di oltrepassare la frontiera tra Messico e Stati Uniti; la penosa vicenda della nave Sea-Watch 3, ora ferma nel porto di Lampedusa, costretta da 15 giorni a tenere a bordo 42 persone, alle quali non viene concesso di sbarcare. Tutto ciò mentre, nelle stesse ore, almeno 300 altri migranti sono arrivati per conto proprio a Lampedusa.

Sea-Watch: cattolici, protestanti e 50 comuni tedeschi pronti ad accoglierli.  “Far sbarcare subito le 42 persone a bordo della nave Sea-Watch 3. Troverebbero accoglienza nelle comunità cattoliche e protestanti e lavoro in 50 comuni tedeschi”: questa la proposta e l’appello lanciato oggi da Paolo Naso, della Federazione Chiese evangeliche italiane (Fcei) all’aeroporto di Fiumicino. “Siamo felici per questi nuovi arrivi ma sentiamo anche profonda tristezza –  afferma   -, perché nello stesso momento ci sono altrettante persone in mezzo al mare che non sanno quale sarà il loro destino”. La Fcei esprime di nuovo il proprio “disappunto” per la vicenda della Sea-Watch 3 e rilancia: “Siamo pronti ad accoglierli a nostre spese”.

“Anche se non ci sarà una soluzione politica vogliamo dire che la soluzione pratica è disponibile”.

Naso chiede “di depoliticizzare l’argomento e farne un tema esclusivamente umanitario, facendo scendere le persone dalla nave. Se questo succederà la nostra gioia sarà piena e completa”. Poi precisa al Sir che la Fcei ha già preso contatti con la Ekd, la Federazione delle Chiese evangeliche in Germania, che rappresenta 26 milioni di persone: “Ci siamo incontrati con loro e l’equipaggio della Sea-Watch a Licata prima della crisi. In questi giorni ci hanno confermato che le 42 persone potrebbero andare a vivere e lavorare in Germania.

Nel frattempo, in attesa dell’accordo con la Germania, potrebbero essere accolti dalla diocesi di Torino”. Naso ha anche rilanciato la proposta di corridoi umanitari europei dalla Libia per 50.000 persone.

“Europa e Usa aprano nuovi corridoi umanitari”. Una richiesta all’Europa e agli Stati Uniti per “aprire nuovi corridoi umanitari. Non esistendo vie legali sono l’unica strada oggi praticabile e che funziona molto bene”. Lo ribadisce Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio. “È un momento molto difficile per tante persone migranti – dice -. Non solo nel Mediterraneo ma anche in Messico, nel Centro America”.

“Guardando a tanta disumanità i corridoi umanitari potrebbero invece chiamarsi ‘corridoi umani’”.

Poi si rivolge direttamente alle famiglie di profughi siriani arrivate stamattina: “Da oggi questo Paese è la vostra casa, sarete accolti da famiglie e comunità italiane, una sola famiglia dove nessuno sarà escluso. I vostri bambini potranno finalmente andare a scuola, perché nei campi non era possibile. Ai genitori auguro di imparare presto la lingua italiana, per integrarsi bene nella nostra società”.

La famiglia di Omar e Leila. Tra le famiglie siriane c’è quella di Omar e Leila (sono nomi di fantasia), fuggiti da Hama all’inizio della guerra. Hanno quattro bambini di 10, 7, 4 e 1 anno, gli ultimi sono nati nel campo profughi in Libano. La primogenita e la più piccola hanno gravi problemi di vista, “malattie che in Occidente sono facilmente curabili ma che in quelle condizioni provocano la cecità”, spiega al Sir Davide Zurlo, della Ong “Una proposta diversa”. Davide e Samer Sibai, siriano naturalizzato italiano, sono venuti ad accogliere questa famiglia per portarli con loro a Cittadella, comune di 20.000 abitanti in provincia di Padova. Saranno ospitati in una canonica e supportati da una rete di volontari che si è costituita appositamente.

Sorprendente boom di disponibilità.L’aspetto sorprendente di questa esperienza dei corridoi umanitari è che “più il clima politico e sociale diventa più pesante più veniamo tempestati di telefonate da singoli, famiglie, parrocchie, comunità, associazioni. Tutti si dicono disponibili all’accoglienza”, rivela Valeria Guterrez, volontaria della Comunità di Sant’Egidio. In questi anni si è creata sul territorio una rete di 145 associazioni, con storie di grande generosità e umanità. Come il gruppo di avvocati che a Firenze si autotassa per sostenere una famiglia siriana. O i tanti abitanti dei piccoli paesi che, superata la diffidenza iniziale, dopo poco tempo si mobilitano per dare aiuti. “Oggi la ribellione non si esprime più solo con le manifestazioni – conclude – ma con la proposta di gesti concreti”.

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Fonte: Sir