Imprenditori migranti: l’impatto del covid, tra disuguaglianze e potenzialità

I risultati del progetto di ricerca transnazionale Newcomer Entrepreneurship Support: "Profonde disuguaglianze per le imprese di migranti e rifugiati in tutta Europa, ma anche adattabilità di molti imprenditori, con storie di innovazione digitale che superano le difficoltà della pandemia"

Imprenditori migranti: l’impatto del covid, tra disuguaglianze e potenzialità

L’impatto del Covid-19 sugli imprenditori migranti e sulle loro imprese: lo ha documentato il progetto di ricerca transnazionale “Newcomer Entrepreneurship Support (Nes)", realizzato in collaborazione con incubatori di imprese e organizzazioni di supporto in sei paesi europei, che ha analizzato gli effetti della pandemia  sugli "imprenditori in prima linea”. I risultati saranno presentati durante il  webinar “The newcomer Entrepreneurship Support Initiative: two years on”, domani 27 gennaio.
“Lo studio innovativo - si legge in una nota - fa emergere le profonde disuguaglianze che esistono per le imprese di migranti e rifugiati in tutta Europa e mostra come tali disuguaglianze siano state esacerbate dal covid-19. Tuttavia, non ci sono solo cattive notizie: il progetto documenta anche la forza e l'adattabilità di molti imprenditori, con storie di innovazione digitale che superano le difficoltà presentate dalla pandemia, oltre a fornire indicazioni chiave per le organizzazioni di supporto e le autorità di governo”.

Milano, "nessuno ha dovuto cessare l'attività"

Alla vigilia della pandemia a Milano gli imprenditori individuali non comunitari erano 33.305: 79% uomini e 21% donne. In particolare, i 10 principali paesi di provenienza degli imprenditori stranieri erano: Egitto (Milano ospita il maggior numero di imprese egiziane in Italia), Cina, Marocco, Bangladesh, Albania, Senegal, Perù, Pakistan, Ecuador, Tunisia. Gli imprenditori extracomunitari si concentrano principalmente nel commercio (33,9%) e nelle costruzioni (25,5%), seguono i servizi alle imprese (9,9%), il turismo (9,1%), il settore manifatturiero (5,9%).
Dall’indagine condotta da Fondazione Ismu è emerso che “la pandemia ha fortemente impattato sulle attività delle imprese migranti: l'85% degli imprenditori stranieri intervistati ha dovuto sospendere le proprie attività durante le fasi più acute dell’emergenza e il 90% ha registrato una riduzione più o meno consistente del reddito personale. Tra le maggiori preoccupazioni degli imprenditori immigrati sono emersi i costi di locazione e il calo del numero di clienti. Pur avendo ottenuto qualche beneficio dagli aiuti di emergenza stanziati dal governo, essi hanno espresso la necessità di ulteriore sostegno (soprattutto finanziario). Per quanto riguarda le prospettive per il futuro, nessun rispondente ha dovuto cessare l'attività, confidando nella propria capacità di recupero.
L’emergenza sanitaria ha messo alla prova anche le organizzazioni di supporto all’imprenditorialità,  evidenziando alcune criticità. Esse hanno dovuto affrontare una serie di sfide, tra cui la necessità di meglio integrare i diversi servizi - spesso troppo frammentati - offerti alle imprese (orientamento e consulenza, formazione, accompagnamento al business plan, accesso a credito, tutoraggio sia in fase di start up che post-creazione) e la necessità di offrire servizi che obbediscano a modelli e pratiche di business "solidi" e che siano, allo stesso tempo, sempre più personalizzati, con il fine di evitare che i nuovi imprenditori commettano passi falsi.

“Sostenere i nuovi arrivati”

Dall’indagine svolta è emerso come per sviluppare il potenziale degli imprenditori immigrati e rifugiati, le aree di intervento cruciali sono " l'accesso ai finanziamenti e alle agevolazioni creditizie, l’aumento del grado di digitalizzazione, il miglioramento delle competenze linguistiche, lo snellimento delle procedure burocratiche, la possibilità di attingere ai consigli e suggerimenti di esperti, l’aumento della partecipazione alle reti formali/istituzionali"
Le organizzazioni di supporto all’imprenditorialità immigrata quindi dovrebbero potenziare le seguenti attività: sostegno all'inclusione finanziaria (microcredito e microfinanza); formazione, accompagnamento e coaching mirati allo sviluppo delle competenze digitali e alla digitalizzazione aziendale; sostegno alla partecipazione a reti istituzionali. Inoltre, sono auspicabili un maggiore coordinamento e una più sistematica collaborazione tra i vari operatori coinvolti; oltre all'istituzionalizzazione di reti e sinergie tra le varie tipologie di organizzazioni di supporto, allo sviluppo di “ecosistemi” multistakeholder e al rafforzamento dell'interazione diretta con i decisori politici.

L'esperienza dell’incubatore a|cube

Tra le varie organizzazioni di servizi alle imprese individuate da Nes, in Italia è stata selezionata a|cube, incubatore che fornisce consulenza completa alle startup ad alto potenziale di creazione di valore sociale, ambientale e culturale. a|cube è stata fondata nel 2011 ed è ora di proprietà di Avanzi, un think tank e società di consulenza che si occupa di sviluppo sostenibile e innovazione. L'incubatore fornisce assistenza in fase iniziale e successiva, supportando e rilanciando iniziative che fanno della sostenibilità il loro principale asset strategico. a|cube è una società che ha come principi fondamentali l’equità, la trasparenza e la sostenibilità a lungo termine. L’agenzia ha partecipato all’azione pilota proposta dal progetto, erogando formazione e orientamento per l’accesso al credito a un gruppo di imprenditori immigrati, incoraggiandoli inoltre a rafforzare il loro reciproco networking.

Il progetto Nes

Mira a "potenziare le organizzazioni che erogano servizi per l’imprenditorialità (incubatori/acceleratori d’azienda e altri servizi) affinché diventino più inclusive ed efficaci nel sostenere migranti e rifugiati imprenditori nelle aree metropolitane di Milano, Francoforte, Amburgo, Londra, Parigi e Stoccolma, oltre a un cambiamento significativo (in Francia, Germania, Italia, Svezia e Regno Unito), identificando le esigenze di supporto, facilitando lo scambio transnazionale di know-how e la sperimentazione di servizi migliorati.
Da esso sono emerse preziose indicazioni operative affinché i nuovi imprenditori migranti possano beneficiare di un sistema di supporto più efficiente ed integrato per un percorso imprenditoriale di successo, anche nel nuovo scenario determinato dalla pandemia. L’iniziativa, finanziata da JP Morgan Chase Foundation e coordinata dal Migration Policy Group (MPG), ha avuto come partner Fondazione ISMU, GRDR – Groupe de Recherche et de Développement Rural, Adive – Agence pour la Diversite Entrepreneuriale, UoG – Unternehmer ohne Grenzen, Kompass – Center for Entrepreneurship, NyforetagarCentrum, TERN – The Entrepreneurial Refugee Network.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)