Covid-19, ecco perché inserire nel piano vaccinale anche migranti e rifugiati

Diversi studi internazionali sottolineano come la popolazione straniera, regolare o irregolare, sia un target da monitorare e tutelare. In Italia le organizzazioni sollecitano il ministero della Salute, ma per ora nessuna risposta. Geraci (Simm): “Nostre preoccupazioni sono fondate”

Covid-19, ecco perché inserire nel piano vaccinale anche migranti e rifugiati

"Se non stiamo attenti e decidiamo di includere i migranti nei piani di vaccinazione, pagheremo tutti un prezzo molto alto". A lanciare l’allarme è stata l’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) in un documento datato 22 gennaio. “I migranti svolgono un ruolo enorme nel nostro sviluppo socioeconomico e nel benessere collettivo. Nonostante ciò, in molti sono rimasti sproporzionatamente esposti a rischi per la salute eccessivi a causa delle loro condizioni di vita e di lavoro e hanno continuato ad affrontare enormi sfide nell'accesso alla cura per il  Covid-19 e ad altri servizi sanitari essenziali ", ha spiegato il Direttore Generale Antonio Vitorino. Che aggiunge: "i vaccini Covid-19 forniscono l'opportunità che stavamo aspettando, ma solo se li usiamo in modo saggio e strategico, proteggendo prima i più a rischio, indipendentemente dalla loro nazionalità e dallo stato di immigrazione legale".

Anche nel nostro paese le principali organizzazioni che si occupano di migranti e rifugiati stanno sollecitando il Governo perché inserisca nel piano vaccinale tutte le persone vulnerabili, comprese quelle non di nazionalità italiana, ospitate nei centri di accoglienza e coloro che vivono in strada o nei siti informali. Lo hanno fatto con una lettera indirizzata al ministro Roberto Speranza, il 4 febbraio scorsoche ancora non ha ottenuto risposta. Lo hanno ribadito in occasione della presentazione del secondo monitoraggio sulla gestione del coronavirus nelle strutture di accoglienza, sparse su tutto il territorio nazionale. “Ci siamo attivati su vari livelli per fare sensibilizzazione e advocacy sul tema vaccini. Nella lettera al ministro abbiamo sottolineato anche una serie di preoccupazioni e proposte concrete, ma la lettera non ha avuto riscontro - spiega Salvatore Geraci di Simm, Società italiana Medicina della migrazione -. Le nostre preoccupazioni però non sono infondate: già a dicembre 2020 l’ Oms ha pubblicato i risultati di un sondaggio sull'impatto del Covid sui migranti, comprese le persone con status irregolare. Ebbene, il 35 per cento dei circa 30 mila migranti intervistati ha detto di non aver cercato assistenza sanitaria per sospetta infezione Covid per problemi economici, il 22 per cento per paura di espulsione. Questa popolazione va quindi monitorata e tutelata. Anche se in  Italia sulla carta tutti sono tutelati per legge, perché sono vietati interventi di denuncia, segnalazioni ed espulsioni per persone in condizione irregolarità”.

Secondo Geraci, come sottolineato dall’ Oim , i piani di vaccinazione devono includere i migranti se vogliono essere efficaci. Di recente, sono stati pubblicati anche due documenti importanti dell’ Ecdc (European centre for desaese prevention and control), la massima autorità a livello internazionale sulla prevenzione delle malattie. “Nei report l’Edcd spiega che migranti e rifugiati sono dei potenziali gruppi target per le vaccinazioni. E dice ai governi di includerli, tenendo conto delle strutture di accoglienza che ospitano numeri alti di persone e dove il distanziamento non può avvenire, così come i rifugi dei senzatetto - aggiunge Geraci -. C’è quindi un’attenzione sul tema a livello internazionale”.

Di recente anche l’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) nelle faq relative ai vaccini ha spiegato che saranno vaccinate tutte le persone presenti sul territorio italiano con o senza permesso di soggiorno. Anche se nella domanda successiva, tra i documenti necessari per l’accesso, inseriva il documento d’identità e la tessera sanitaria. “Questo rappresentava un problema per i senza dimora, le persone appena sbarcate, alcuni gruppi di rom - aggiunge ancora l’esperto del Simm -. Con un lavoro di rete e puntuale siamo riusciti a interagire con l’Aifa e il 3 febbraio è cambiata l’indicazione sul sito. Ora si dice chiaramente che si può usare qualsiasi documento anche non valido, il codice stp o eni. In mancanza di documenti verranno registrati i dati anagrafici dichiarati dalla persona”.

Ma se a livello scientifico i passi avanti ci sono, il feedback che manca è quello del ministero della Salute. “Non si registrano novità sostanziali nel piano strategico di vaccinazione. Quello che continuiamo a chiedere è di inserire le strutture di accoglienza, le persone fragili ma anche gli operatori - continua Geraci -.  L’8 febbraio sono state rese note le nuove disposizioni sulle vaccinazioni, non si parla più di fragilità in forma generica, ma declinata in base alle patologia. Quindi ora è ancora più difficile inserire la fragilità sociale, che non è una patologia”. 

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)