Invecchiamento: “babyboomers” più longevi, occupati e meno poveri delle generazioni precedenti

Invecchiare oggi in Italia rispetto a 20 anni fa vuol dire maggior occupazione (+11%), autonomia e indipendenza (+3,3%) miglior prospettiva di salute (+9,1%) e rischio povertà più contenuto (-7,4%). E vuol dire essere uno dei riferimenti principali del "welfare fatto in casa". A dirlo è un rapporto dell'Inapp, che sarà presentato in occasione della Conferenza ministeriale dell'Unece, in programma a Roma dal 15 al 17 giugno

Invecchiamento: “babyboomers” più longevi, occupati e meno poveri delle generazioni precedenti

Invecchiare oggi in Italia rispetto a 20 anni fa vuol dire maggior occupazione (+11 punti percentuali), autonomia e indipendenza (+3,3 punti percentuali), miglior prospettiva di salute (+9,1 punti percentuali), rischio povertà più contenuto (-7,4 punti percentuali). Ma vuol dire anche essere uno dei riferimenti principali per il sistema di welfare "informale", sia nella cura di nipoti o altri bambini (+4,3 punti percentuali rispetto al 2010), sia nella cura di altri anziani, o persone in condizioni di disabilità. È quanto emerge dal Rapporto nazionale sull'attuazione del Piano di azione internazionale di Madrid sull'invecchiamento, realizzato dall'Inapp (Istituto nazionale per l'analisi delle politiche pubbliche) nell'ambito del supporto tecnico-scientifico fornito al Ministero del lavoro e delle politiche sociali (Ministero che agisce come focal point nazionale per l'invecchiamento) e sarà presentato in occasione della Conferenza ministeriale della United nations economic commission for Europe (Unece) sull'invecchiamento, in programma a Roma dal 15 al 17 giugno con la collaborazione del Governo italiano. L'Italia è lo Stato membro dell'Europa a 27 con la più alta percentuale di over 65, il 23,5% della popolazione, mentre gli ultraottantenni sono il 7,6% del totale. La pandemia da Covid-19 non ha rallentato il processo di invecchiamento della società italiana, la cui età media è ora di 46 anni.

La crescita della partecipazione al lavoro

Come nel resto dell'Unione europea, è cresciuto in modo costante anche il peso della componente più anziana della forza lavoro sul totale degli occupati. Il peso degli over 50 sul totale della popolazione occupata italiana di 15 anni e più è cresciuto dal 21,6% del 2002 al 38,5% del 2020, 5 punti oltre la media UE27 (33,9%). In proporzione la crescita è stata maggiore fra le donne (+20 punti) che fra gli uomini (+ 15). Allo stesso tempo è cresciuta sul totale dei disoccupati la quota di uomini e donne over 45, arrivando nel 2020 a rappresentare rispettivamente il 33,4% e il 32% delle persone attivamente alla ricerca di un lavoro.

"In tale contesto- ha affermato Sebastiano Fadda, presidente dell'Inapp- una delle priorità di intervento per il prossimo futuro è rappresentata dalla questione di genere. Le diseguaglianze di genere continuano infatti a presentarsi nel contesto delle trasformazioni dei modelli e delle dimensioni familiari, nelle relazioni di coppia e negli stessi servizi di cura. ll rapporto tra le generazioni e la struttura demografica influenzano i modelli culturali, nonché le trasformazioni del lavoro e dei processi di sviluppo della vita sociale. Inoltre, - ha continuato Fadda - risulta evidente la necessità di coordinare e integrare tutte le politiche per l'invecchiamento, nelle diverse funzioni e nei diversi ambiti di intervento, in modo da favorire la realizzazione di azioni coerenti con gli obiettivi dello sviluppo sostenibile".

Povertà assoluta dimezzata

Il pilastro pensionistico pubblico- si legge nel Rapporto- oltre ad aver contribuito ad una permanenza prolungata dei lavoratori e delle lavoratrici nel mercato del lavoro, a seguito del progressivo innalzamento dell'età pensionabile, ha favorito il contenimento del rischio di povertà al di sopra dei 65 anni. Fra il 2005 e il 2020, in questa fascia di popolazione, l'incidenza della povertà relativa è infatti rimasta più o meno costante (intorno al 5%) mentre la povertà assoluta ha fatto registrare una marcata diminuzione, dal 15% del 2002 a 7,6% del 2020. La percentuale di quanti sono esenti dal rischio di povertà si è ulteriormente ampliata (dall'88,5% del 2010 a 92,4% del 2020). Un numero sempre più ampio di anziani vive in soluzioni di vita autonoma ed indipendente (+3,31%) e in condizioni di salute in costante miglioramento; la percentuale di anni in buona salute sull'aspettativa di vita dopo i 55 anni è cresciuta per entrambi i generi di 9,1 punti, nonostante l'impatto della pandemia.

Il welfare fatto in casa

In un contesto di trasformazione delle strutture familiari, le generazioni più anziane continuano ad essere uno dei riferimenti principali per il sistema di welfare "informale", sia attraverso il contributo ai redditi delle famiglie, sia nella cura di nipoti o altri bambini (+4,3% rispetto al 2010), nonché in misura più contenuta nella cura di altri anziani o persone in condizioni di disabilità (spesso il coniuge). Circa la metà delle Regioni italiane si è dotata di una legge regionale trasversale e organica sull'invecchiamento attivo. Anche se l'attuazione di queste normative può risentire di carenze strutturali, in particolar modo nell'area dei servizi sociali, esse hanno consolidato la capacità di predisporre politiche e interventi che valorizzino l'apporto dei più anziani alla società e all'economia, in relazione alle funzioni che essi svolgono nello sviluppo della vita delle comunità.

Il Rapporto può essere scaricato dal sito dell'Unece, dove sono disponibili anche le precedenti edizioni (2007, 2012 e 2017), sempre redatte dall'INAPP. Verrà anche reso disponibile per la consultazione su ParteciPa, la piattaforma dedicata ai processi di consultazione e partecipazione pubblica. I risultati della consultazione saranno raccolti in un documento che verrà pubblicato sul sito dell'Unece, a complemento del Rapporto nazionale.

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)