Gaza, Save the children: 4 bambini su 5 soffrono di depressione e paura

Diffusi i risultati del rapporto "Intrappolati". Dopo 15 anni di vita sotto blocco il benessere mentale dei minori è crollato. Più della metà ha pensato al suicidio e tre su cinque hanno commesso atti di autolesionismo

Gaza, Save the children: 4 bambini su 5 soffrono di depressione e paura

Dopo 15 anni di vita sotto blocco, nella Striscia di Gaza, quattro bambini su cinque dichiarano di soffrire di depressione, angoscia e paura. Sono questi i risultati del Rapporto 'Intrappolati', diffuso oggi da Save the Children, l'Organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini e garantire loro un futuro.

La ricerca ha rilevato che il benessere mentale di bambini, giovani e operatori sanitari nell'area è notevolmente peggiorato negli anni. I bambini che segnalano disagio emotivo a Gaza, infatti, sono l'80%, in netto aumento rispetto al 55% del 2018, quando è stato realizzato uno studio simile. Questi dati mostrano, ancora una volta, come la situazione attuale abbia un impatto profondamente negativo sul benessere dei bambini e sulla loro speranza in un futuro migliore. Il rapporto 'Intrappolati', ha rilevato un considerevole aumento di bambini che hanno riferito di sentirsi spaventati (84% rispetto al 50% del 2018), nervosi (80% rispetto al 55%), tristi o depressi (77% rispetto al 62%) e in lutto (78% contro 55%)Più della metà di loro ha pensato al suicidio (il 55% di loro) e tre su cinque hanno commesso atti di autolesionismo (59%).

Save the Children chiede che il governo di Israele revochi il blocco della Striscia di Gaza e che le autorità locali, la comunità internazionale e i donatori sostengano il rapido rafforzamento dei servizi di protezione per l'infanzia e di supporto per la salute mentale. Negli ultimi 15 anni, i bambini nella Striscia di Gaza sono stati vittime di sei eventi che hanno avuto un impatto devastante su di loro: stiamo parlando di cinque picchi di violenza a cui si aggiunge la pandemia da Covid-19, che oltre al blocco terrestre, aereo e marittimo imposto dal governo di Israele limita la loro vita. Dei due milioni di abitanti di Gaza, il 47% è costituito da bambini e più di 800mila di loro non hanno mai conosciuto una vita senza blocco. Oltre ai danni fisici, alla privazione economica e alla mancanza di accesso a servizi essenziali come l'assistenza sanitaria, secondo il rapporto di Save the Children, il blocco ha generato una profonda emergenza sulla salute mentale di bambine, bambini e adolescenti.

Amr, 14 anni, ricorda ancora il terrore che ha provato durante l'escalation di violenza dell'anno scorso: "di notte non riuscivo a dormire perché avevo gli incubi. Avevo davvero paura che avrebbero bombardato la nostra casa o avrebbero bombardato di nuovo i nostri vicini. Ero terrorizzato. Raccontavo a mio padre degli incubi e lui mi rassicurava dicendomi che non sarebbe accaduto. Poi tornavo a letto e cercavo di dormire di nuovo". I genitori o caregiver che hanno partecipato alla raccolta dati dell'Organizzazione, hanno sottolineato che il 79% dei bambini e degli adolescenti hanno avuto un aumento degli episodi di enuresi notturna rispetto agli scorsi anni e il 78% che i propri figli spesso non hanno completato i compiti. Circa il 59% di loro ha affermato che c'è stata una crescita del numero di minori che hanno difficoltà nel linguaggio e nella comunicazione, o che soffrono di mutismo reattivo temporaneo, un sintomo che è conseguenza di traumi o abusi. Come sottolinea Save the Children, tutti questi aspetti hanno un enorme impatto, sia nell'immediato che a lungo termine, sullo sviluppo, l'apprendimento e l'interazione sociale di bambine, bambini e adolescenti.

Secondo il rapporto 'Intrappolati', gli stessi genitori e caregiver stanno sperimentando livelli più elevati di stress emotivo e il 96% di loro riferisce di sentirsi infelice e costantemente ansioso. "I bambini di Gaza con cui abbiamo parlato per questo realizzare questo rapporto, hanno raccontato di vivere in un perenne stato di paura, preoccupazione, tristezza e sofferenza, in attesa che scoppi il prossimo round di violenza e che si sentono incapaci di dormire o di concentrarsi. L'evidenza fisica del loro disagio, con enuresi notturna, perdita della capacità di parlare o di completare i compiti di base, è scioccante e dovrebbe servire da campanello d'allarme per la comunità internazionale", ha dichiarato Jason Lee, Country Director di Save the Children nei Territori Palestinesi Occupati.

"Già cinque anni fa, genitori e caregiver ci dicevano che la loro capacità di sostenere i propri figli era al limite a causa del blocco, della povertà cronica e dell'insicurezza e che molto probabilmente sarebbe stata completamente annullata in caso di un altro conflitto. I dati del nostro rapporto mostrano che le loro preoccupazioni purtroppo si sono avverate- ha proseguito Jason Lee- Chiediamo a tutte le parti di affrontare le cause profonde di questo conflitto e di adottare misure per proteggere tutti i bambini e le famiglie che meritano di vivere in sicurezza e con dignità. Abbiamo bisogno di una cessazione immediata delle ostilità e dello stop alle privazioni economiche che sono enormi fattori di stress nella vita dei bambini, così come un'azione per sostenere il potenziale di resilienza dei bambini e delle loro famiglie nella striscia di Gaza".

Ameera, 14 anni, ci ha raccontato come la sua vita sarebbe cambiata se l'embargo fosse stato rimosso oggi, dicendoci che si sarebbe "sentita più connessa al mondo intero". "Potrei fare quello che voglio e andare dove voglio. Studierei informatica e in particolare mi laureerei in progettazione di realtà virtuale. Questo è ciò che voglio davvero fare nella vita, ma non posso farlo qui a Gaza, non abbiamo un programma del genere", ha commentato.

Save the Children chiede al governo di Israele di adottare misure immediate per revocare il blocco della Striscia di Gaza nel quadro della risoluzione 1860 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (2009). La comunità internazionale dovrebbe chiedere urgentemente a Israele di compiere questi passi, oltre a porre fine all'occupazione in corso e a lavorare con tutti gli attori in campo, affinché si creino le condizioni per rinnovare i colloqui tra le parti in conflitto e arrivare ad una giusta soluzione. (DIRE)

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)