Droghe e diritti, l’Onu bacchetta l’Italia. “Preoccupazione per l’approccio punitivo”

Il Comitato per i diritti economici, sociali e culturali dell’Onu ha espresso preoccupazione per l'approccio punitivo al consumo di droghe e per l'insufficiente disponibilità di programmi di Riduzione del danno. Stefano Vecchio (Forum droghe): “La riproposizione ossessiva della guerra alla droga non fa altro che negare i diritti umani delle persone che usano droghe, violando i trattati internazionali"

Droghe e diritti, l’Onu bacchetta l’Italia. “Preoccupazione per l’approccio punitivo”

Il Comitato per i diritti economici, sociali e culturali dell’Onu (Cescr) ha chiuso la scorsa settimana la sua 72esima sessione, rilasciando le osservazioni conclusive su El Salvador, Mongolia, Guatemala, Tajikistan, Lussemburgo e Italia. Nelle osservazioni conclusive il Comitato "esprime preoccupazione per l’approccio punitivo al consumo di droghe e per l’insufficiente disponibilità di programmi di riduzione e del danno" e "raccomanda che lo Stato riveda le politiche e le leggi sulle droghe per allinearle alle norme internazionali sui diritti umani e alle migliori pratiche, e che migliori la disponibilità, l’accessibilità e la qualità degli interventi di riduzione del danno”.
Per il Forum droghe questo del Cescr è “un chiaro richiamo all'Italia a rivedere nel senso della decriminalizzazione e della garanzia dei programmi di Riduzione del Danno, che per le Nazioni Unite è parte integrante del diritto alla salute”.

Nel 2019 Forum Droghe e Harm Reduction International, insieme a Lila, la Società della Ragione, Itanpud presentarono delle osservazioni  che mettevano in luce come le politiche sulle droghe applicate in Italia violassero i diritti umani.
Susanna Ronconi, che per Forum Droghe ha seguito il percorso di stesura delle note al Cescr, è soddisfatta delle osservazioni rilasciate dal Comitato Onu: "La decisione sull’Italia recepisce e accoglie quanto da noi documentato nel 2019 circa la violazione dei diritti umani nell’ambito delle politiche delle droghe italiane. Nel testo  avevamo infatti denunciato la discriminazione e repressione subita dalle persone che usano droghe (Pud): sia per quanto riguarda il diritto alla salute, che viene violato a causa del mancato accesso ai servizi di Riduzione del danno (RdD) in molta parte del Paese, che per il diritto alla giustizia, con la criminalizzazione delle persone che usano droghe anche con sanzioni amministrative stigmatizzanti e desocializzanti, e l'abnorme carcerazione per droghe dovuta a una normativa che non rispetta il principio di proporzionalità delle pene, con riferimento soprattutto ai reati minori".

Per Stefano Vecchio, presidente di Forum Droghe, "è un intervento rilevante e autorevole, che conferma quanto proposto dagli esperti nella Conferenza nazionale sulle droghe. Le scomposte dichiarazioni dei vari Gasparri, Bellucci e Giovanardi contro il pur timido Piano di Azione Nazionale sulle Dipendenze (Pand), la Riduzione del Danno e le sperimentazioni collegate evidenziano l'approccio ideologico della nuova maggioranza e la disinformazione sulle numerose prove di efficacia da anni disponibili nella letteratura. La riproposizione ossessiva della guerra alla droga non fa altro che negare i diritti umani delle persone che usano droghe, violando i trattati internazionali". 
Conclude Vecchio: "Con una maggioranza parlamentare che sembra continuare a guardare il tema droghe con il paraocchi, tocca ora alle istituzioni locali, in primo luogo le Regioni e le Città, costruire un atto di indirizzo partecipato con la società civile e le organizzazioni delle PUD per garantire i diritti sanciti dai Livella Essenziali di Assistenza sulla Riduzione del Danno sull'intero territorio nazionale".

Secondo il Forum Droghe, non è stata importante solo per l'Italia questa sessione. “L’altra importante notizia infatti riguarda la decisione del Comitato di avviare i lavori su un Commento Generale sull'’impatto delle politiche sulla droga sui diritti economici, sociali e culturali’. Un passo avanti verso un’approccio complessivo alla questione droghe, troppo spesso relegata a fatto criminale o – quando va bene – sanitario, senza mai indagare invece le sue dimensioni sociali, economiche e culturali”.

Per Giada Girelli, Harm Reductioni International, "la decisione del Comitato sui diritti economici, sociali e culturali di sviluppare un commento generale dedicato alle politiche di droga è di importanza storica, e segnala - ancora una volta - la crescente importanza dei diritti umani nel dibattito in tema di droghe. La devastazione economica, sociale e ambientale causata da politiche punitive è ormai sotto gli occhi di tutti, e i meccanismi internazionali sui diritti umani sono sempre più determinati nel tracciare la strada verso politiche più umane, efficaci, ed eque. Il nuovo commento generale - conclude Girelli - sarà una guida fondamentale per i governi nell'allineare le loro politiche di droghe con gli obblighi internazionali, e per la società civile impegnata a monitorare tali obblighi".

I numeri della Riduzione del danno in Italia

Solo 5 regioni hanno una solida implementazione della Riduzione del danno. Da una ricerca condotta dalle Ong, solo un terzo circa di tutti i servizi di Riduzione del danno è stato considerato "stabile", il resto è esternalizzato e soggetto a rinnovi, spesso incerti e di breve durata. Ci sono 6 regioni in cui i servizi di riduzione del danno sono totalmente assenti, altre in cui sono presenti solo in pochi luoghi. Anche nelle regioni in cui sono più diffusi, non tutti i servizi sono disponibili e accessibili in tutte le città.
Solo 9 regioni hanno programmi di scambio siringhe; alla terapia sostitutiva degli oppioidi accede solo il 30% della popolazione potenziale. Il drug checking fa parte del pacchetto di interventi solo in 4 Regioni. La strategia del naloxone a domicilio è garantita solo in 7 regioni. Solo il 28% delle persone assistite dai servizi pubblici è stato sottoposto al test dell'Hiv. Circa il 22% delle persone in trattamento è stato sottoposto a test per Hbv e Hcv. L'unico servizio di riduzione del danno attualmente disponibile per i detenuti in Italia è la terapia sostitutiva degli oppioidi, ma la continuità delle cure spesso non è garantita. Tutti gli altri servizi non sono consentiti, perché l'uso di droghe in carcere è illegale e quindi ufficialmente "negato".

I numeri della repressione sulle droghe in Italia

Il 36% delle persone che entrano in carcere sono definite "tossicodipendenti". Le persone presenti in carcere nel 2021 hanno raggiunto un livello record rispetto alla popolazione detenuta: 28,16%. Il 35% dei detenuti in Italia è in carcere per droga. Il doppio della media europea e molto di più della media mondiale. Sette su dieci sono in carcere per reati minori.
“Le pene sono sproporzionate rispetto al codice penale: lo spaccio viene punito fino a 20 anni, come l'omicidio – afferma il Forum droghe -. Nonostante il referendum del 1993 che ha tolto il carcere per il consumo, è rimasta la struttura repressiva della legge, con una distinzione molto sottile tra uso personale e spaccio, a causa dei bassi limiti di detenzione - in particolare per la cannabis - che sono indeterminabili per i consumatori (essendo basati sul principio attivo e non sulla sostanza lorda). Questi si trovano spesso di fronte alla necessità, nei fatti una inversione dell'onere della prova, a dover dimostrare nel processo il consumo personale”.
Sono oltre 230.000 i fascicoli presenti nei tribunali italiani per droghe. Le sanzioni amministrative per il consumo non sono semplici multe. “Si tratta di misure punitive ed emarginanti, come la revoca della patente e del passaporto, anche senza che la persona abbia mai tenuto una condotta pericolosa. La loro perdita in molti casi pregiudica il diritto al lavoro e lo studio, così come la possibilità di muoversi liberamente. Dal 1990 circa un milione e mezzo di italiani sono stati segnalati per questi provvedimenti, un milione per cannabis”.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)