Francia. Indagine su giovani e pandemia: “Non generazione sacrificata al Covid ma futuro e speranza del mondo”

Preoccupati per l’impatto che la pandemia e il confinamento hanno avuto sui giovani, i vescovi francesi hanno realizzato via web una consultazione alla quale hanno partecipato 2.639 studenti cattolici di età media di 21 anni. Dall'indagine emerge che la pandemia ha “enormemente” toccato la vita sociale, ha influito “negativamente” sui risultati scolastici (esami e concorsi), li ha tagliati fuori “totalmente” da stage, corsi di formazione, impieghi. Una nota positiva c’è: durante il periodo del confinamento forzato, la fede ha costituito per la quasi totalità (94%) un “sostegno nella prova”

Francia. Indagine su giovani e pandemia: “Non generazione sacrificata al Covid ma futuro e speranza del mondo”

Si sentono stressati e scoraggiati, guardano al futuro con poca fiducia. La pandemia ha “enormemente” toccato la vita sociale, ha influito “negativamente” sui risultati scolastici (esami e concorsi), li ha tagliati fuori “totalmente” da stage nelle imprese, corsi di formazione, impieghi. Per questo la stragrande maggioranza (83%) chiede la riapertura dei corsi all’università e alla domanda su come affronterebbero la probabilità di un terzo confinamento, il 53% ha risposto: “psicologicamente non lo sopporterei”. Una nota positiva c’è: durante il periodo della pandemia, la fede ha costituito per la quasi totalità (94%) un “sostegno nella prova”. È quanto emerge da una “consultazione” che la Conferenza episcopale francese ha svolto su giovani studenti cattolici dai 17 ai 25 anni. A rispondere al questionario messo online sulle reti social legate alla Conferenza episcopale dal 29 gennaio al 7 febbraio sono stati 2.639 studenti, il 63% donne, ed un’età media di 21 anni. Presentata ieri pomeriggio in conferenza stampa a Parigi, dalla consultazione emerge che il 71% degli studenti cattolici francesi ritiene “eccessivi e ingiustificati” i sacrifici richiesti per il “bene comune” durante la pandemia. Riguardo all’impatto che la crisi ha avuto sullo “stato morale” dei giovani, il 68% ha risposto che la vita sociale è stata “enormemente” toccata; il 50% ha confessato che la crisi ha reso più difficile avere “una vita sana ed equilibrata”; per il 41% il Covid ha avuto un impatto negativo anche sui risultati scolastici, su esami e concorsi e per il 50% ha frenato “totalmente” l’inserimento professionale. Il 31% dei giovani consultati si definisce “scoraggiato”; il 20% “triste” e il 36% “stressato”. Alla domanda sulla fiducia nel futuro, il 27% ha risposto di non averne “per niente”. Riguardo invece a quali reti di sostegno hanno trovato durante il confinamento, l’85% ha indicato “gli amici” e l’84% la famiglia. A fianco dei loro coetanei francesi che sono anche scesi in piazza, anche i giovani cattolici chiedono a stragrande maggioranza (83%) la riapertura di tutti i corsi universitari. La consultazione ha sondato il rapporto che gli studenti hanno avuto, durante la pandemia, con la fede e dall’inchiesta emerge che oltre agli amici e alla famiglia gli studenti hanno trovato sostegno nei gruppi cristiani di appartenenza (23%) e nelle parrocchie (11%).

Les réseaux d'aumôneries étudiantes restent mobilisés pour soutenir les 12000 étudiants catholiques de France dans leur enracinement spirituel, leur autonomie économique et leur formation à la vie professionnelle.
— Église Catholique (@Eglisecatho) 

“Come Chiesa oggi non possiamo non prendere atto di queste situazioni di scoraggiamento e stress vissuto e non offrire il nostro contributo al cantiere di una società più fraterna e umana”. Così mons. Laurent Percerou, vescovo di Nantes e presidente del Consiglio episcopale per la pastorale giovanile ha commentato con i giornalisti i risultati della consultazione. “Siamo chiamati quindi – ha proseguito il vescovo – a dare risposte concrete per permettere a questi giovani di non sentirsi una generazione sacrificata all’altare del Covid perché loro sono la vita del mondo e la speranza della Chiesa, in particolare gli studenti che si preparano oggi ad essere domani gli attori della vita della società”. Mons. Percerou ha poi tracciato qualche “pista” di lavoro dal sostegno alle “dispense sociali” (épiceries sociales) nate per aiutare e accompagnare giovani e famiglie in difficoltà all’impegno, a partire dalle università, a raggiungere in questo tempo di confinamento forzato gli studenti più soli. Nella sua diocesi di Nantes, per esempio, è stato avviato un progetto che vede gruppetti di ragazzi entrare nelle residenze universitarie, bussare alle porte delle camere e chiedere se lo studente ha bisogno di qualcosa e in caso offrire un ascolto, o più semplicemente un’amicizia. Iniziative simili stanno nascendo anche a Lione e Nizza. La crisi causata dalla pandemia ha frenato anche le imprese e le aziende impattando anche sulla loro capacità di offerta di lavoro, stage e formazione. La Chiesa di Francia ha quindi coinvolto l’Associazione degli imprenditori e dirigenti cristiani per capire se e cosa può essere fatto in questa direzione.

Riprendano al più presto i corsi in presenza nelle università. A chiederlo non sono solo gli studenti universitari ma anche i vescovi francesi. Le università in Francia sono state riaperte in ottobre per poi essere immediatamente richiuse. Sulla questione era sceso in campo anche il presidente Emmanuel Macron che all’indomani di una manifestazione studentesca in tutta la Francia aveva annunciato misure per combattere la precarietà dei giovani e la possibilità di un rientro in presenza nelle università almeno per un giorno alla settimana. “Noi vorremmo sostenere e con forza questa rivendicazione”, ha detto il vescovo Percerou che ha chiesto anche la riapertura dei ristoranti universitari (resto’U) affinché gli studenti possano beneficiare del pasto ad 1 euro. 

“Le università sono luogo in cui i giovani si preparano ad una carriera professionale, aprendosi alla realtà del mondo lavorativo. Sono spazi in cui i giovani si nutrono di cultura, attraverso il teatro, i concerti, gli incontri culturali.

In questo periodo di pandemia gli studenti sono stati privati di tutta questa vita. Lo siamo stati tutti ma a farne di più le spese sono stati loro perché vivono un’età in cui hanno bisogno di stringere legami sociali e aprirsi al futuro”.

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Fonte: Sir