Cresce l’occupazione, cala il potere di acquisto. A fronte di un segno più per il lavoro, le retribuzioni invece crescono poco, meno del carovita
In meno di un decennio i lavoratori italiani hanno perso circa il 10 per cento del loro potere di acquisto
Da una parte, numeri record per quanto riguarda l’occupazione in Italia. Stando ai dati Istat, per la prima volta è stata superata la soglia dei 24 milioni di occupati, con una partecipazione al lavoro che tocca quota 62,3 per cento (più bassa la percentuale femminile, ma comunque in continuo aumento).
E ancora: decisa crescita dei contratti a tempo indeterminato (più 437mila) e continuo calo di quelli a tempo determinato. Segno che le aziende si tengono strette i lavoratori e che il precariato è in calo. D’altronde, la difficoltà maggiore nelle economie italiane più avanzate è proprio quella di trovare manodopera. Aumenta pure il numero delle partite Iva, arrivate a quota 5,2 milioni: una fiscalità favorevole certo spinge molti ad imboccare questa strada. E insomma, il mondo del lavoro italiano sembra una bella rosa priva di spine. E così è da un decennio, quindi suona ancora più strano il tentativo di cancellare via referendum il Jobs Act che, invece di creare precariato, ha in realtà stabilizzato e fatto lievitare la platea dei lavoratori.
Dicevamo: da una parte. Perché allora non esultare? Perché, dall’altra, ci sono altri numeri che impongono importanti riflessioni. In meno di un decennio i lavoratori italiani hanno perso circa il 10 per cento del loro potere di acquisto. Le retribuzioni crescono poco, meno del carovita. Si regolarizza, ma a stipendi bassi e più o meno inchiodati. Così, tra l’altro, molte figure professionali di livello se ne vanno all’estero, per guadagnare di più e così impoverendo il tessuto produttivo italiano.
E perché gli stipendi non crescono almeno quanto in Germania, Francia, addirittura Spagna? Perché in generale il lavoro italiano è di bassa qualità, fatica a produrre nuova ricchezza. Senza la quale non si distribuisce la stessa. I numeri in questo senso sono impietosi. Questo è il vero tema che deve affrontare il governo se vuole indirizzare l’Italia verso un percorso di crescita. Perché l’occupazione aumenta e, in parallelo, aumenta la difficoltà di molti italiani di far quadrare i conti a fine mese.