In Costa D'Avorio la salma di Laurent: "Morto cercando una vita più dignitosa"

Il ragazzo era salito sul carrello di un aereo Air France diretto a Parigi. Il suo paese, negli ultimi 20 anni, da terra di arrivo è diventato paese di emigrazione. Le parole di Leone De Vita, coordinatore delle attività del Gruppo Abele a Grand-Bassam, vicino Abidjan

In Costa D'Avorio la salma di Laurent: "Morto cercando una vita più dignitosa"

Arriva oggi, all’aeroporto di Abidjan, capitale della Costa D'Avorio, il corpo di Laurent, il quattordicenne ivoriano ritrovato morto l’8 gennaio scorso nel carrello di atterraggio dell’aereo del volo Air France diretto a Parigi, sul quale era salito nel tentativo di raggiungere l’Europa. Una notizia che ha lasciato incredula e sbigottita l’opinione pubblica per due motivi: da un lato l’eccezionalità del gesto, dall'altra la dinamica dei fatti avvenuti in una zona sottoposta a sorveglianza militare.

Ci si è interrogati sulle ragioni di una scelta così estrema: com’è possibile che un adolescente desideri cosi tanto raggiungere l’Europa, da mettere in pericolo persino la sua stessa la vita? L’emigrazione dalla Costa d’Avorio è un evento relativamente recente: nel secolo scorso il paese, insieme al Ghana, era una delle prime destinazioni dei migranti provenienti dall’Africa Subsahariana, in particolare dal Burkina Faso.

Le politiche pro immigrazione erano volte alla ricerca di forza lavoro da impiegare nell’agricoltura e nella costruzione di infrastrutture, ferrovie in primis. Questo movimento subisce un forte rallentamento con il conflitto civile scoppiato il 19 settembre 2002 (un fallito colpo di stato ai danni del presidente Laurent Gbagbo), che genera un importante movimento di popolazione verso l’interno del paese e verso quelli limitrofi.

Con la crisi, dunque, all'immigrazione interna (attenuata ma ancora presente) si aggiunse un fenomeno di emigrazione, che ha visto nel 2016 un picco importante (che ha riguardato anche gli arrivi in Italia).Nella sua breve vita, Laurent aveva già conosciuto l’emigrazione. La sua famiglia è infatti originaria di un villaggio a 350 km da Abidjan. Villaggio dove verranno celebrati i funerali. Il desiderio di partire e migliorare le proprie condizioni accomuna molti coetanei di Laurent. A raccontarlo è Leone De Vita, Coordinatore del Gruppo Abele a Grand-Bassam, capitale della Costa d’Avorio alla fine del diciannovesimo secolo e distante 30 km da Abidjan.

“I ragazzi che partono – afferma - sono generalmente i più intraprendenti e di certo non gli ultimi nella scala sociale. Si tratta piuttosto di ragazzi che, insoddisfatti per un tenore di vita che rimane poco sopra la sopravvivenza, vedono nell’Europa la speranza di un miglioramento della loro situazione”.

Sembra quasi una contraddizione: come mai un Paese in crescita, che riceve molti fondi, impegnato nella costruzione di infrastrutture e in espansione, ha una forte emigrazione?

Una delle ragioni è da attribuirsi all’altissima crescita demografica del Golfo di Guinea che rende pressoché impossibile l’impiego dei giovani anche per una questione meramente di numeri. Molti di loro provenienti dagli Stati limitrofi, si spostano in Costa d’Avorio, principalmente ad Abidjan in cerca di lavoro, per poi, spesso delusi, riprendere il viaggio attraverso il Mali e il Burkina Faso risalendo l’Algeria o il Niger e quindi la Libia nel tentativo di raggiungere l’Europa via mare. Un comune destino tocca spesso agli stessi ivoriani che, dopo diversi trasferimenti interni, decidono di lasciare il Paese. A queste ragioni non marginali, occorre aggiungere un accesso non sempre meritocratico al mondo del lavoro che demotiva i giovani a cercare attivamente degli impieghi soddisfacenti in linea con le loro aspettative.

Non si tratta quindi di persone in fuga da fame o guerra...

Si tratta di gente in fuga: non da guerre o da invivibili condizioni climatiche, ma da condizioni economiche non adeguate.

In Africa, così come in Europa, molti fuggono da Stati più fragili verso mete ritenute più adeguate per una vita dignitosa: dobbiamo pensare alla distinzione fra migrante economico e rifugiato, tanto cara alle politiche europee, come inadeguata?

A differenza di noi italiani che fuggiamo per ragioni economiche da uno Stato per niente meritocratico, comodamente seduti in aereo grazie a un passaporto 'forte' e alla libera circolazione europea garantita dalla Convenzione di Schengen, c’è chi è costretto a cercare vie più creative, fino a raggiungere picchi paradossali e plateali come il giovane Laurent. Nascosto nella pancia dell’aereo, è morto due volte: vittima da un lato di un’economia fragile e dall’altro di una politica europea vessatrice e avara nel concedere visti e nel permettere una regolata e dignitosa libertà di circolazione.Laura Verduci

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)