India, Noury: “Amnesty ridotta al silenzio, violazioni dei diritti umani a rischio aumento”

Parla il portavoce di Amnesty International Italia, dopo che il governo di Narendra Modi ha congelato i conti bancari dell’ong per presunti illeciti finanziari: “Senza pagare gli stipendi, non riusciamo a fare più niente. Continuiamo a monitorare quello che accade nel Paese, ma tutta la capacità di ricerca e di advocacy è venuta meno: il ruolo di Amnesty rischia di ridursi alla mera diffusione comunicati e appelli”

India, Noury: “Amnesty ridotta al silenzio, violazioni dei diritti umani a rischio aumento”

“Amnesty International formalmente non è stata espulsa dall’India: la modalità che è stata usata per ridurla all’inattività è stata ben più subdola”. Non ha dubbi Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia, quando racconta della sospensione di tutte le attività della sede indiana dell’associazione, dopo che il 10 settembre il governo di Narendra Modi ha congelato i suoi conti bancari per presunti illeciti finanziari. Dopo aver denunciato continue repressioni e intimidazioni, l’ong ha dovuto quindi interrompere tutte le attività. “Senza pagare gli stipendi, non riusciamo a fare più niente – spiega Noury –. Al momento è ancora attivo il nostro ufficio regionale che si occupa dell’Asia meridionale, attraverso il quale continuiamo a monitorare quello che accade nel Paese. Però non è lo stesso: è evidente che, con una sezione locale inoperativa, tutta la capacità di ricerca e di advocacy viene meno, e il ruolo di Amnesty rischia di ridursi alla mera diffusione comunicati stampa e appelli. Così, le violazioni dei diritti umani rischiano di rimanere nascoste, e anche di aumentare”.

Quando sono cominciati i problemi per Amnesty in India?
L’inizio dell’accanimento è avvenuto il 25 ottobre del 2018. Quel giorno, l’Agenzia delle poste indiana ha fatto una perquisizione nella sede centrale di Amnesty India a Bangalore, nel sud del Paese. I funzionari cercavano la documentazione dei fondi dell’organizzazione: il pretesto erano presunte irregolarità bancarie e relazioni illecite di tipo economico con la casa madre a Londra. In paesi come l’India, ogni scambio economico con l’estero può suonare come presunto finanziamento internazionale. Da quel momento in poi sono cominciate le rappresaglie e i divieti, che sono scattati tutte le volte che Amnesty ha provato a far uscire i suoi rapporti sulle violazioni dei diritti umani nel Paese.

Come si è evoluta la situazione?
Nel giugno del 2019 ad Amnesty è stata negata la possibilità di fare una conferenza stampa sulla nuova legge sulla pubblica sicurezza e le violazioni dei diritti umani in Kashmir, regione a cui è stata tolta l’autonomia e dove il governo sta attuando una repressione fortissima. A novembre dello stesso anno, gli uffici della ong sono stati nuovamente perquisiti, e questa volta i funzionari sono andati anche a casa dell’allora direttore generale. Tutte forme di intimidazione che già ci preoccupavano molto.

E dopo l’inizio della pandemia?
A febbraio di quest’anno, l’India ha attraversato un momento molto delicato con i cosiddetti Delhi riots, duri scontri nella capitale in occasione delle proteste contro la nuova legge sulla cittadinanza, promulgata a dicembre del 2019 e considerata discriminatoria verso la minoranza musulmana. Durante le manifestazioni c’è stato un duro intervento delle forze di sicurezza, che hanno agito in modo repressivo: in tutto ci sono stati 53 morti, soprattutto musulmani. Il 28 agosto, Amnesty ha pubblicato un rapporto su quelle violenze, accusando la polizia di aver commesso gravi violazioni dei diritti umani e di aver chiuso un occhio, se non anche partecipato, alle violenze. Nel frattempo, il 15 aprile la polizia informatica dell’Uttar Pradesh ha chiesto a Twitter di avere informazioni sull’account di Amnesty India. Sostanzialmente, a ogni atto pubblico di denuncia da parte di Amnesty è corrisposto un atto repressivo da parte delle autorità. Fino ad arrivare del congelamento dei conti correnti, decisione contro la quale stiamo cercando di fare ricorso.

Alice Facchini

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)