Crescono i migranti nel mondo (+ 9 milioni). Ue sempre più chiusa

I dati del rapporto Idos. In tutto 281 milioni di persone, il 3,6% della popolazione planetaria, 48 milioni sono sfollati interni. In controtendenza i dati della sola Europa: calano gli attraversamenti irregolari e il numero di rifugiati. Primo paese di accoglienza resta la Germania

Crescono i migranti nel mondo (+ 9 milioni). Ue sempre più chiusa

Crescono i migranti nel mondo: a metà del 2020 sono 281 milioni (per il 48% donne), nove milioni in più dell’anno precedente. Un numero pari al 3,6% dell’intera popolazione planetaria (7,8 miliardi di abitanti). E, nonostante le chiusure delle frontiere dovute all’emergenza Covid,  l’aumento dei migranti internazionali ha superato la crescita media del quadriennio precedente (+6 milioni all’anno). Nel 2020 le restrizioni alla mobilità umana hanno infatti penalizzato soprattutto i profughi, da una parte restringendo le loro possibilità di fuga e, dall’altra, impedendo gli interventi e gli approvvigionamenti nei vari campi, spesso sovraffollati, in cui vengono tenuti confinati. Non a caso, tra i migranti forzati nel mondo, i richiedenti asilo (4,1 milioni) sono ben 1,5 milioni in meno rispetto alle previsioni Onu per il 2020, mentre ben 48 milioni sono sfollati interni (quindi migranti che non sono usciti dal proprio Paese). Per il resto, 20,6 milioni sono rifugiati dallo status riconosciuto, 5,7 milioni profughi palestinesi sotto mandato dell’Unrwa e 3,9 milioni sfollati venezuelani all’estero.

A questi si aggiungono i cosiddetti migranti ambientali, persone che fuggono da territori resi inabitabili da catastrofi “naturali” (desertificazioni, inondazioni, siccità, uragani e tifoni, avvelenamento di aria, acque e terreni ecc.) provocate dai sempre più gravi cambiamenti climatici, che nel corso del 2020 hanno conosciuto il numero-record di 30,7 milioni di nuovi sfollati, oltre 3 volte superiore a quello degli sfollati per guerre e violenze (9,8 milioni).

Le principali aree di origine dei migranti internazionali sono Asia (111 milioni) ed Europa (67 milioni), seguite da America (47 milioni, di cui 43 dall’America latina), Africa (41 milioni) e Oceania (2 milioni). Il primo Paese di partenza è l’India (17,9 milioni di emigrati), seguita da Messico (11,2 milioni), Federazione russa (10,8 milioni), Cina (10,5 milioni) e Siria (8,5 milioni), che, giunta al decimo anno consecutivo di devastante guerra civile, vede metà della nazione (48,3%) emigrata all’estero e un terzo sfollata all’interno.

Attualmente nel Sud del mondo abita l’82,6% della popolazione mondiale (6,4 miliardi di persone) con un Pil pro- capite oltre 4 volte inferiore a quello del Nord del mondo (meno di 10.700 dollari Usa contro 45.000), dove il restante 17,4% degli abitanti della Terra dispone di quasi la metà di tutta la ricchezza mondiale. In particolare, il Subcontinente indiano e l’Africa subsahariana, specialmente orientale (il cui Pil pro capite è di appena 2.500 dollari Usa), restano le aree la cui popolazione è in assoluto la più povera del pianeta (basti solo pensare che in Africa vive oltre un sesto della popolazione mondiale, destinato ad aumentare dell’85,7% a metà secolo, il quale dispone di appena un ventesimo dell’intera ricchezza del pianeta)

In un simile contesto, le rimesse degli immigrati verso i cosiddetti Paesi “in via di sviluppo” (540 miliardi di dollari Usa nel 2020, appena l’1,6% in meno rispetto all’anno precedente) rappresentano, per le economie nazionali più deboli, una risorsa preziosa, che ancora una volta dimostra una sostanziale resistenza anche in periodi di grave recessione economica.

Unione europea sempre più chiusa (anche per Covid)

All’inizio del 2020 gli stranieri residenti nei 27 Paesi dell’Ue (Regno Unito escluso, a Brexit ormai compiuta) sono 36,5 milioni (l’8,2% di tutta la popolazione residente), di cui i non comunitari ammontano a poco più di 22 milioni. Il primo Paese per numero di residenti stranieri continua ad essere la Germania (circa 10,4 milioni, il 12,4% della popolazione complessiva), seguita a distanza dalla Spagna (oltre 5,2 milioni e 11,0%) e dalla Francia (5,1 milioni e 7,6%). L’Italia è quarta con poco più di 5 milioni di residenti stranieri, l’8,4% della popolazione totale (in linea con la media Ue). Questi primi 4 Paesi di immigrazione assommano il 70% delle presenze straniere nell’Unione.

“La chiusura delle vie legali di ingresso per i migranti economici non comunitari, messa in atto da molti Paesi dell’Unione da molto prima della pandemia, insieme al blocco dei flussi non programmati con la sistematica attuazione di espulsioni e respingimenti sia ai confini (interni ed esterni all’Ue) sia lungo le rotte (terrestri e marittime) dei migranti forzati, hanno finito per trovare nell’irruzione del Covid-19 un valido alleato” si legge nel report. Come per le politiche migratorie, anche per quelle di contenimento della pandemia, l’Ue per un anno e mezzo (fino alla concordata introduzione del cosiddetto Green pass digitale, nell’estate del 2021) ha lasciato all’iniziativa unilaterale dei singoli Stati membri l’adozione di criteri e provvedimenti in materia di mobilità (controlli sanitari, quarantene, lockdown e chiusura delle frontiere, anche nei confronti degli stessi cittadini comunitari). Così, il protrarsi della pandemia è andato di pari passo al mantenimento o al rafforzamento di misure restrittive che hanno reso ancora più proibitivo l’ingresso e la circolazione in Europa, con un impatto senza precedenti sui flussi migratori, compresi quelli di carattere temporaneo e circolare.

Ne sono derivati, da un lato, carenze di manodopera straniera in diversi e importanti settori produttivi, e dall’altro, a causa delle pesanti ripercussioni delle misure anti-Covid sulle economie e sul lavoro, un incremento del tasso di disoccupazione tra tutte le componenti della popolazione attiva e una generale destabilizzazione del mercato occupazionale.

In Ue i numeri sono in diminuzione sia per quanto riguarda gli  attraversamenti irregolari delle frontiere (125.110, -11,7% rispetto alle 141.741 del 2019, che già aveva segnato il picco più basso dal 2015) sia per il numero di rifugiati e richiedenti asilo (quasi 3,4 milioni, -1,7%
rispetto al 2019), che incidono per appena lo 0,8% sulla popolazione dell’Unione. In particolare, in base ai dati Frontex l’81% degli attraversamenti irregolari del 2020 è avvenuto lungo il Mediterraneo, dove le morti accertate di migranti sono state 1.427 (e altre 1.445 tra il 1° gennaio e il 1° settembre 2021, secondo l’Oim). La rotta centrale è tornata ad essere la più battuta (sebbene con un numero di sbarchi, 35.673 tra Italia e Malta, oltre 5 volte inferiore a quello del 2016) e al tempo stesso rimane la più letale al mondo (oltre 18mila morti accertati tra il 2014 e settembre 2021), anche per l’assenza di operazioni di soccorso e salvataggio di iniziativa Ue e per i pesanti ostacoli imposti dai governi a quelle delle Ong.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)