Dl immigrazione, per la cittadinanza si torna ai due anni. “Procedure ancora lunghe”

Si torna ai tempi previsti prima dell’entrata in vigore dei decreti sicurezza voluti dall’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini. Lo prevede un emendamento approvato in Commissione. Il Movimento Italiani senza cittadinanza: “Si renda retroattivo, noi già danneggiati tantissimo”

Dl immigrazione, per la cittadinanza si torna ai due anni. “Procedure ancora lunghe”

Chi chiede di poter diventare cittadino italiano per residenza o matrimonio non dovrà più aspettare tre anni ma due. Si torna, cioè, ai tempi previsti prima dell’entrata in vigore dei decreti sicurezza voluti dall’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini. Lo prevede un emendamento approvato in Commissione Affari costituzionali durante la discussione del decreto Immigrazione. Il provvedimento aveva già ridotto di un anno, da 48 a 36 mesi il tempo di durata delle risposte, ora con la riduzione un ulteriore anno, si torna alla formulazione iniziale di 24 mesi estendibili però fino a 36. La misura non è retroattiva.

Cauta la soddisfazione del Movimento Italiani senza cittadinanza, che da tempo sta facendo una battaglia sulle procedure. “Da questa estate come movimento abbiamo chiesto di ridurre i tempi di durata delle pratiche di cittadinanza ad un anno, come già è in altri Paesi europei - spiega Paula Baudet Vivanco, una delle attiviste -. Questo perché il primo decreto sicurezza ci aveva danneggiato tantissimo, fin dal 2018, portando la durata a ben quattro anni di attesa. Alcune settimane fa il nuovo decreto Immigrazione ha abbassato i tempi a tre anni, che però restano troppi, soprattutto per chi come noi aspetta da quasi tutta la vita. Ora alla Camera stanno cercando di avvicinarsi alla durata di 24 mesi che era prevista prima dei decreti sicurezza. È un passo nella giusta direzione, cominciare ad arrestare l'accanimento burocratico contro le nostre esistenze”. 

Secondo Vivanco è positivo che i parlamentari stiano ascoltando le richieste dei diretti interessati. Ma non basta, “perché siamo perplessi sulla formulazione che renderebbe i 24 mesi estendibili comunque a 36 mesi. Chi, come e perché deciderebbe quanto ancora dobbiamo aspettare per vedere riconosciuti i nostri pieni diritti? - si chiede - 24 mesi sono comunque tanti e lunghi e più che sufficienti per dare una risposta alle nostre richieste di cittadinanza, di venire riconosciuti davvero parte del Paese in cui siamo cresciuti e cresciute. Speriamo che in Aula alla Camera ci sia una formulazione che diminuisca chiaramente e per tutti noi la durata del nostro calvario e che renda retroattiva la nuova norma sui tempi delle pratiche, ossia valida anche per chi ha già fatto domanda”.

Dall’inizio della discussione in Commissione sono passati diversi emendamenti che stanno nei fatti modificando il decreto Immigrazione. Sul soccorso in mare, per esempio, nel caso di operazioni di ricerca e soccorso effettuate dalle navi delle ong, si prevedono come obblighi internazionali anche quelli previsti dalla Cedu e dalle normative internazionali ed europee sul diritto di asilo. Inoltre, per quanto riguarda i decreti flussi è stato eliminato il vincolo delle quote stabilito, in assenza di programmazione triennale, in base all’ultimo decreto emanato. E’ stato poi ampliato lo spettro delle identità di genere nel caso di persecuzione. 

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)