Grecia, Amnesty International: “Richiedenti asilo detenuti illegalmente in un campo finanziato dall’Ue”

La denuncia dell’organizzazione: a seguito di una decisione assunta dal ministro per l’Immigrazione e per l’asilo della Grecia, dal 17 novembre le persone prive del documento che consente di chiedere asilo sono illegalmente detenute in un nuovo campo costruito sull’isola di Samo

Grecia, Amnesty International: “Richiedenti asilo detenuti illegalmente in un campo finanziato dall’Ue”

A seguito di una decisione assunta dal ministro per l’Immigrazione e per l’asilo della Grecia, dal 17 novembre le persone prive del documento che consente di chiedere asilo sono illegalmente detenute in un nuovo campo costruito sull’isola di Samo e finanziato dall’Unione europea. Lo ha denunciato oggi Amnesty International, segnalando che secondo stime non ufficiali il provvedimento riguarda 100 dei circa 450 ospiti del campo: persone la cui domanda d’asilo è stata respinta o che, appena arrivate, non sono ancora in possesso del documento.  

“Questo campo somiglia più a una prigione che a un luogo per persone in cerca di salvezza. Siamo di fronte a un pessimo uso dei fondi dell’Unione europea e a una grave violazione dei diritti delle persone interessate”, ha dichiarato Adriana Tidona, ricercatrice di Amnesty International sull’immigrazione.

Il Kedn (“centro chiuso e controllato”) finanziato dall’Unione europea è stato costruito in un sito isolato e distante sei chilometri dalla città principale di Samo, Vathi. Può ospitare fino a 3000 persone ed è dotato di rigidi sistemi di confinamento e sorveglianza: pattugliamento delle forze di polizia e di guardie private 24 ore su 24 sette giorni su sette, doppio filo spinato e telecamere a circuito chiuso. 

I movimenti da e per il campo sono consentiti solo dalle 8 alle 20 e sono soggetti a controlli di sicurezza attraverso varchi magnetici. Le singole persone e le famiglie colpite dal provvedimento del 17 novembre non possono raggiungere Vathi, svolgere piccoli lavori quotidiani o partecipare alle attività educative e comunitarie dell’Alpha land, un centro gestito da una Ong nei pressi del campo. 

Una delegazione di Amnesty International ha visitato il Kedn di Samo il 22 novembre, quinto giorno dall’entrata in vigore delle restrizioni, incontrando alcune delle persone colpite dal provvedimento. 
“A., un afgano originario di Kabul, residente nel campo con la moglie e i figli, si trova in Grecia dal gennaio 2020 – racconta Amnesty -. La sua domanda d’asilo è stata respinta più volte e il suo documento gli è stato ritirato. Prima di essere trasferito al Kedn, da cui ora non può più uscire, si trovava con la famiglia nella ‘giungla’, un campo informale sorto nei pressi di quello originario di Samo, noto per le pessime condizioni di vita”. 

Dal container dove vive attualmente coi suoi familiari, ha raccontato ad Amnesty International che nel nuovo campo c’è più sicurezza ma “ci trattano come prigionieri. C’è da diventare pazzi qui. Non puoi muoverti. Non riesco più a dormire. In questo modo non abbiamo più un obiettivo e monta l’ansia”. Nei cinque giorni precedenti, solo i figli erano stati autorizzati a uscire dal campo per andare a scuola. 
H., un altro afgano arrivato in Grecia nel febbraio 2020 e la cui domanda d’asilo è stata respinta due volte, non usciva dal campo da cinque giorni: “Prima del 17 novembre studiavo inglese e facevo volontariato fuori dal campo. Ora mi sento prigioniero. Era meglio nel vecchio campo”.

Amnesty International ha più volte espresso preoccupazione  alle autorità greche per la decisione di sostituire i campi aperti con i Kedn, sottolineando che tale prassi non si concilia con gli standard sui diritti umani in materia di privazione della libertà. “Secondo il diritto internazionale e la normativa europea, la detenzione dei richiedenti asilo dev’essere considerata come estrema risorsa, deve essere preceduta da un dettagliato esame delle situazioni individuali, deve durare il minor tempo possibile e deve essere basata su una procedura che ne permetta la contestazione. Al contrario, le persone all’interno del Kedn di Samo sono private della libertà in modo automatico e in modo massivo, per motivi illegittimi e privi di trasparenza, per periodi indefiniti di tempo senza poter fare ricorso”.  

“Come temevano, le autorità greche si stanno trincerando dietro il concetto, giuridicamente ambiguo, di centri chiusi e controllati per privare illegalmente richiedenti asilo della loro libertà. Chiediamo al governo di Atene di annullare la sua decisione e di rimuovere le limitazioni ai danni dei residenti del campo di Samo. Chiediamo inoltre alla Commissione europea di assicurare rispetto per i diritti fondamentali nelle strutture finanziare dai fondi europei”, ha concluso Tidona.

Il Kedn di Samo è stato costruito grazie a 276 milioni di euro stanziati dalla Commissione europea per la costruzione di nuove strutture per richiedenti asilo nelle isole greche, al posto delle strutture aperte precedenti. Il 27 novembre le autorità greche hanno inaugurato i nuovi Kedn di Lero e Coo. Altri Kedn saranno aperti sulle isole di Lesbo e Chio.  Oltre alle restrizioni di movimento nel campo di Samo, i richiedenti asilo che si trovano in Grecia non ricevono assistenza economica da due mesi da quando la gestione del programma di assistenza finanziato dall’Unione europea è passata dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati alle autorità greche. Secondo le Ong locali, questa situazione riguarda circa 34 mila richiedenti asilo. 

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)