Incidenti sul lavoro. Colombini (Cisl): “Avere sempre a cuore la persona, la sua sicurezza e la sua salute”

Alla ribalta della cronaca ci sono stati negli ultimi tempi alcuni infortuni mortali, gli ultimi due ad Asti e in provincia di Bergamo: per non dover registrare più questi drammi servono controlli, prevenzione, formazione, educazione già a livello scolastico e combattere la piaga del sommerso, ci dice il segretario confederale della Cisl

Incidenti sul lavoro. Colombini (Cisl): “Avere sempre a cuore la persona, la sua sicurezza e la sua salute”

Laila e Luana… Nomi che immediatamente fanno pensare alla tragedia di due donne morte in incidenti sul lavoro. Due dei tanti deceduti quest’anno: negli ultimi giorni se ne sono aggiunti altri con gli incidenti mortali ad Asti e in provincia di Bergamo, solo per citare gli ultimi due casi più recenti. Le denunce di infortunio sul lavoro presentate all’Inail tra gennaio e giugno sono state 266.804, 538 delle quali con esito mortale. La settimana scorsa, il 4 agosto, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha avuto un colloquio telefonico con il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Andrea Orlando, per acquisire informazioni relative agli ultimi incidenti sul lavoro avvenuti in questi giorni e alle iniziative adottate dal ministero per contrastare gli incidenti e per la sicurezza nei luoghi di lavoro. E il premier Mario Draghi, nell’incontro con i giornalisti prima della pausa estiva, il 6 agosto, ha sottolineato che gli sta particolarmente a cuore “cercare di far qualcosa per migliorare quella che è una situazione inaccettabile sul piano della sicurezza del lavoro”, ammettendo che “è stato fatto molto su questo piano, ma occorre fare molto di più evidentemente”. Sulle questioni connesse a salute e sicurezza sui luoghi di lavoro abbiamo sentito Angelo Colombini, segretario confederale della Cisl.

Quando c’è un morto sul lavoro tutti dicono “mai più”, ma poi purtroppo capita di nuovo…

Morti nei luoghi di lavoro, infortuni, malattie professionali sono un tutt’uno che il Governo, il sindacato, le imprese devono avere a cuore, non solo i morti, che sono l’aspetto più drammatico della situazione, ma anche gli infortuni e le malattie professionali.

A proposito di queste ultime, oggi muoiono 3mila persone per mesotelioma causato dall’amianto utilizzato negli anni ’60, ’70, ’80. È necessaria una visione complessiva su un tema grande come la salute e la sicurezza dei lavoratori. Come sindacati, abbiamo proposto qualche mese fa una piattaforma con un patto per la salute e la sicurezza sul lavoro in cui individuiamo alcuni aspetti molto importanti.

Ad esempio?

Innanzitutto, c’è un tema di formazione che riguarda sia lavoratori sia i datori di lavoro, affinché conoscano tutte le norme sulla salute e sicurezza, perché non è un problema solo di specialisti, ma è un tema che anche i sindacalisti e i datori di lavoro devono conoscere.

Pensiamo, tra gli altri, a quei datori di lavoro stranieri che negli ultimi anni hanno messo in piedi un’attività lavorativa: molti di loro, avendo difficoltà con l’italiano, non conoscono bene, di conseguenza, le norme. In generale, è utile fare la formazione per i lavoratori e per i datori di lavoro sia italiani sia stranieri.

C’è un problema di macchinari vecchi?

Sì,

un’altra questione sono gli investimenti sulle nuove tecnologie: è importante che le aziende investano per rinnovare l’obsolescenza dei propri impianti,

ma su questo bisogna aprire una parentesi molto pesante e negativa. Il caso di Luana è emblematico: impianto nuovo, con dispositivi di sicurezza nuovi, ma che erano disabilitati quando è successa la tragedia. Anche i lavoratori e le imprese non devono pensare solo alla produttività, ma anche alla serenità dei lavoratori e delle lavoratrici che operano su quell’impianto, per cui non si può disabilitare tutto ciò che serve alla sicurezza.La formazione serve anche per fare in modo che sia il lavoratore sia l’azienda non mettano al primo posto la produttività e la velocità ma abbiano come punto di riferimento imperativo la salvaguardia del lavoratore e della lavoratrice.

Vuol dire che un lavoratore che entra al mattino in azienda ha la certezza di ritornare a sera dai propri familiari. E poi c’è un altro aspetto cruciale.

Quale?

È il problema dei controlli: oggi abbiamo quattro soggetti che controllano l’attività lavorativa nei luoghi di lavoro: Ispettorato nazionale del lavoro, Asl, Inail e vigili del fuoco. La prima questione è che questi quattro soggetti vengano coordinati. Nell’incontro dei sindacati con il ministro del Lavoro Andrea Orlando, il 6 agosto, gli abbiamo chiesto quanti dei 2.100 ispettori del lavoro previsti nel Pnrr saranno assunti al più presto: il ministro ha confermato che entro la fine dell’anno 1.200 di questi potrebbero essere assunti attraverso un bando che sarà fatto a fine agosto: 822 inseriti nelle fila dell’Ispettorato del lavoro e gli altri dell’Inail. Ma il passaggio più importante è che l’Ispettorato del lavoro coordini tutte le realtà coinvolte nei controlli, perché non è possibile che in una settimana arrivino tutti e quattro i soggetti a fare delle verifiche in un’azienda e poi per un anno e mezzo non si vedano più:

è di gran lunga preferibile fare più controlli in un anno, programmandoli e verificando effettivamente se le norme di sicurezza vengano mantenute nell’attività lavorativa.

E sul fronte della prevenzione?

L’Inail dovrebbe utilizzare molto di più le risorse che ha nel portafoglio per la prevenzione, ma i suoi utili non sono stati reinvestiti nelle attività di prevenzione ma dirottati, negli ultimi 7/8 anni, al Ministero delle Finanze per fare cassa. Sarebbe necessario, invece, investire soldi verso le nuove malattie professionali che stanno emergendo nei luoghi di lavoro e sul fronte sicurezza e prevenzione.

Voi proponete anche di inserire alle scuole superiori la materia della salute e della sicurezza sul lavoro: perché?

Un altro punto fondamentale è educare già i ragazzi che andranno a lavorare, soprattutto quelli degli istituti tecnici e professionali, che il tema della salute e della sicurezza non deve essere messo in secondo ordine rispetto alle conoscenze, alle competenze e al lavoro.

Serve, perciò, che all’interno dei percorsi di formazione, soprattutto i tecnici superiori, ci siano i docenti che insegnino ai propri alunni questo tema della salute e sicurezza.

Quali sono i settori lavorativi più a rischio in questo momento?

L’agricoltura è quella che ha più infortuni e incidenti mortali, sia per il livello di differenziazione di suolo e di territorio sia per la presenza di macchinari che non garantiscono la sicurezza. Ad esempio,

quando si ribalta un trattore, se non è di ultima generazione, il mezzo non protegge colui che è dentro, anzi lo schiaccia e il lavoratore rischia di morire.

Altre attività più rischiose sono quelle metallurgiche laddove non ci siano protezioni di sicurezza o se queste vengano disattivate. Molti altri infortuni sono legati al lavoro nero.

Questo significa che è necessario rilanciare un’attenzione sul lavoro degno come ci ricorda sempre la Chiesa.

Il lavoro degno è molto importante, avendo a cuore non solo il salario adeguato, ma anche condizioni del lavoro che garantiscano sicurezza.

Cosa si sta facendo per combattere la piaga del lavoro nero?

Innanzitutto, con maggiori controlli e, in questo senso, è importante che il ministro Orlando abbia preso la decisione delle nuove assunzioni di cui dicevamo prima. Inoltre, crediamo che il Governo debba rilanciare una proposta che da molti anni stiamo facendo:

la patente a punti.

A un’azienda che rispetta tutte le norme di salute e sicurezza si dà una maggiorazione di punti, se non le rispetta, come avviene per la patente di guida, si ha una riduzione di punti.

Questo vuol dire che quelle aziende che non rispettano le norme non hanno nemmeno il diritto di partecipare ai bandi di appalto pubblico.

Questo dovrebbe valere anche per le gare private, però sarebbe importante almeno partire all’interno delle attività pubbliche.

Cosa non dovremmo dimenticare rispetto ai temi della salute e sicurezza sul lavoro?

Quando parliamo di morti, di infortuni, di malattie, spesso parliamo di numeri, invece dobbiamo parlare di persone, che hanno delle competenze, che hanno un lavoro che stanno svolgendo, che hanno delle famiglie da cui ritornare la sera, per cui dobbiamo avere a cuore delle persone, non dei numeri. Questo è il punto centrale, anche dell’attività politica e sindacale nell’impresa, per cui il valore della persona deve valorizzato dentro i luoghi di lavoro: perché senza la persona anche i macchinari, le nuove tecnologie, i nuovi materiali, il modo di lavorare, la socializzazione viene meno.

Per noi è importante la persona in ogni caso.
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Fonte: Sir