Don Roberto non sia dimenticato: appelli e mobilitazione del volontariato comasco

Due petizioni chiedono al Comune di aprire un dormitorio e di intitolarlo al sacerdote ucciso. Duro editoriale del direttore del settimanale diocesano: “Il lutto cittadino è stato gesto squisito e garbato. Ma non ce ne facciamo niente, se poi, riposti i gonfaloni, tutto ritorna come prima”

Don Roberto non sia dimenticato: appelli e mobilitazione del volontariato comasco

La morte di don Roberto Malgesini, ucciso da un senza dimora a Como il 15 settembre, non ha fermato il volontariato comasco impegnato nell'accoglienza e nell'assistenza di chi vive in strada. E nel ricordo di don Roberto (“il prete degli ultimi”), chiede alle istituzioni, in particolare al Comune, di cambiare politica nei confronti degli ultimi della città. Una petizione su change.org, promossa da una pensionata di Milano, Beatrice Lo Faro, in cui chiede al Comune di intitolare un nuovo dormitorio a don Roberto ha raccolta finora oltre 8.700 firme. E Como senza frontiere, rete alla quale aderiscono una cinquantina di associazioni, sabato 3 ottobre ha anche organizzato una raccolta di firme “in concordia con la petizione web” per chiedere all'amministrazione comunale “di adempiere ai suoi compiti, mettendo a disposizione di tutti/e i senza dimora un dormitorio e centro diurno che affronti la vergognosa e irresponsabile situazione di persone costrette in strada in una delle città più ricche d’Italia”.

Intanto il Gruppo della Colazione, fondato da don Roberto per portare té, latte e pane ogni mattina ai senza dimora, continua a portare avanti il proprio impegno. “Non ci siamo mai fermati -racconta Luigi Nessi, uno dei volontari del gruppo-. Dopo la morte di don Roberto sono arrivate anche nuove persone a fare volontariato”.

“Dopo il tempo della commozione e della preghiera, viene quello dell'azione”, scrive su Il settimanale della diocesi di Como il direttore don Angelo Riva. “Non vorremmo che si avverasse il detto: “Chi muore giace, e chi vive si dà pace” -scrive il sacerdore-. Il lutto cittadino è stato gesto squisito e garbato, come pure l’ammirevole concorso dell’intera città per restituire a don Roberto la dignità profanata dalla mano omicida. Ma non ce ne facciamo niente, se poi, riposti i gonfaloni, tutto ritorna come prima”. E aggiunge: “Don Roberto ha lottato a mani nude contro uno dei problemi nodali del nostro tempo: quello della marginalità e dell’esclusione, reso ancor più rovente dalle migrazioni. Quanto la città lo ha sostenuto? O piuttosto ignorato, se non contrastato? La domanda è in capo anzitutto alle comunità cristiane, alla rete delle parrocchie, ma non di meno all’autorità politica e alla cittadinanza tutta. Scansarla, dopo i giorni del cordoglio e dell’ammirazione, sarebbe pura ipocrisia”. Anche il direttore de Il Settimanale sottolinea l'urgenza di un dormitorio per i senza dimora e di un progetto di inclusione. Per don Angelo si potrebbe “trovare finalmente un tetto per le decine di 'invisibili' che vagano come spettri (e lordano anche, stavolta visibilmente) nella nostra città; e sotto questo tetto convocare e responsabilizzare le migliori energie solidali e fraterne della città di Como, coinvolgendole in un progetto condiviso di tutela della dignità umana. Grosso modo quel clima di sinergia e collaborazione che si è respirato nei giorni dei funerali di don Roberto. Ma che rischia appunto di evaporare in fretta, lasciando sul campo i problemi di sempre (con un operaio in meno). È ovvio che l’appello scuote anzitutto le autorità politiche, a cui spetta di promuovere il concorso di tutti al bene comune”.

Con l'inizio dell'autunno e l'arrivo dell'inverno la situazione per i senza dimora rischia di essere più difficile degli altri anni, visto che l'epidemia da Covid-19 ha costretto finora le mense per i poveri a distribuire solo pranzi o cene al sacco. Gli enti che gestiscono hanno pertanto lanciato un appello sia agli enti pubblici che ai privati perché mettano a disposizione una struttura in cui i senza dimora possano consumare il pasto ricevuto. Le mense continueranno a preparare pranzi e cene da asporto, ma nessuna di loro ha spazi adatti a garantire il distanziamento dei commensali. Ecco perché occorre “trovare un luogo dove gli ospiti delle mense possano consumare i pasti seduti e al riparo, specie con l’arrivo dell’inverno. È una questione di rispetto della dignità umana e contribuirà all’ordine e decoro della nostra città”, scrivono Fondazione Caritas Solidarietà e Servizio Onlus, la Casa della Missione di Como – Missionari Vincenziani, la Casa Vincenziana Onlus, la Mensa serale Beato Luigi Guanella – Suore Guanelliane Figlie di Santa Maria della Provvidenza e l’ Associazione Incroci – Mensa serale Beato Luigi Guanella.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)