Giustizia minorile, diminuiscono reati e detenuti

Rapporto Antigone sugli istituti penali per minorenni. Le segnalazioni all’autorità giudiziaria sono diminuite dell’8,3%. In calo omicidi, sequestri, furti e rapine. Gli imputati minorenni sono per il 70% italiani e per il 30% stranieri

Giustizia minorile, diminuiscono reati e detenuti

ROMA - Mentre nel sistema penitenziario degli adulti si assiste all’apparente controsenso di una crescita della popolazione detenuta congiunta a una decrescita degli indici di delittuosità, nella giustizia penale minorile vi è maggiore coerenza: diminuiscono sia i delitti che i detenuti. Tutto il sistema della giustizia minorile funziona senza l’assillo della condanna e senza rischi di prescrizione. E’ quanto emerge dal rapporto sugli istituti penali per minorenni “Guarire i ciliegi” di Antigone.

Fra il 2014 e il 2018 le segnalazioni da parte delle forze di polizia all’autorità giudiziaria riguardanti i delitti commessi da minori sono diminuite dell’8,3%, passando da oltre 33.300 nel 2014 a 30.600 nel 2018. Fra i delitti calano gli omicidi volontari (-46,6%) e colposi (-45,4%), i sequestri di persona (-17,2%), i furti (-14,03%), le rapine (-3,9%) e l’associazione per delinquere (-82,5%). Preoccupa la crescita, rispetto al 2014, dei minori segnalati per associazione di tipo mafioso (+93,8%: erano 49 nel 2014, sono diventati 95 nel 2018). 

La distribuzione dei minori segnalati all’autorità giudiziaria varia a seconda delle regioni. La Lombardia è la regione con il maggior numero di segnalazioni (5.393), seguita dalla Sicilia con 3.326 segnalazioni e dall’Emilia-Romagna (3.154). Gli indici di delittuosità dei minori presentano valori tendenzialmente superiori alla media nazionale nelle regioni del Nord Italia e valori più bassi della media nelle regioni del Sud. I dati vanno contro tutti gli stereotipi, visto che ben il 40% degli imputati italiani è nato nel Nord Italia (il 21% nel Nord-Ovest e il 18% nel Nord-Est), il 25% è nato nel Sud, il 19% nel Centro Italia e il 16% nelle Isole.

Nel 2017 i minori indagati presso le procure erano 36.416. Nella maggior parte dei casi (22,14%) il pm ha esercitato anticipatamente l’azione penale, chiedendo al giudice, nel corso delle indagini preliminari, di pronunciarsi con una sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto. Per i restanti casi, l’archiviazione è stata proposta dal pm principalmente per non imputabilità del minore (12,16%) e per mancanza di condizioni di procedibilità, come ad esempio il ritiro o la presentazione oltre i termini di una querela nei reati perseguibili solo su querela di parte (9,66%). Il pm ha invece richiesto il rinvio a giudizio nel 37% dei casi, mentre nel 10,15% ha richiesto una sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto e nel 6% dei casi è stato chiesto di procedere con un rito alternativo.

Gli imputati minorenni sono per il 70% italiani e per il 30% stranieri. Oltre l’84% sono maschi e meno del 16% sono femmine (sia per gli italiani che per gli stranieri). Il 30,5% degli imputati maschi ha fra i 14 e i 15 anni, il 69,5% ne ha 16 o 17. Le ragazze imputate con un’età fra i 14 e i 15 anni (il 40% del totale) sono percentualmente più dei ragazzi; le imputate con un’età fra i 16 e i 17 anni (il 60%) sono percentualmente meno.

In Italia l’art. 98 c.p. stabilisce che “è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, aveva compiuto i quattordici anni, ma non ancora i diciotto, se aveva la capacità di intendere e di volere; ma la pena è diminuita”. In Europa, l'età a partire dalla quale si è imputabili parte dai 12 anni di Olanda e Irlanda. In Svezia, Repubblica Ceca, Finlandia e Danimarca si è penalmente responsabili a 15 anni. In tutti gli altri paesi, Italia inclusa, a 14 anni (fanno eccezione Polonia e Francia, dove si diventa penalmente perseguibili a 13 anni). Rispetto ai suoi vicini di dimensioni rilevanti l'Italia ricorre alla detenzione in maniera residuale. In Francia e Germania, nel 2017, gli istituti di pena per minori ospitavano 794 persone detenute; nel Regno Unito 895. In Italia 452 (oggi sono 375).

Al 15 gennaio 2020 i 375 minori e giovani adulti detenuti erano distribuiti in 17 istituti, da Caltanissetta a Treviso, in strutture con caratteristiche e dimensioni anche molto diverse tra loro. Quello con più presenze era Nisida, che ospitava 45 detenuti, mentre alla stessa data a Caltanissetta ce n’erano solo 3. In tutta Italia quel giorno erano detenute 23 ragazze, 12 delle quali a Pontremoli, nell’unico istituto penale per minorenni interamente femminile d’Italia. Raramente le presenze sono scese sotto le 400 unità (dunque il dato attuale è un dato quasi eccezionale) e raramente sono salite sopra le 500.

La maggior parte dei ragazzi e delle ragazze in istituto ha una posizione giuridica mista. Alcuni hanno avuto una condanna definitiva, ma la loro posizione giuridica non è comunque ancora definita a causa di altri procedimenti pendenti, mentre altri hanno diversi procedimenti pendenti, ma non ci sono sentenze definitive.

La permanenza dei ragazzi in istituto è generalmente breve: in media 102 giorni nel 2019, poco più di tre mesi. Nel corso del 2019, il 72% dei ragazzi entrati in istituto, una larghissima maggioranza, era in custodia cautelare.

Il 70% dei delitti è commesso da italiani, che però rappresentano il 57,1% dei detenuti negli istituti. Le ragazze straniere sono il 47,8% del totale delle donne. I giovanissimi sono molto pochi, e tutto sommato sono pochi anche i ragazzi più grandi, quelli la cui presenza è stata resa possibile dalla modifica del 2014 (che prevedeva la possibilità, per chi fosse stato condannato per un reato compiuto da minorenne, di restare in istituto fino ai 25 anni, mentre prima si poteva solo fino ai 21). Resta maggioritario il gruppo dei ragazzi che hanno 18, 19 o 20 anni, ma sono molti anche quelli che hanno 16 o 17 anni. In media gli stranieri appaiono leggermente più giovani degli italiani. I ragazzini con età compresa tra i 14 e i 15 anni sono il 7,2%. I ragazzi con età tra i 21 e i 25 anni (che hanno commesso il reato da minorenni) sono il 15,5%. Il 35,2% ha tra i 16 e i 17 anni e il restante 42,1% tra i 18 e i 20 anni.

I reati contro la persona, quelli generalmente più gravi, riguardano solo il 17% di chi entra in istituto Il 62% ha commesso reati contro il patrimonio. L’istituto dunque funziona non come sanzione proporzionata alla gravità del fatto commesso, ma come strumento che l’autorità giudiziaria usa per incidere sul percorso trattamentale di ciascun ragazzo. Il ricorso a questo strumento è poi più frequente e prolungato per chi manca di una solida struttura familiare e territoriale alle spalle.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)